Unionplast: “L’Europa guardi con più attenzione alla sicurezza dei prodotti imballati e all’eccellenza italiana nel riciclo”

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Quella dall’11 al 14 aprile è stata una settimana di visite per alcuni europarlamentari, ricevuti dal presidente Marco Bergaglio presso le aziende associate a Unionplast. Un’importante occasione per affrontare il tema del Regolamento sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (PPWR), predisposto dalla Commissione europea e che potrebbe mettere in difficoltà un’intera filiera produttiva nazionale, eccellenza indiscussa.

Sono quasi 3000 le aziende italiane del settore materie plastiche, contando sia i trasformatori che le imprese di seconda lavorazione, con 50 mila addetti impegnati in tutte le fasi di produzione e distribuzione. Un modello che genera un volume d’affari di oltre 12 miliardi di euro nel solo settore degli imballaggi in plastica, di cui 5 miliardi derivanti dall’export.

Il presidente di Unionplast, Marco Bergaglio

Il nostro Paese continua a fare passi avanti nell’organizzazione della raccolta e del riciclo degli imballaggi in plastica: 55,2% di riciclo nel 2022, superando il 54,8% del 2021, e 96,3% di recupero complessivo sull’immesso al consumo (fonte: Ispra, Rapporto Rifiuti Urbani 2022). Risultati che pongono l’Italia al primo posto in Europa in materia di riciclo.

Quello dell’imballaggio è anche il principale settore applicativo per le materie plastiche, secondo Unionplast… e non solo. L’Italia, nell’economia europea, è il secondo produttore di imballaggi dopo la Germania ed esporta packaging e merci imballate, forte della propria industria manifatturiera e dell’agroalimentare, che necessitano di adeguati standard di sicurezza per la gestione, il trasporto e la vendita delle merci. Le plastiche servono a 360 gradi ogni filiera industriale del Paese che necessiti di imballaggi.

 

Sette punti per guidare la transizione ecologica degli imballaggi

La proposta della Commissione europea per un Regolamento UE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio persegue l’obiettivo di promuovere la trasformazione verso un’economia circolare attraverso requisiti di sostenibilità ed etichettatura per gli imballaggi armonizzati a livello dell’UE, nonché requisiti minimi per la responsabilità estesa del produttore, la raccolta e il recupero dei rifiuti di imballaggio. “Unionplast condivide le finalità di riduzione dell’impatto ambientale dei rifiuti da imballaggio e del fabbisogno di risorse naturali primarie attraverso la creazione e il sostegno di mercati per le materie prime secondarie”, spiega Marco Bergaglio. “I produttori di imballaggi in plastica hanno investito per questo nella riciclabilità dei loro prodotti e nella ricerca di soluzioni innovative che combinano un’alta efficienza dei materiali con un’elevata riciclabilità e con l’uso di materiali riciclati. Chiediamo, come categoria, di poter condividere alcune raccomandazioni e di agevolare la transizione ecologica a partire dalle migliori esperienze sul campo”.

Ecco i sette punti definiti da Unionplast per guidare la transizione ecologica in Europa sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio:

  1. Effettuare una valutazione d’impatto complementare: non vi è infatti un’analisi dei prerequisiti e dei rischi delle quote obbligatorie di contenuto in riciclato.
    Unionplast chiede di poter condividere alcune raccomandazioni (sette, in particolare) e di agevolare la transizione ecologica in Europa di imballaggi e rifiuti d’imballaggio a partire dalle migliori esperienze sul campo
  2. Un regolamento, se da un lato facilita l’applicazione di norme armonizzate nel mercato interno dell’UE, dall’altra impone un’eccessiva rigidità, lasciando importanti dettagli tecnici e applicativi a numerosi atti delegati da emanarsi in una fase successiva all’entrata in vigore del Regolamento sugli imballaggi, consegnando un quadro normativo estremamente incerto. Sarebbe importante lasciare maggiore libertà agli Stati Membri nella scelta del modello di gestione dei rifiuti, anche a seguito degli investimenti privati e pubblici (si pensi ai fondi PNRR per gli impianti di riciclo) effettuati nel corso degli anni, nonché delle competenze acquisite da parte degli operatori del settore.
  3. Le misure del Regolamento non considerano in maniera adeguata il ruolo degli imballaggi nell’evitare la produzione dei rifiuti alimentari e della sicurezza dei prodotti imballati. Il packaging ha funzioni di protezione, trasporto e conservazione, nonché di comunicazione di informazioni rilevanti sui prodotti contenuti. L’Italia ha fortemente innovato il settore del monouso e la vocazione all’export delle imprese italiane ha portato a una specializzazione della brandizzazione del packaging. Specialità a rischio con la standardizzazione del packaging a cui la proposta della Commissione potrebbe portare.
  4. L’obbligo della quota di riciclato, tranne che per le bottiglie in PET per bevande, andrebbe eliminato per tutti gli imballaggi “sensitive” (alimenti, cosmetica, personal care ecc.), realizzati in PET o in altri polimeri, e sostituito con l’avvio di una fase sperimentale. Per il conseguimento degli obiettivi di contenuto di riciclato riguardanti gli imballaggi sensibili al contatto occorrerebbe fare ricorso al riciclo chimico, che non ha una resa paragonabile a quella del riciclo meccanico e andrebbe incentivato e adeguatamente normato.
  5. Il Regolamento incentiva un eccessivo ricorso al riuso, che pone una serie di problematiche tecniche, economiche e ambientali, come per esempio l’utilizzo di grandi quantità di energia e acqua pulita destinate alle operazioni di lavaggio, sterilizzazione e asciugatura degli imballaggi. La proposta, inoltre, non considera i rifiuti da imballaggio raccolti in modo differenziato come un’imprescindibile fonte di materiale per numerose applicazioni finali, molte delle quali afferiscono alle categorie di prodotti acquistati nell’ambito del Green Public Procurement (edilizia, arredi, complementi, beni durevoli in generale).
  6. La discriminazione nei confronti della plastica porterebbe a un orientamento verso imballaggi monouso non regolamentati realizzati con altri materiali, con un incremento in peso e in volume dei materiali necessari per realizzarli, nonché maggiori costi energetici legati alla loro produzione e al loro trasporto.
  7. Annullamento del deposito cauzionale. Sempre secondo Unionplast, l’introduzione di un deposito cauzionale obbligatorio per i contenitori monouso di bevande richiederebbe infatti ingenti risorse economiche, stimate in 2 miliardi di euro d’investimento iniziale e in 600 milioni di euro all’anno per la gestione del sistema.

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