Le PMI promuovono il Piano Nazionale Industria 4.0

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Tempo di bilanci per le PMI del manifatturiero italiano, a quasi un anno di distanza dalla presentazione del Piano Nazionale Industria 4.0 del Ministro Calenda. Secondo la fotografia dell’Osservatorio Mecspe, la fiera organizzata ogni anno a Parma da Senaf, ben il 66% degli imprenditori giudica positivamente o discretamente gli effetti sul settore, seppur esprimendo la necessità di un piano pluriennale e di una minore attenzione rivolta alle grandi imprese. In particolare, tra le iniziative previste si attribuisce grande rilevanza all’iperammortamento per i macchinari funzionali alla digitalizzazione (69,7%), al credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo (57,4%), al miglioramento delle infrastrutture digitali abilitanti (54,6%) e alla de-fiscalizzazione dei premi di produzione (51,1%).

Nota metodologica
L’indagine è stata condotta da GRS Research & Strategy su un campione di aziende della meccanica e della subfornitura utilizzando i metodi CAWI (Computer Assisted Web Interviewing) e CATI (Computer Assisted Telephone Interviewing). Sono state raccolte 282 risposte, un campione casuale, statisticamente significativo, caratterizzato da una distribuzione territoriale allineata a quella dell’universo di partenza. L’indagine si è svolta nei mesi di luglio-agosto 2017.

Positiva la tendenza all’investimento delle PMI

Al di là degli incentivi governativi – e in attesa che vengano definiti i dettagli di una loro riconferma nella prossima legge finanziaria – è chiara la propensione agli investimenti da parte delle imprese: quasi la metà (46,1%) dichiara che continuerebbe a destinare parte del fatturato in innovazione anche in assenza di agevolazioni, segno che la trasformazione in corso è ormai matura e culturale. C’è comunque un 22,7% che continuerebbe a farlo riducendo però gli investimenti, mentre solo il 3,9% smetterebbe totalmente.
Per quanto riguarda gli investimenti nei prossimi anni, ben l’86,2% delle aziende è disposto a investire una quota del proprio fatturato per trasformare l’impresa in una fabbrica intelligente, con quasi 3 su 10 orientate a superare la quota del 10%. Solo il 13,8% non intende effettuare investimenti.

Cresce l’interesse delle PMI per la formazione

Si respira dunque una consapevolezza positiva, anche tirando le somme sul proprio percorso verso l’innovazione e la valutazione della propria posizione aziendale in rapporto al processo di Industria 4.0: quasi la metà degli intervistati (43,7%) si sente in linea con le competenze richieste, mentre il 19% ritiene di stare precedendo le azioni dei competitor. Percezione che si estende anche ai benefici che la tecnologia sta apportando al personale: secondo il 67,6% degli imprenditori, questa è in grado di migliorare la qualità del lavoro, mentre il 49,3% è convinto che i dipendenti la vedano come un’opportunità anziché una minaccia.
Dal punto di vista della preparazione complessiva che la quarta rivoluzione industriale richiede al personale nell’analisi e gestione dei dati, il livello di competenze è giudicato alto dal 19,3% degli intervistati e medio da quasi 7 imprenditori su 10. Per migliorare la formazione il 62,8% delle aziende adotta o ha intenzione di adottare delle attività dedicate alle competenze digitali, rivolgendosi a professionisti e consulenti esterni (12,8%) o adottando metodi tradizionali come letture, confronti e dibattiti, corsi (18,9%). Solo il 9,5% si affida a metodi che prevedono il supporto di strumenti tecnologici.

“9 aziende su 10 sono disposte a investire per trasformare la loro impresa in una fabbrica intelligente”
Maruska Sabato, Senaf

Formazione: la nuova sfida
«I dati dell’Osservatorio Mecspe mostrano segnali senza dubbio incoraggianti, non solo per i numeri che si registrano sul fronte dell’export e per il fatturato delle aziende, nettamente in aumento rispetto allo scorso anno, ma anche per il fatto che quasi 9 aziende su 10 si dicano disposte a investire nei prossimi anni nella trasformazione della loro impresa in una fabbrica intelligente», commenta Maruska Sabato, Project Manager di Mecspe (Fiere di Parma, 22-24 marzo 2018). «Questo trend indica grande attenzione e forte interesse nei confronti delle tecnologie abilitanti, percepite ormai in maniera diffusa come un utile strumento per migliorare sistemi e processi produttivi. La sfida che bisogna affrontare adesso è quella della formazione: occorre aumentare il livello di competenze digitali di tutti gli operatori del manifatturiero, affinché si possano cogliere, nel più efficace dei modi, le opportunità offerte dalla tecnologia».

Obiettivo big data
Le PMI della meccanica e della subfornitura, che a oggi hanno introdotto nuove tecnologie abilitanti, hanno privilegiato soluzioni per la sicurezza informatica (59,5%) e la connettività (53,4%) – settori in cui si registra anche il livello di conoscenza maggiore da parte delle aziende – la simulazione (28,2%), la produzione additiva (26,7%), il cloud computing (24,4%) e l’Internet of Things (22,1%), che saranno oggetto di ulteriori investimenti da qui al 2018. Entro la fine del prossimo anno, dunque, l’Internet of Things sarà presente nel 22,1% delle aziende, la sicurezza informatica e il cloud computing nel 20,6%, la realtà aumentata nel 15,3%. Tra gli obiettivi, però, saranno i big data a godere degli investimenti maggiori, arrivando a essere così presenti in oltre un quinto delle imprese italiane (22,9%).

Chi guiderà la digitalizzazione?
La digitalizzazione generale raggiunta in azienda è alta, soprattutto quando si parla di progettazione e sviluppo del prodotto (61,2%) e della relazione con il cliente e dei canali di vendita (60,4%), così come le aspettative per i prossimi tre anni. Tra gli effetti maggiormente attesi, il 63,2% prevede fino al 15% di aumento dei ricavi, mentre il 71,2% prospetta lo stesso risultato per quanto riguarda la riduzione dei costi. Ma qual è la figura driver preposta a stimolare/guidare il processo di innovazione digitale in azienda? Il 37,2% indica l’imprenditore. A seguire, il direttore/responsabile IT (14,9%), il direttore tecnico (8,1%) e il direttore ricerca & sviluppo (6,1%).
Al momento, i principali fattori di rallentamento della digitalizzazione sono rappresentati da un rapporto incerto tra investimenti e benefici (per il 46,2% delle aziende), dall’arretratezza delle imprese con cui si collabora (43,1%), dalla mancanza di competenze interne (29,2%) dall’assenza di un’infrastruttura tecnologica di base adeguata, nonché dagli investimenti richiesti troppo alti (26,2%), dalla mancanza di una chiara visione del top management (24,6%) e da troppi dubbi sulla sicurezza dei dati e possibilità di cyber attack (17,7%).


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