Macchine per il packaging: è ancora record per il settore

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Nell’ambito dell’assemblea annuale di Ucima, svoltasi a Modena il 10 luglio, i dati resi noti dal Centro Studi Mecs su 616 aziende censite hanno mostrato come il settore delle macchine automatiche per il confezionamento e l’imballaggio abbia segnato un nuovo traguardo storico. Nel 2022, infatti, ha registrato un fatturato totale pari a 8 miliardi e 537 milioni di euro, migliorando del 3,6% il precedente record del 2021. Se si considera il periodo 2019-2022, il giro d’affari del settore è cresciuto di circa mezzo miliardo in appena quattro anni: un trend maturato nonostante la pandemia, con le relative conseguenze negative su scala mondiale.

Il mercato interno e quello internazionale

Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, all’assemblea di Ucima dello scorso 10 luglio

Il mercato interno segna un notevole balzo in avanti, con una crescita pari al 10,6% rispetto al 2021, che traina i costruttori italiani fino a sfiorare i 2 miliardi tra le “mura domestiche”: 1,96 miliardi il consuntivo finale, con una percentuale sul fatturato totale pari al 23%.

La spiccata vocazione all’export dei produttori italiani di tecnologie per il packaging si conferma anche nel 2022, con il fatturato estero che incide per il 77% su quello totale, per una cifra pari a 6,57 miliardi (+1,7% sul 2021).

Il podio delle aree geografiche è rimasto immutato: con 2,52 miliardi di ricavi, l’Unione Europea si conferma la principale area di destinazione delle macchine made in Italy e assorbe il 38,4% dell’intero export. Segue l’Asia, con un giro d’affari di 1,23 miliardi di euro, pari al 18,8% del totale delle performance internazionali del settore. Terzo gradino del podio per il Nord America, con 1,14 miliardi. Seguono: Europa Extra-UE (650 milioni di euro), Sud America (456 milioni), Africa e Oceania (565 milioni).

I settori clienti e il fatturato per tipologia produttiva

Dal punto di vista dei settori clienti, la suddivisione tra food & beverage e industrie non food è rispettivamente del 56,7% e del 43,3%. Più in dettaglio: nel 2022 il food risulta essere il primo settore cliente, assorbendo il 31,9% del fatturato totale coi suoi 2,72 miliardi. Il beverage si colloca al secondo posto, con il 24,8% del fatturato totale, un valore assoluto di 2,11 miliardi e una crescita di 8 punti percentuali. Terzo gradino del podio per il settore tissue e altro, con 1,59 miliardi (18,6% del totale), in rialzo del 6% (notevole incremento nel mercato domestico, pari al +27,8%). Seguono il farmaceutico, il cosmetico e il settore chimico e dell’home care.

La famiglia delle macchine per il packaging primario resta preponderante, con il 50,2% della distribuzione del fatturato (4,28 i miliardi derivanti dalla vendita di tali macchine), seguita dal segmento di fine linea, labelling e attrezzature ausiliarie (28,4%) e dal packaging secondario, che assorbe il rimanente 21,4%.

La struttura produttiva e occupazionale

Le aziende che producono macchinari per il confezionamento e l’imballaggio si concentrano principalmente lungo l’asse della via Emilia (la cosiddetta Packaging Valley), sebbene vi siano distretti produttivi anche in Lombardia, Piemonte, Veneto e Toscana. La dislocazione geografica delle imprese conferma quindi una prevalenza della regione Emilia-Romagna, con 222 aziende (36% del totale) che occupano 21946 addetti (58,1% del totale) e generano il 62,6% del fatturato totale, pari a 5,34 miliardi. Seguono, nell’ordine, Lombardia, Veneto e Piemonte.

Tra le province, Bologna e Milano superano Parma (terza) e Vicenza (quarta) per numero d’aziende di macchine packaging. Ma se si guarda alla distribuzione di occupazione e fatturato, il predominio dell’Emilia è netto: Bologna, Parma, Reggio Emilia, Modena e Rimini sono ai primi cinque posti; Vicenza è in sesta posizione, Bergamo e Milano sono rispettivamente al settimo e all’ottavo posto.

Il presidente di Ucima, Riccardo Cavanna: “Fatto qualcosa di straordinario, ma investimenti frenati da più parti”

L’analisi del comparto per classe di fatturato evidenzia una netta preponderanza numerica delle aziende di piccole dimensioni (quelle appartenenti alle prime due classi, fino a 5 milioni di euro, costituiscono il 64,1% del totale), le quali, tuttavia, contribuiscono al fatturato di settore soltanto per il 7,6%. Sono appena il 9%, invece, le realtà aziendali con fatturato superiore ai 25 milioni di euro, pur rappresentando la quota più significativa (72,8%) del volume complessivo.

Il settore è composto da 616 aziende che occupano 37753 lavoratori, in crescita del 3,9% sul 2021: in un anno l’intero comparto ha assunto 1402 addetti in più.

Le aspettative per il 2023

Per il 2023, il Centro Studi Mecs-Ucima ha rilevato aspettative per un’ulteriore crescita da parte del 47% delle aziende intervistate. Il 41,7% prevede un prosieguo di anno stabile, il 10,3% invece teme un calo.

“Se ci si guarda indietro, abbiamo davvero fatto qualcosa di straordinario”, ha dichiarato il presidente di Ucima, Riccardo Cavanna.“Il 2022 ha vissuto alti e bassi e forti tensioni internazionali, dalla supply chain all’incremento dei costi, fino al conflitto in Ucraina, ma siamo ugualmente riusciti a crescere sfondando per la prima volta il tetto degli 8 miliardi e mezzo. È segno di una indubbia posizione di riferimento che i mercati esteri ci continuano ad accreditare ed è l’ennesima prova dell’ottima capacità di reazione delle nostre aziende, che per inventiva e ingegno non sono seconde a nessuno, anche in situazioni di stress. Questo consuntivo è un risultato di cui andiamo orgogliosi e che speriamo di mantenere in questo 2023. Ma non sarà affatto facile. Per la seconda parte dell’anno, infatti, gli indicatori a nostra disposizione delineano un rallentamento della domanda globale”. “Inoltre”, ha concluso Cavanna, “ciò che desta preoccupazione per il futuro prossimo deriva da alcuni freni agli investimenti: il nuovo regolamento europeo degli imballaggi (che non ci convince) e il suo iter di approvazione, l’aumento dei tassi d’interesse, l’incertezza che ancora insiste in alcune aree del mondo e la mancanza di nuove politiche 4.0. Sono tutte minacce alla nostra posizione di leadership, che non potremo disinnescare da soli”.


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