Al via in Toscana i primi distretti italiani dell’economia circolare

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NextChem, società del gruppo Maire Tecnimont focalizzata su chimica verde ed economia circolare, ha teorizzato la nascita dei distretti circolari, insediamenti integrati dove trattare in cascata i rifiuti, utilizzando all’uopo diverse tecnologie e processi, al fine di valorizzarli il più possibile ed evitare sprechi. Dal riciclo meccanico della plastica al riciclo chimico, per arrivare, infine, al recupero energetico delle frazioni non utilizzabili in altro modo, producendo energia utile ai processi a monte.

Chi partecipa al progetto verde

Un modello che potrebbe prendere vita in Toscana grazie a un’iniziativa lanciata da un gruppo di aziende unite in un’alleanza circolare con l’obiettivo di creare poli integrati di tecnologie rinnovabili e della chimica verde, per il riciclo chimico e la produzione di polimeri riciclati, prodotti chimici, idrogeno e carburanti a basso contenuto carbonico, evitando quanto più possibile il ricorso alla discarica. Al progetto partecipano, oltre a NextChem, anche Alia Servizi Ambientali, Scapigliato, Suez e Zignago Vetro, mentre il quadro di riferimento è il programma lanciato dalla Regione Toscana per superare il gap impiantistico nella gestione dei rifiuti con obiettivi ambiziosi al 2035: 80-85% di raccolta differenziata, 65% di riciclo, limite del 10% per il conferimento in discarica.

I progetti dell’alleanza circolare

A questo fine, la Regione ha chiesto ad aziende ed enti pubblici e privati di presentare “manifestazioni di interesse non vincolanti”. I partner dell’alleanza circolare hanno risposto all’invito elaborando una proposta articolata per le aree industriali di Empoli, Rosignano Marittimo e Pontedera. Secondo il progetto, il Distretto circolare Empoli potrebbe ospitare un impianto di riciclo chimico “Waste to methanol/H2”, in grado di trasformare in metanolo e idrogeno 180.000 tonnellate annue di scarti provenienti dagli impianti di trattamento dei rifiuti da raccolta differenziata e dalla lavorazione del rifiuto indifferenziato residuo, per un investimento stimato complessivamente in 365 milioni di euro. Il metanolo così ottenuto potrebbe rientrare nel ciclo dei biocarburanti o dei prodotti chimici.

Rosignano Marittimo è invece candidato al progetto “Waste to ethanol”, con un impianto per il riciclo chimico del rifiuto secco selezionato dai rifiuti urbani indifferenziati, plastiche eterogenee derivate dal riciclo dei materiali (il cosiddetto plasmix) e altri scarti provenienti dal trattamento delle raccolte differenziate. Dal processo si potrebbe ottenere bioetanolo, con possibilità di produzione contemporanea di idrogeno. La capacità prevista, in questo distretto, sarebbe pari a circa 256.000 tonnellate annue, con un investimento stimato in circa 440 milioni di euro.

Infine, nel Distretto circolare di Pontedera potrebbe essere realizzato un impianto di riciclo chimico “Waste to methanol” per produrre metanolo (e potenzialmente idrogeno) partendo dagli scarti provenienti dagli impianti di trattamento e riciclo delle raccolte differenziate e del rifiuto indifferenziato residuo, con capacità di 256.000 tonnellate annue e un costo stimato in 385 milioni di euro.

Progettata e realizzata da NextChem, l’unità abruzzese servirà a valutare un nuovo processo di depolimerizzazione basato su una reazione di idrolisi alcalina con impiego di microonde

Riciclo chimico di PET in Abruzzo

Se i distretti circolari toscani sono ancora sulla carta, è invece già in funzione a Chieti, in Abruzzo, un nuovo impianto dimostrativo per il riciclo chimico di PET e poliestere partendo da scarti e rifiuti tessili, messo a punto nell’ambito del progetto di ricerca europeo Demeto (Depolymerization by MicrowavE TechnolOgy).

