A Villa Godi Malinverni ha preso il via “Plastica e cultura”, il ciclo di Tech Day firmato Guztec Polymers. Obiettivo: ridefinire l’immagine della plastica tra innovazione, sostenibilità e responsabilità culturale. Dalla filosofia PlastiCare ai materiali d’avanguardia, un viaggio tra polimeri d’eccellenza e scenari patrimonio Unesco, per dire che la plastica – se ben conosciuta – è un bene da preservare.
Certe scelte non sono casuali, seguono logiche precise. Così è del tutto coerente che Villa Godi Malinverni, a Lugo di Vicenza, sia stata la prima delle ville progettate dal genio di Andrea Palladio (correva l’anno 1540) e, lo scorso 22 maggio, la sede del primo dei Tech Day organizzati da Guztec Polymers. Il ciclo si intitola Plastica e cultura, il patrimonio che innova e ha l’obiettivo di unire tecnologia, sostenibilità e cultura, scientifica e umanistica, per diffondere una nuova e corretta concezione dei materiali polimerici, all’insegna di una filosofia denominata PlastiCare.
PlastiCare: una questione culturale

Secondo Fulvio Confalonieri, managing director di Guztec Polymers, PlastiCare è il fondamento su cui si dovrebbe basare il pensiero comune, in antitesi con quello purtroppo diffuso di “plastic free”. «Guztec Polymers crede da anni nella responsabilizzazione dell’uso della plastica, considerandola una delle scoperte più incredibili del secolo scorso. Qualcosa di meraviglioso, che ha cambiato la vita dell’uomo. Eppure, nonostante decenni e migliaia di studi ne confermino i numerosi vantaggi e che spesso le soluzioni alternative si rivelino essere peggiorative, si assiste ancora a una loro demonizzazione, spesso basata su disinformazione».Confalonieri sottolinea come, in termini percentuali, la plastica rappresenti solo una piccola frazione di tutti i materiali utilizzati, cifra che sottolinea il paradosso di critiche sempre più accese.
Tra gli studi spiccano in particolare quelli di Chris DeArmitt, lo scienziato statunitense membro della Royal Society Academy, considerato tra i più grandi esperti al mondo di materiali plastici e più volte supporter delle attività promosse da Guztec Polymers, citato da Confalonieri nel proprio intervento, con parole da lui stesso rilasciate in esclusiva per i Tech Day. DeArmitt è anche l’autore del libro Il paradosso della plastica, un libro nato per far luce sulla sostenibilità dei materiali polimerici e sulle erronee percezioni comuni circa l’impatto ambientale.

Basandosi su numerosi e validati dati scientifici, lo scienziato dimostra come, contrariamente a quanto si creda, secondo l’analisi del ciclo di vita, le plastiche spesso rappresentino l’opzione più ecologica rispetto a materiali alternativi come vetro, metallo o carta. «Quando si considera che le plastiche rappresentano qualche punto percentuale, è difficile capire perché ricevano così tanta attenzione negativa», sostiene DeArmitt. «Lo è ancor di più se si osservano decenni di studi sul ciclo di vita, i quali concordano nel dire che scegliere la plastica riduce l’impatto ambientale in 9 casi su 10. Sostituire la plastica con materiali alternativi è possibile in molti casi, ma ciò può comportare una quantità di rifiuti significativamente più elevata, un maggiore utilizzo di combustibili fossili e costi più elevati».
In questo scenario, un ruolo critico è quello della comunicazione. Prosegue Confalonieri: «La demonizzazione è spesso legata anche alla cattiva informazione e a messaggi sensazionalistici, che toccano la pancia piuttosto che essere scientificamente validati. Una delle conseguenze a cui stiamo assistendo è un timore generalizzato e ingiustificato verso la plastica, con risvolti spesso preoccupanti. Fra questi vi è il progressivo disinteresse e abbandono di università e scuole a indirizzo tecnico-scientifico con diretto riferimento allo studio dei polimeri. Questo accade perché una percezione errata della plastica disincentiva le persone dall’investire sulla sua conoscenza. Ecco perché un dovere primario, oggi, è fare corretta informazione, partendo dai luoghi di lavoro e arrivando nelle scuole».
