Con l’obiettivo di diventare un’azienda completamente circolare, Covestro sta lavorando su più fronti. Una trasformazione che richiede costanza e coerenza e che mette al centro le persone che lavorano al suo interno
Essere un’azienda sostenibile senza intaccare l’efficienza e la qualità del lavoro e senza compromettere il business è possibile. Lo sta dimostrando Covestro, multinazionale tedesca specializzata nella produzione di polimeri, che nella sua filiale italiana di Filago, a una manciata di chilometri da Bergamo, ha dato vita a una serie di progetti in ottica green che stanno registrando interessanti risultati. Progetti che riguardano tutte e tre le lettere dell’acronimo ESG (Environmental, Social e Governance), il rating che esprime l’impatto ambientale, sociale e di governance di un’impresa.
Sul fronte ambientale, per esempio, fin dal 2020 Covestro persegue a livello globale l’obiettivo di diventare completamente circolare. Per raggiungerlo lavora su più fronti: utilizza materie prime alternative, come gli zuccheri di scarto delle coltivazioni o gli olii esausti di origine vegetale, oppure frutto del riciclo meccanico di materiali plastici; ricorre al riciclo chimico per il recupero di monomeri, oligomeri o altri composti; utilizza il più possibile energie rinnovabili, collaborando con stakeholder e altre aziende presenti sul territorio per la realizzazione di una catena del valore a sostegno dell’economia circolare. Come anche nel contesto di Filago, per fare la differenza e diventare davvero efficienti sul fronte delle energie alternative, infatti, è necessario andare oltre i singoli impianti di pannelli fotovoltaici e realizzare, invece, grandi parchi eolici e fotovoltaici sul territorio.
Un progetto possibile solo attraverso un’azione corale, portata avanti da aziende e istituzioni locali. «Questa è la grande sfida che ci aspetta nel prossimo futuro», ha precisato Gianmaria Malvestiti, amministratore delegato di Covestro Italia, nel corso del convegno “Sostenibilità nel Dna”, che si è tenuto presso la sede di Filago il 30 novembre scorso.
Risparmio: consumi energetici nel mirino
Nell’attesa che ciò avvenga, l’azienda si è portata avanti attivando diverse iniziative green per l’ottimizzazione del consumo dell’acqua e dell’energia, che nell’arco degli ultimi 12 mesi hanno ridotto del 10% il consumo specifico di acqua. Ottimi risultati sono stati raggiunti anche sul fronte del consumo complessivo di energia.
«Qui non abbiamo trascurato nulla, lavorando persino sugli orari di accensione delle Unità di Trattamento dell’Aria (UTA) e sulle relative portate, ottenendo così un risparmio di oltre 240 mila kW/h nell’arco di 12 mesi. Numero equivalente al consumo di oltre 90 famiglie tipo», ha detto con soddisfazione Malvestiti. «Ma non abbiamo intenzione di fermarci; anzi, intendiamo identificare altre opportunità di ottimizzazione della gestione degli attuali impianti, prevedendo, là dove è necessario, la loro sostituzione con altri più efficienti».
Questo è solo uno dei passi che l’azienda ha fatto per avvicinarsi al traguardo dell’impatto ambientale zero. «Tra le altre cose, stiamo infatti lavorando anche a un mix di materie prime alternative che abbiamo battezzato con la sigla CQ, dove C sta per circolare e Q rimanda a QI, il quoziente intellettivo. Prodotti che rappresentano il fiore all’occhiello del nostro stabilimento di Filago», ha spiegato Malvestiti.
Un esempio sono i CQ PCR, policarbonati che contengono materia di base proveniente dal riciclo di prodotti già usati dalle industrie, oppure da consumatori finali, che, a fine vita, vengono riportati allo stato di materia prima e reimmessi nel circuito produttivo. «Li facciamo anche a Filago e sono riconoscibili perché nella sigla che li identifica si trova una R e un numero (25,50), che racconta quanta parte di materiale riciclato contengono. Qui le tonnellate prodotte erano oltre 200 già nel 2019 e continuano a crescere», ha aggiunto Malvestiti.
Le persone al centro
Ma un’azienda non può dirsi veramente sostenibile se non si occupa anche delle persone che lavorano al suo interno e del territorio che la circonda. Concetto molto chiaro a Covestro che, in ambito sociale, si è posta tre target: migliorare l’ambiente lavorativo, prendersi cura del benessere dei lavoratori e sostenere lo sviluppo del territorio. Questo significa lavorare per valorizzare ogni tipo di diversità, promuovere l’inclusione, la responsabilità del singolo e il senso di appartenenza all’azienda di ogni lavoratore. Punti più che mai strategici in tempi di alto “turnover” dei lavoratori.
Il punto di partenza? L’ascolto. Non a caso in Covestro le persone sono invitate a esprimere il proprio eventuale disagio, così che insieme si possa agire per risolverlo.
Già, perché solo conoscendo le problematiche e le necessità di ogni lavoratore è possibile pianificare politiche di inclusione, di engagement e di sviluppo sociale e territoriale ad hoc, evitando così di perdere tempo e risorse preziose. Non è un caso che, ormai da tempo, i manuali di management internazionali insistano nel dire che un’organizzazione cresce e migliora solo se tutti al suo interno stanno bene. Questo significa anche pensare alla crescita professionale delle persone, al loro desiderio di colmare i propri gap formativi, di aggiornarsi sulla base delle necessità dell’azienda e del mercato, offrendo ai dipendenti l’opportunità di restare competitivi sul mercato del lavoro.
«Sostenibilità è anche questo e noi ci crediamo molto, perché siamo convinti che la crescita futura delle aziende e dell’intero Paese passi da qui», ha chiosato Malvestiti.
Nadia Anzani