Plastiche e tecnologie per un’eolico sempre più sostenibile

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L’industria dell’energia eolica è in forte crescita. L’associazione mondiale che riunisce gli operatori del settore, il Global Wind Energy Council, ha programmato un ampliamento della capacità degli impianti offshore di oltre 200 GW entro il 2030. Le turbine crescono nelle dimensioni, così come nelle prestazioni, generando flussi di energia molto importanti ma ponendo nuove criticità in termini di durata e manutenzione. La creazione di nuovi parchi eolici e le proficue iniziative di repowering (la sostituzione degli aerogeneratori esistenti con apparecchi di ultima generazione, in grado di aumentare la potenza eolica installata senza occupare nuovi spazi) amplificano inoltre l’esigenza di individuare soluzioni efficienti per il fine vita degli impianti e rendere circolare anche questo comparto industriale.

LNP Colorcomp di Sabic è un agente nucleante che ottimizza le dimensioni e la distribuzione delle cellule di PET espanso. Diab l’ha adottato per la produzione dei core impiegati nelle pale eoliche

Nuovi materiali per l’eolico

In Europa, le pale di turbine eoliche installate sulla terraferma misurano in media 50 metri, mentre negli Stati Uniti le più grandi raggiungono gli 80 metri, e misure altrettanto imponenti si stanno affermando a livello globale nei nuovi siti offshore. Con questi formati, l’ottimizzazione del peso è d’obbligo, perciò per la realizzazione degli elementi core, o anime, si è diffuso un materiale robusto, durevole e leggero come il PET espanso. Diab è tra i produttori che lo propongono per molteplici applicazioni composite, incluse le strutture sandwich di pale per turbine onshore. Per ottimizzare le prestazioni dei suoi semilavorati utilizza il compound LNP Colorcomp di Sabic, già ben collaudato nei settori della nautica, del building & construction e dell’imballaggio, e formulato per migliorare la nucleazione e l’efficienza del processo di schiumatura. A confronto con gli agenti nucleanti più diffusi, come il talco, riduce in misura significativa la dimensione delle cellule espanse e ne garantisce la distribuzione uniforme. Questa tipologia di struttura minimizza l’assorbimento di resina nell’espanso durante la produzione del composito, riducendo il peso del componente, ed elimina l’esigenza di trattamenti secondari in schiumatura o finiture che compattino le superfici “chiudendo” le cellule, per evitare l’indesiderato, eccessivo, assorbimento di resina. Inoltre, dimensioni cellulari più ridotte e strati più compatti migliorano la resistenza al taglio e agli stress meccanici.

Anche al settore eolico Covestro propone il sistema poliuretanico Desmodur, ottenuto da polioli che impiegano il 20% di anidride carbonica come materia prima

Oltre alle pale, robustezza e lunga durata sono richieste anche alle altre attrezzature coinvolte nella produzione di energia eolica in parchi marini: ad esempio, per la protezione delle turbine e dei cavi sottomarini, per evitare attorcigliamenti di questi ultimi e altro ancora. Per queste applicazioni, alle aziende che desiderano ridurre il proprio impatto ambientale, Covestro propone il sistema di resine poliuretaniche Desmodur, che impiega come materia prima fino al 20% di anidride carbonica, riducendo il consumo di risorse fossili a fronte di un profilo prestazionale migliorato nella resistenza meccanica rispetto alle formulazioni precedenti.

A prova di tempesta

L’alta velocità che si genera all’estremità delle pale, che cresce con l’aumentare delle dimensioni, implica un’intensa erosione sui bordi di attacco (leasing erge) per effetto di pioggia, grandine, ghiaccio, salsedine e raggi UV. Superfici danneggiate generano maggior attrito, riducendo l’efficienza energetica delle turbine: fanno lievitare i costi di manutenzione e può sorgere l’esigenza di arrestare il funzionamento del generatore. Il problema è più sentito nei parchi eolici marini, in condizioni di esercizio estreme.

Protezioni per le estremità delle pale eoliche soggette a forte usura atmosferica sono state sviluppate da Edge Solutions con la lega termoplastica ASA/PC Luran SC di Ineos Styrolution

Per ridurre l’impatto degli agenti atmosferici sui bordi d’attacco delle pale, Edge Solutions ha creato il rivestimento protettivo armourEdge. Sulla base delle specifiche fornite, Ineos Styrolution ha sviluppato per quest’applicazione una formulazione polimerica incentrata sul blend ASA/PC Luran SC. È una lega termoplastica caratterizzata da intrinseca robustezza, resistenza ad alte temperature e stabilità all’ossidazione. «Le punte delle pale si muovono a velocità che sfiorano i 330 chilometri all’ora, e l’impatto con pioggia, grandine e altre particelle in sospensione può compromettere sensibilmente la loro resa aerodinamica» spiega David Urch, Managing Director di Edge Solutions. «Le protezioni armourEdge, messe a punto in stretta partnership con Ineos, hanno richiesto quattro anni di sviluppo: di rapida installazione prolungano l’efficienza delle pale e sono già state installate con buon riscontro in un parco eolico nel Nord Europa».