Dopo Villa Godi Malinverni, i Tech Day si terranno in altri scenari ad alto valore culturale: il 5 giugno al Villaggio Crespi d’Adda (Capriate San Gervasio, Bergamo), il 18 settembre al Museo Classis presso la Basilica di Sant’Apollinare in Classe (Ravenna) e il 1° ottobre alla Palazzina di Caccia di Stupinigi (Nichelino, Torino). Tutti e quattro i luoghi hanno un denominatore comune: la qualifica Unesco di Patrimonio dell’Umanità.
Una scelta non casuale, come spiega Jwan Meier, general manager e membro del board di Hromatka Group (proprietaria di Guztec Polymers): «Vogliamo unire il patrimonio culturale materiale con un altro tipo di patrimonio: i materiali plastici stessi, considerati un patrimonio per l’umanità. L’idea è che, così come un patrimonio culturale deve essere conservato e protetto, anche i materiali polimerici meritino cura e attenzione. Si cerca un legame tra la cultura tradizionale e l’idea di costruire un’autentica cultura della plastica».
Pilastri e sfide tecniche della filosofia PlastiCare
La filosofia PlastiCare non è solo uno slogan, ma un invito a ripensare la plastica elaborando un pensiero fondato sui seguenti pilastri:
- educazione alla conoscenza scientifica;
- progettazione in base ai principi dell’eco design per ridurre gli sprechi;
- uso del Life Cycle Assessment (LCA) per valutare l’impatto ambientale delle plastiche.
Al primo dei Tech Day hanno partecipato diverse aziende, tra cui RadiciGroup, Sabic, Sax Polymers, SK Chemicals e Victrex, ognuna presentando proprie soluzioni a carattere fortemente innovativo. Questa presenza variegata evidenzia la tensione e la sfida centrale di PlastiCare: conciliare l’esigenza di avere materiali sostenibili con la necessità di elevate performance tecniche, sempre più richieste dalle aziende clienti.
In merito all’LCA, Andrea Gobbetto, general manager di Sabic Italia, ha portato l’esperienza di Sabic sulle nuove tecnologie produttive degli attuali polimeri fossili ma in modo più circolare e sostenibile. A tal proposito, Gobbetto ha insistito sulla differenza – cruciale – tra decarbonizzazione e circolarità: «La decarbonizzazione mira primariamente alla riduzione delle emissioni di CO2 lungo l’intera filiera produttiva, attraverso: l’adozione di tecnologie produttive a ridotto impatto ambientale (es. approvvigionamento energetico più sostenibile) e l’utilizzo di feedstock tali da ottenere un polimero con ridotta impronta di CO2. La circolarità, invece, lavora con il medesimo obiettivo, ma utilizzando come feedstock gli scarti plastici PIR e/o PCR, mediante riciclo meccanico o chimico».
A tal proposito, Andrea Gobbetto si è poi soffermato su due delle più interessanti e attuali tecnologie di recupero degli scarti industriali, ossia: il riciclo chimico di scarti PCR e l’utilizzo degli scarti della lavorazione del legno (Tall Oil), oppure oli di frittura esausti quali precursori bio dei principali monomeri. In merito al riciclo chimico: il processo prevede l’ottenimento di un olio di pirolisi dagli scarti plastici post consumo e successivamente l’ottenimento dei monomeri mediante il processo di steam cracking dell’olio di pirolisi stesso.
L’altra tecnologia prevede invece l’utilizzo di Tall Oil oppure di oli di frittura esausti quali biofeedstock dello steam cracking, in sostituzione del petrolio, al fine di ottenere i monomeri stessi.
Attualmente, Sabic è già in grado di fornire prodotti ottenuti con queste tecnologie, con alcuni grandi vantaggi: ridotto impatto ambientale e soluzioni drop in, che non comportano la riqualifica del prodotto finito, dal momento che il granulo così ottenuto è esattamente uguale all’omologo 100% vergine da fonti fossili.
Conciliare sostenibilità e performance
Tra le soluzioni presentate, Renycle di RadiciGroup nasce proprio per conciliare sostenibilità e performance, proponendosi di sostituire materiali di prima scelta con altri ricavati da fonti post industriali (PIR) e post consumo (PCR).