Progettata e realizzata da NextChem, la nuova unità servirà a valutare, in vista del passaggio su scala commerciale, un nuovo processo di depolimerizzazione basato su una reazione di idrolisi alcalina con impiego di microonde. L’obiettivo è riportare le resine poliestere presenti nei rifiuti in glicole etilenico e acido tereftalico, monomeri puri riutilizzabili per produrre nuovi polimeri da trasformare in fibre sintetiche, bottiglie PET e altri manufatti che potrebbero trovare applicazioni anche nell’industria alimentare o medicale. Una delle funzioni dell’impianto dimostrativo è valutare la capacità di partire da diverse tipologie di rifiuti e scarti, incluse le fibre tessili a base poliestere in condizioni di utilizzo quanto più vicine a quelle reali: l’impianto, infatti, ha una capacità pari a circa 1.000 tonnellate annue di materiale in entrata. Cofinanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma Horizon 2020, il progetto triennale di ricerca Demeto è stato avviato nel 2017 da un consorzio di 14 partner internazionali coordinati da NextChem, che ricopre anche il ruolo di sviluppatore e co-licensor della tecnologia di depolimerizzazione (di cui è però titolare la start up svizzera gr3n), oltre a occuparsi delle fasi di progettazione e costruzione dell’impianto.

Nel tentativo di coinvolgere il maggior numero di attori della filiera, è stato istituito un Industrial Advisory Board, di cui fanno parte aziende come Unilever, Coca-Cola, Oviesse, Danone e Henkel.

Imballaggi rigidi oltre ai flessibili

NextChem è anche partner di Aliplast (società del gruppo Hera) in un progetto per il riciclo meccanico di imballaggi rigidi in plastica – soprattutto flaconi di polipropilene e HDPE – in ottica di upcycling, ovvero per riutilizzare il materiale rigenerato in applicazioni almeno pari, in termini qualitativi, a quelle di partenza, in settori che spaziano dall’elettronica di consumo all’automotive.

Il nuovo impianto, di cui è in fase di ultimazione la progettazione, sorgerà a Modena, nei pressi del termovalorizzatore e di un impianto di depurazione di acque reflue, entrambi gestiti dal Gruppo Hera, dando vita anche in questo caso a un distretto circolare. Secondo quanto anticipato da Carlo Andriolo, amministratore delegato di Aliplast, la capacità produttiva dovrebbe attestarsi intorno a 30.000 tonnellate annue, con un investimento intorno a 20 milioni di euro in tre anni. In ottica di distretto circolare, l’impianto sarà alimentato con energie rinnovabili, come l’elettricità prodotta dal vicino termovalorizzatore, destinato a recuperare i rifiuti non altrimenti riciclabili. L’unità garantirà alti standard di sicurezza e avrà caratteristiche innovative in termini di automazione e digitalizzazione dei processi in ottica di data analytics, anche per aumentare ulteriormente l’efficienza energetica e il contenimento delle emissioni.

Con questo investimento, Aliplast integrerà il riciclo di imballaggi flessibili, prevalentemente polietilene e PET, con il recupero di quelli rigidi poliolefinici, ampliando così le capacità produttive e l’offerta.

Il progetto portato avanti da Aliplast rientra nel Piano industriale di Hera con traguardo 2025, che prevede investimenti per oltre 3,8 miliardi di euro, in grado di intercettare anche le opportunità di finanziamento del PNRR. Un secondo progetto, preannunciato da HERAmbiente in occasione dell’ultima edizione di Ecomondo riguarda il riciclo di fibre di carbonio nel distretto automotive emiliano-romagnolo, con la collaborazione scientifica dell’Università di Bologna.

La società sta anche valutando il riciclo di EPS proveniente da pannelli isolanti e imballaggi, con l’intento di spostarsi su frontiere ancora inesplorate, affrontando via via i settori di nicchia, non per “fare volumi”, ma per ottenere rigenerati di qualità destinati a un reimpiego in applicazioni a valore aggiunto.


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