Le virtù dei compositi termoplastici

Ai più diffusi compositi termoindurenti diversi produttori mostrano di preferire i termoplastici. La produzione di componenti è accelerata e semplificata dalla loro capacità di polimerizzare a temperatura ambiente anziché in sistemi riscaldabili, e sono più facilmente riciclabili. I compositi termoplastici sono stati oggetto anche di un nuovo sviluppo nella tecnologia di assemblaggio. L’ente statunitense NREL (National Renewable Energy Laboratory), in collaborazione con GE e la sua controllata LM Wind Power ha messo a punto una saldatura termica che sostituisce vantaggiosamente la giunzione con adesivo, che appesantisce le pale di turbine e costituisce una potenziale causa di rottura. Nel nuovo processo, in attesa di brevetto, ciascuna delle due metà del componente è realizzata tramite infusione sottovuoto della resina nella fibra di vetro posizionata nello stampo. Per unire le parti, i ricercatori hanno inserito uno strato di materiale conduttivo – fibra di carbonio o lamina di metallo espanso – che viene riscaldato e al quale è applicata una tensione elettrica che fonde i termoplastici. La giunzione così ottenuta viene raffreddata sotto pressione.

I ricercatori del National Renewable Energy Laboratory hanno ideato una soluzione per proteggere dai fulmini le pale di turbine in composito termoplastico assemblate con saldatura termica (Foto NREL)

Per avviare la commercializzazione della tecnologia è stato fondamentale eliminare il rischio che l’elemento conduttivo attirasse i fulmini. I ricercatori del centro tecnologico per la produzione di compositi di NREL hanno infuso una lamina di alluminio espanso nello skin (pelle) delle pale riuscendo a deviare, con successo, dagli inserti metallici la scarica elettrica simulata.

Circolari, non solo nel movimento

La vita utile di una turbina eolica è piuttosto lunga, e oscilla tra venti e trent’anni. Esistono tecnologie consolidate per il riciclo delle torri e delle navicelle (sono le cabine poste alla sommità delle torri che sostengono i mozzi dei rotori e alloggiano al proprio interno gli alberi di trasmissione, i generatori elettrici e i sistemi di controllo, nda), che permettono di riutilizzare l’85-90% delle turbine eoliche. Il problema sorge per le pale, che impiegano materiali compositi: hanno una struttura molto complessa, costituita da polimeri rinforzati con fibra di vetro e legno di balsa, uniti da resine epossidiche e schiume polimeriche; le aree soggette a forti sollecitazioni – tempeste e venti oltre i 200 chilometri all’ora – sono ulteriormente irrobustite da fibre di carbonio e altri compositi. Questo mix di materiali eterogenei rappresenta il 10% dei rifiuti di FRP (materiali plastici rinforzati con fibra di vetro) prodotti in Europa.

Siemens Gamesa ha sviluppato e brevettato una resina che può essere separata dagli altri ingredienti della formulazione composita impiegata per produrre pale di turbine eoliche, rendendole così riciclabili

In questo scenario il produttore iberico Siemens Gamesa propone RecyclableBlade: una pala eolica riciclabile, la prima realizzata per uso commerciale offshore. Presso il proprio stabilimento di Aalborg, in Danimarca, l’azienda ha già prodotto sei esemplari lunghi 81 metri ciascuno. Al cuore del nuovo sviluppo c’è una resina protetta da brevetto, che tiene uniti i diversi ingredienti formando un assieme resistente, flessibile e leggero. A fine vita, la particolare struttura chimica permette di separarla efficacemente dagli altri materiali sciogliendola in una soluzione acida riscaldata. Il processo preserva le proprietà di vetro, legno, materie plastiche e metalli, rendendoli disponibili per il riutilizzo in nuovi prodotti: ad esempio, per applicazioni nell’industria automobilistica e aeronautica. A sperimentare le RecyclableBlade sarà RWE Renwables nel parco eolico Kaskasi, situato nel Mare del Nord, che comincerà a produrre energia nel 2022. «Siamo orgogliosi che il nostro sito sia una struttura ideale per collaudare innovazioni» osserva Sven Utermöhlen, amministratore delegato della divisione eolica offshore di RWE. «Ci stiamo preparando a testare anelli di acciaio speciale, a utilizzare un metodo più efficiente per realizzare le fondazioni e ad installare le prime turbine eoliche con pale riciclabili al mondo, un passo importante per portare a un nuovo livello la sostenibilità dell’eolico». Oltre al gruppo tedesco con rappresentanze in Europa, Cina, Giappone e Stati Uniti, Siemens Gamesa ha preso accordi con la francese EDF Renewables e con la tedesca wpd (Brema), presente in ventotto paesi. La riciclabilità delle pale è per Siemens Gamesa il primo step verso la realizzazione di turbine eoliche in cui tutti i componenti siano rigenerabili al 100% entro il 2040.