Come dichiara Anna De Sio, market focal team leader: «RadiciGroup è impegnata da molti anni nella riduzione di tutte le emissioni di gas serra, le cosiddette Scope 1 e 2, dirette e indirette, siano quindi esse di processo o meno (i.e: energia per produzione, riscaldamento, trasporti). In termini di ulteriore efficientamento, RadiciGroup lavora poi da anni anche al cosiddetto Scope 3, che riguarda cioè la sintesi di polimeri a ridotto impatto ambientale impiegando come feedstock gli scarti plastici PIR e PCR, selezionati e tracciati, e raggiungendo prestazioni finali paragonabili agli omologhi 100% vergini».
Anna de Sio ha inoltre presentato alcune innovative formulazioni a base di poliammidi autoestinguenti, in grado di soddisfare i requisiti più stringenti del settore E&E per gli alti voltaggi (i.e batterie, sistemi di ricarica). RadiciGroup, infine, mette a disposizione della clientela un servizio CAE volto all’ecodesign e analisi preventiva delle possibili criticità meccaniche del pezzo finito.
Policarbonati da riciclo meccanico e tecnopolimeri
I materiali a marchio LNP, in particolare la famiglia dei PC copolimeri Elcrin da riciclo meccanico (PCR), sono stati il cuore dell’intervento di Sabic condotto da Renzo Falavigna, business development manager: «Questi materiali, formulati con una miscela di materie vergini e scarti da riciclo meccanico (max 75% di scarto), consentono di raggiungere prestazioni eccellenti, comparabili al materiale vergine di riferimento e una riduzione significativa delle emissioni di CO2».
Anche i tecnopolimeri di nicchia forniscono un prezioso contributo alla filosofia PlastiCare.
È il caso del PEEK di Victrex, un materiale riciclabile ad altissime prestazioni meccaniche, con eccellenti proprietà tribologiche in un range termico da una prossimità allo zero assoluto, da -269°C, fino ai 250°C, che«abbraccia la sostenibilità e gli obiettivi ESG delle aziende», come racconta Christian Salvatori, business development manager Energy and Industrial, «e trova impiego in settori demanding come energia, trasporti (automotive, aerospace per elettrificazione e leggerezza) e medicale (anche implantable). Le sue uniche proprietà lo rendono funzionale anche per applicazioni estreme come quelle criogeniche».
Dall’analisi LCA ai TPC bio
Andrea Capparella di Guztec Polymers ha presentato invece le potenzialità del compounder Sax Polymers, azienda parte anch’essa del Gruppo Hromatka. In particolare l’analisi si è soffermata sulle capacità di Sax Polymers di fornire i valori di LCA per la maggior parte dei polimeri, in accordo con il principio cradle to gate. Sax Polymers è inoltre in grado di fornire un servizio chimico analitico per ogni richiesta del cliente.
Infine, sul TPC si è concentrato l’intervento di Joseph Leforestier, business development & product manager di SK Chemicals: «Si tratta di un elastomero termoplastico che trova applicazione laddove si cerchi morbidezza, elevati allungamenti a rottura e facile processabilità. Inoltre, si noti come il TPC rappresenti di fatto una valida alternativa rispetto ad altri materiali quali il PVC e il TPU». Alcuni gradi TPC forniti da SK Chemicals sono disponibili in versione bio, ottenuti da monomeri di origine naturale, con una ridotta impronta di C02.
Uno sforzo tecnologico e culturale complesso
L’evento e la filosofia PlastiCare rappresentano lo sforzo di un settore per affrontare la complessità della plastica.
L’obiettivo è una gestione più responsabile che integri tecnologia, ambiente e una nuova cultura dei materiali polimerici.
Andare oltre il mero aspetto tecnico, anche se di eccellenza, per cercare un dialogo attivo con il tessuto culturale e sociale è visto come una frontiera per l’industria:
il suo obiettivo è raggiungere, ampliandolo, il concetto di patrimonio culturale ospitando anche, come in questo caso, elementi apparentemente distanti tra loro, dai polimeri al Palladio.