Valentina Faloci, Wittmann Battenfeld: “Operativi oltre l’emergenza”

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«In questo momento è giusto provare a lanciare un messaggio positivo perché, anche se sta attraversando un momento difficile, il mondo produttivo ha rallentato ma non si è fermato. E soprattutto ha il desiderio di ripartire il prima possibile per il rilancio l’economia». Valentina Faloci, Head of International Sales di Wittmann Battenfeld, racconta a Plastix il momento legato all’emergenza Coronavirus vissuto dall’Austria, dove il costruttore di presse a iniezione e ausiliari è regolarmente attivo dopo aver riorganizzato parte delle proprie unità per mettere in sicurezza gli operatori.

Qual era la situazione per il vostro Gruppo prima dell’inizio dell’emergenza?
Per quanto ci riguarda, abbiamo chiuso il mese di marzo registrando ottime performance, confermando una tendenza ormai semestrale, e con bugdet previsionali raggiunti e superati. Aprile si è aperto con diversi ordini importanti da evadere, anche in virtù del fatto che diversi clienti sono al servizio del settore biomedicale – a partire dagli Stati Uniti – che sta ovviamente lavorando a pieno regime per affrontare la situazione. Certamente saranno i prossimi mesi a darci la reale misura dell’impatto dovuto all’emergenza.

Quale, invece, la sua percezione dal punto di vista dei clienti?
Mi sembra di avvertire qualche segnale di sofferenza lungo la filiera, con aziende che manifestano problemi di liquidità, chiedendoci di posticipare i pagamenti sulle forniture. In questo momento la nostra situazione è solida, grazie alla forza della proprietà, e confortata anche dal fatto che dalle filiali estere non arrivano segnali particolarmente allarmanti. Per quanto possiamo, cerchiamo di agevolare le richieste aiutando i clienti.

MOOD
In Austria si respira un forte clima di solidarietà, che si manifesta anche nell’invito ad acquistare prodotti nazionali

Come viene vissuto questo momento in Austria?
Abbiamo ipotizzato diversi scenari e formulato i relativi piani di azione. Uno di questi prevede il ricorso alla cassa integrazione concessa dallo Stato se la situazione dovesse volgere al peggio. A differenza dell’Italia, dove una chiusura forzata di molte attività ha di fatto imposto questa opzione alle aziende, in Austria – per ora – sta usufruendo dello strumento solo chi si trova in reale stato di necessità. Nel Paese si respira un forte clima di solidarietà, che si manifesta anche negli inviti a sostenere il sistema economico acquistando prodotti nazionali, ed è stata adottata una politica rigorosa di gestione e distribuzione dei presidi di sicurezza. Inoltre, si ripone grande affidamento sul comportamento dei cittadini, che non sono stati sottoposti a particolari restrizioni.

Quali elementi hanno caratterizzato la riorganizzazione del lavoro?
La casa madre è rimasta aperta e fortunatamente non si sono verificati casi di positività al Covid-19 tra i dipendenti. Si continua a lavorare e così sta facendo lo stabilimento ungherese dedicato a robot e ausiliari. Già da metà marzo, comunque, il Governo ha imposto la modalità dello smart working per tutti i settori in cui non fosse necessaria la presenza fisica, mentre per gli addetti ancora attivi in sede abbiamo provveduto ad approntare tutte le precauzioni di sicurezza. Un aspetto essenziale del nostro lavoro, quello delle prove macchina che non può avvenire direttamente con il cliente, è stato risolto ritengo egregiamente organizzando collegamenti audio e video.

LOGISTICA
La chiusura dei confini ha rallentato le forniture senza però compromettere i ritmi di produzione

Si stanno verificando problemi legati alla logistica?
Finora abbiamo registrato solo qualche rallentamento nelle forniture di materiali e componenti dovute alla chiusura dei confini, che comunque hanno influito solo marginalmente sui ritmi della produzione, comportando al massimo qualche giorno di disallineamento tra i siti produttivi austriaco e ungherese. Si verifica, semmai qualche problema maggiore nella consegna delle macchine, proprio perché in molti paesi di destinazione, come in Italia, molte aziende sono attualmente chiuse.

Avete dovuto ricorrere a fornitori differenti rispetto agli abituali?
Ovviamente le forniture sono un aspetto critico, che abbiamo valutato scrupolosamente dal momento che contiamo su diverse aziende che operano in paesi sottoposti a restrizioni. Per ora, seppur con qualche inevitabile ritardo nei trasporti, tutti i nostri fornitori stanno assicurando gli approvvigionamenti, anche dall’Italia. Ogni mattina il nostro reparto acquisti tiene una riunione per monitorare la situazione che, contrariamente alle nostre aspettative, per ora non ha portato a particolari criticità. In questo momento è fermo nei magazzini per la mancanza di componenti un quantitativo pari a circa il 3% della produzione annua, un valore accettabile anche in assenza di una situazione emergenziale.
Un altro aspetto favorevole è certamente stato quello di poter contare sulla presenza globale nel mercato, che consente di concentrarsi maggiormente sulle zone dove la richiesta è addirittura aumentata, anche grazie alla capacità di aziende che si sono riorganizzate in pochissimo tempo per produrre a servizio dell’emergenza. È il caso di un nostro cliente che ha riconvertito alcune linee alla produzione di mascherine e utilizza le nostre presse a iniezione per realizzare le valvole-filtro delle FFP3.