Per produrre turbine eoliche a zero emissioni, Vestas è alla guida dell’iniziativa CETEC (Circular Economy for Thermosets Epoxy Composites), orientata al riciclo chimico dei termoindurenti

Riciclo chimico di termoindurenti

Punta sulla circolarità anche Vestas. L’azienda danese è alla guida di CETEC, acronimo di Circular Economy for Thermosets Epoxy Composites, un’iniziativa partita a maggio 2021 che si propone, entro i prossimi tre anni, di sviluppare una tecnologia circolare pronta per l’adozione nell’industria. Parzialmente finanziata da IFD (Fondazione danese per l’innovazione), coinvolge Olin, produttore di resine epossidiche, il Danish Technological Institute (DTI) e l’Università di Aarhus nell’industrializzazione di una tecnologia in due fasi. I compositi termoindurenti sono dapprima separati in fibre e resina epossidica; quest’ultima viene quindi sottoposta a riciclo chimico e può essere nuovamente convertita in materia prima per produrre pale di turbine. «Il riciclo chimico dei materiali a base epossidica smonta catene polimeriche estremamente stabili in blocchi di molecole che permettono di rigenerare la resina con la stessa qualità iniziale» spiega il professor Troels Skrydstrup dell’Università di Aarhu.

L’eolico non ferma il 3D print

L’additive manufacturing è pronta a rivestire un ruolo di primo piano anche nel settore dell’energia. Roboze ha presentato le proprie tecnologie di stampa 3D industriale in occasione della Offshore Technology Conference (OTC) 2021, che si è svolta a Houston dal 16 al 19 agosto. «La nostra capacità di progettare e realizzare parti di uso finale ripetibili e precise, con polimeri ad alte prestazioni e compositi che possono sostituire il metallo in produzioni on demand, attraverso la nostra rete Roboze Distributed Manufacturing, può ridurre drasticamente i costosi tempi di fermo» spiega Alessio Lorusso, fondatore e CEO di Roboze. «Inoltre, i costi complessivi per la fabbricazione e la spedizione sono inferiori rispetto a quelli necessari per le parti in metallo prodotte con tecnologie tradizionali».

La tecnologia di additive manufacturing di Roboze realizza componenti estremamente precisi con polimeri ad alte prestazioni e compositi per applicazioni di metal replacement nel settore dell’energia

Tra i pionieri della manifattura additiva nella lavorazione di materiali ad alto profilo come il PEEK, Roboze propone tecnologie di stampa – Argo 1000 e Argo 500 – compatibili anche con altri super polimeri, tra cui Carbon PEEK e Ultem™ AM9085F.
La precisione delle parti è affidata a una tecnologia proprietaria basata su ingranaggi (beltless) che, secondo l’azienda, consente un’accuratezza sei volte superiore rispetto alle stampanti a cinghia.

Grande formato a getto legante

Una partnership unisce GE, Fraunhofer IGCV (specializzato in tecnologie di processo, fonderia e compositi) e voxeljet nello sviluppo della stampante 3D più grande del mondo per applicazioni eoliche offshore. Il sistema ACC (Advanced Casting Cell) sarà finanziato dal Ministero degli Affari Economici e dell’Energia della Germania Federale e realizzerà gli stampi in sabbia per produrre, tramite fusione, i componenti della navicella della turbina Haliade-X di GE in due settimane contro le dieci settimane richieste dalla tecnologia di colata tradizionale.

La tecnologia binder jetting di voxeljet prevede l’applicazione in sequenza di strati di polvere e di legante
Il sistema ACC è configurato per realizzare stampi per fusioni con diametro fino a 9,5 metri e del peso di oltre 60 tonnellate

Oltre alla velocità, la manifattura additiva consente di ridurre l’impatto ambientale connesso al trasporto dei pezzi. Il processo di stampa 3D modulare, incentrato sulla tecnologia binder jetting di voxeljet (a letto di polveri unite da un legante depositato tramite una testa a getto d’inchiostro), è configurabile per realizzare stampi per fusioni con diametro fino a 9,5 metri e del peso di oltre 60 tonnellate. «Gli stampi in sabbia prodotti mediante additive forniranno una maggior qualità superficiale, grande precisione e consistenza, nonché una riduzione di tempi e costi delle lavorazioni secondarie grazie a un design ottimizzato» spiega Juan Pablo Cilia, Senior Additive Design Engineer presso la Divisione Energie rinnovabili di GE. Fraunhofer IGCV si occuperà invece della gestione termica durante il processo di colata e del monitoraggio del processo digitale.


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