Plasma in azione contro il Covid-19

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La scarsità di dispositivi protettivi è uno dei problemi cruciali nella lotta contro la diffusione del Coronavirus. In tutto il mondo, ospedali e altre strutture sanitarie sono alla ricerca di dispositivi di protezione individuale come mascherine, occhiali, guanti e tute. La domanda è enorme e viene a malapena soddisfatta dalle risorse attualmente disponibili. Una possibile soluzione al problema è la decontaminazione attraverso una procedura rapida, economica e sicura, che permette di riutilizzarli più volte. E, in questa direzione, il plasma può apportare un contributo significativo.

Sterilizzazione a freddo

La diffusione della tecnologia al plasma nel comparto delle materie plastiche è legata già da tempo all’impiego nelle operazioni di pulizia, attivazione e rivestimento delle superfici, ma gli operatori del settore probabilmente ignorano che è un ottimo metodo di sterilizzazione a freddo, perché riesce a eliminare anche gli agenti patogeni più stabili e multiresistenti. La pandemia in corso ha spinto Plasmatreat – produttore tedesco di generatori di plasma – a testare la tecnologia contro il Covid-19 utilizzando un armadio sterilizzatore, facilmente installabile anche nelle numerose tensostrutture pre-triage sorte in questi mesi. È poco più grande di un frigorifero da cucina (ha capacità di 580 litri) e, nelle versioni con ripiani a griglia oppure con grucce appendiabiti, consente di trattare dispositivi singoli oppure tute protettive. Oltre a maschere e visiere in materiale plastico, è possibile decontaminare per un nuovo utilizzo anche i tubi dei respiratori e gli endoscopi.

Anche per materiali delicati

Il funzionamento dell’apparecchiatura richiede solo aria, acqua ed elettricità per creare un’atmosfera disinfettante. Una volta generate, le scariche di plasma ionizzano l’aria, spezzando i legami chimici delle molecole che la costituiscono. L’ossigeno (O2) si scinde in specie chimiche altamente reattive (vedi riquadro) che si combinano con l’acqua (H2O) formando radicali idrossili (OH), noti per l’elevato potere disinfettante. Come nei tradizionali processi di sterilizzazione a gas, l’ossigeno altamente reattivo e i radicali idrossili penetrano nei tessuti naturali e sintetici, anche quelli a trama più fitta, e interagiscono con le superfici accessibili senza provocare danni di rilievo. Dal momento che viene generato da una sorgente di tipo DBD (dielectric barrier discharge), il plasma è relativamente freddo. In questo modo, è possibile trattare materiali sensibili alle temperature elevate come le resine plastiche e gli espansi, senza che subiscano danni. Il processo di sterilizzazione avviene in modalità totalmente automatica, dura circa mezz’ora e consente di ottenere tassi di abbattimento della carica batterica superiori a 1 M UFC (Unità Formanti Colonie). Valore che corrisponde a un fattore sei su scala logaritmica e di conseguenza soddisfa i requisiti della sterilizzazione.

L’armadio sterilizzatore al plasma è in fase di test presso la sezione bavarese della Croce Rossa (BRK). Christian Buske, AD di Plasmatreat (a sinistra) insieme a Lukas Krapf del gruppo di intervento rapido della BRK (Foto Michael Will/BRK)

Efficace contro gli agenti patogeni

L’armadio decontaminatore sviluppato da Plasmatreat è ancora un prototipo. Il processo di sterilizzazione è stato testato con successo contro le endospore batteriche presenti su superfici lisce e ruvide, mentre sono ancora in corso i test per confermare l’efficacia anche nei confronti dei virus. Data l’emergenza provocata dalla diffusione del Coronavirus, l’azienda sta dando la massima priorità al progetto. Un primo modulo del sistema è attualmente in fase di test presso la sezione bavarese della Croce Rossa (BRK), associazione con cui l’azienda tedesca collabora ormai da anni e cha ha acquisito una grande esperienza nelle emergenza sanitarie, oltre ad aver esplorato nuovi metodi di disinfezione nel corso della crisi dell’Ebola.

«I risultati in nostro possesso sono confortanti, perché le endospore batteriche sono estremamente resistenti, anzi sono tra le forme di vita più resistenti in assoluto, mentre i virus sono più sensibili» commenta il Prof. Thomas Schmitt-John, responsabile della divisione Plasma Life Science.

«Al momento ci troviamo in una “zona grigia”: sappiamo che il nostro processo funziona e abbiamo raccolto sufficienti prove a questo riguardo, ma non è ancora stato certificato. I tempi della procedura, purtroppo, sono incredibilmente lunghi» spiega Christian Buske, amministratore delegato di Plasmatreat.


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