Come vede la situazione sui vostri principali mercati di riferimento?
In Europa, soprattutto nei Paesi dell’Est, non si segnalano particolari problemi al settore produttivo. Nel continente americano, in Messico si continua a lavorare regolarmente, anche se il timore legato a possibili problemi con i pagamenti dovuto all’epidemia inizia a manifestarsi; negli Stati Uniti il nostro impianto per la produzione di robot è rimasto aperto, anche grazie alle richieste dei clienti che lavorano in ambito medicale.

OPPORTUNITÀ
In alcune aree del mondo la domanda è cresciuta per produrre a servizio dell’emergenza

E nelle diverse aree geografiche?
In Europa i risultati raggiunti prima dell’inizio della crisi sono buoni, con performance ottime conseguite in Francia, dove il Governo ha adottato misure per incentivare la sostituzione delle vecchie macchine a favore di modelli meno energivori. Una situazione quasi opposta si sta però verificando in Germania, influenzando i paesi più integrati con il sistema tedesco come Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia e, in misura inferiore, il mercato austriaco. La situazione in Italia è in linea con gli obiettivi previsti prima dell’emergenza.
Il quadrante asiatico, che anche prima della crisi si presentava tutto sommato tranquillo, non è storicamente il centro del nostro business per una questione dovuta soprattutto al posizionamento in una fascia medio alta dei nostri prodotti, anche se possiamo contare su un certo numero di clienti fidelizzati che scelgono di puntare su prodotti di qualità.

Come spiega le difficoltà della Germania?
Anche se il rallentamento è molto influenzato dall’automotive, che ovviamente rappresenta il cuore del sistema economico tedesco, ritengo sia riduttivo circoscrivere l’andamento del mercato solo a questo aspetto. Molti operatori in contatto con la Germania hanno la sensazione di trovarsi di fronte a un Paese in crisi di autostima, quasi non fosse riuscito ancora del tutto metabolizzare lo scandalo Volkswagen. È come se l’accaduto avesse scalfito antiche certezze, quasi demotivando nel suo complesso un sistema economico che veniva da anni eccezionali.

In qualche misura state beneficiando della chiusura di alcuni concorrenti?
Difficile stabilirlo con esattezza. Attualmente stiamo lavorando su commesse ricevute nelle settimane precedenti l’emergenza e probabilmente solo dopo aprile si riuscirà ad appurarlo, anche se va detto che i nostri standard, che comportano costi di produzione e tempi di consegna mediamente più alti non ci permettono, fisiologicamente, di sovrapporci a quelli di molta parte della concorrenza. Non credo quindi che la situazione relativa a poche settimane di fermo produttivo possa spostare in modo significativo certi equilibri. Credo che l’azienda stia piuttosto beneficiando delle scelte qualitative da tempo operate dalla proprietà e di una recente filosofia commerciale più aggressiva. Questo, a prescindere dalla situazione che tutti stiamo attualmente vivendo.

LIQUIDITÀ
Lungo la filiera si avvertono segnali di sofferenza vista la tendenza a posticipare i pagamenti

Quali sono le differenze sostanziali rispetto al passato?
Probabilmente il Gruppo ha oggi maggiore consapevolezza della capacità di offrire prodotti di altissima qualità, che in molti segmenti possono essere considerati come top di gamma. Negli ultimi dieci anni è stato profondamente rinnovato l’intero parco macchine, che ci porta a presidiare tutti i segmenti strategici, esattamente come aziende concorrenti che hanno una capacità produttiva anche quattro volte superiore alla nostra. Abbiamo iniziato a far percepire meglio e in modo strutturato questo punto di forza. Allo stesso modo, il settore della ricerca è stato potenziato nell’ottica di spingere verso un miglioramento continuo, che possa portare anche a un’ottimizzazione dei costi di produzione.

Vista l’impossibilità di contatti diretti, come avete gestito il service ai tempi del Covid-19?
L’assistenza tecnica sta puntando su strumenti come video, condivisione dei libretti di istruzioni, foto esplicative. Il service da remoto si è trasformato da opzione, in qualche caso, a unica risorsa. La risposta è stata superiore alle aspettative, con molti clienti che, facendo di necessità virtù, hanno scoperto di poter risolvere problemi a distanza senza particolari impedimenti. Tutti si sono messi in discussione, appurando che molti interventi che prima venivano rigorosamente richiesti con la presenza diretta dei tecnici possono essere effettuati a distanza con risultati ottimi.


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