Riciclare in modo più efficace e a costi inferiori i rifiuti plastici e, in particolare, il PET (polietilentereftalato), con ricadute positive sia sull’economia sia sull’ambiente: è questo il risultato, ambizioso e di grande attualità, ottenuto dall’innovativo progetto PRINCE (acronimo di: PET – Re-polymerization Italian Network Compact Extrusion).
Questo progetto d’eccellenza si è posizionato tra i 33 vincitori del bando Call Hub Ricerca e Innovazione di Regione Lombardia e per questo è stato finanziato con oltre 2,8 milioni di euro di fondi POR FESR (Programmi Operativi Regionali finanziati con Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) per il periodo 2014-2020, su un valore complessivo del progetto di 5,2 milioni di euro.
La risposta a un bisogno specifico
Il progetto Prince perseguiva un obiettivo in linea con le politiche d’economia circolare e con l’adozione della strategia europea per la plastica e cioè un importante miglioramento nel processo di riciclo del PET da bottiglia post consumo (una delle tipologie di plastica più riciclate), grazie a un più efficace reintegro sul mercato del PET riciclato (rPET) sotto forma di prodotti industriali finiti.
La domanda di rPET è del resto in crescita da tempo. Una tendenza rafforzata dalla direttiva UE SUP (Single Use Plastic), con cui l’Unione Europea ha vietato la vendita di prodotti monouso in plastica. In particolare, secondo i promotori di Prince, l’analisi del mercato dell’rPET e delle sue prospettive indica che la maggior parte dei manufatti partirà da scaglie “non-clear”, più economiche rispetto a quelle “clear” (cioè trasparenti) e disponibili in maggiore quantità. Proprio quelle utilizzate dal progetto Prince.
Le attuali tecniche di riciclo di questo particolare materiale hanno però costi importanti, perfino superiori a quelli del polimero vergine, e tempi che non soddisfano la richiesta di questa materia seconda. In altre parole, oggi non c’è ancora una capacità industriale tale da garantire – in Italia come in Europa – la produzione di volumi di rPET adeguati alla domanda. Anche per la mancanza, a monte, di un adeguato sistema di raccolta e selezione tra i diversi tipi di plastica, per esempio, tra plastiche trasparenti e plastiche “non clear”. Queste ultime rappresentano, in effetti, la maggior parte dell’rPET.
L’innovazione tecnologica più in dettaglio
Per efficientare il processo di riciclo, nell’ambito del progetto Prince è stata sviluppata una linea pilota che, consentendo di ridurre significativamente le limitazioni del processo con estrusore monovite, consente di trasformare le scaglie lavate e asciugate di rPET “non clear” direttamente in prodotti finiti. Più in dettaglio, con tale tecnologia si evita la pre-essiccazione e la granulazione intermedia e, al contempo, si “rigrada” il polimero in linea con l’aggiunta controllata di Chain Extender (CE).
La linea pilota è stata installata e testata insieme a diverse tecnologie di trasformazione a valle (downstream), che hanno consentito di ottenere cinque prodotti finiti: reggette per imballaggio, filati per il tessile, estrusi per edilizia, lastre, contenitori per liquidi non alimentari.
Tra i benefici vi è un notevole contenimento dei costi complessivi, in particolare grazie al risparmio energetico – i partner di Prince hanno stimato una riduzione di circa il 30% rispetto alle linee convenzionali – e alla gestione più efficiente delle risorse acqua-aria-scarti di produzione.
Il progetto nasce dall’alleanza tra: un organismo di ricerca capofila, l’Istituto Italiano dei Plastici, specializzato nella certificazione di sistema/prodotto della filiera delle materie plastiche; un inventor di tecnologie innovative relative al processo dei polimeri termoplastici, Nexxus Channel; sei aziende produttrici di macchinari e attrezzature per materie plastiche: Icma San Giorgio, OMGM, Magic MP, Soltex, Eprotech ed RB Engineering.