Le bioplastiche compostabili: una filiera strategica per il Paese

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Dalla produzione alla raccolta, per arrivare fino al riciclo e al compostaggio, le bioplastiche compostabili rappresentano un settore fondamentale nello scenario economico italiano, ma vanno tutelate contro le azioni di concorrenza sleale, per mantenere la leadership europea.

Un settore in crescita ma, per certi aspetti, ancora vulnerabile e assolutamente da tutelare: è quanto emerso durante il convegno romano, organizzato il 6 luglio 2023 da Assobioplastiche, Consorzio Biorepack e Consorzio Italiano Compostatori – CIC, per la presentazione del IX Rapporto sulla filiera italiana delle bioplastiche compostabili.

Dalla lettura del documento – redatto da Plastic Consult, la società indipendente che svolge studi e analisi di mercato nel settore delle materie plastiche – il settore appare in crescita, grazie al suo modello integrato, che riunisce i produttori di biopolimeri compostabili e i rappresentanti del sistema di riciclo organico, arrivando fino al trattamento negli impianti di compostaggio.

Nell’ultimo decennio, la filiera italiana delle bioplastiche compostabili ha mostrato un ritmo galoppante, segnando percentuali a doppia cifra e interessanti livelli di produzione, fatturato e occupazione.

È altresì aumentato il tasso di riciclo degli imballaggi in bioplastica compostabile, contestualmente alla maggiore percentuale di popolazione coperta, con maggiori corrispettivi economici per i Comuni.

Allo stesso tempo, però, lo scenario economico del 2022 ha frenato il trend: il settore ha retto l’impatto della crisi pandemica ma ha subìto l’effetto inflattivo dell’ultimo anno.

bioplastiche compostabili
Il 6 luglio, a Roma, si è riunita per la prima volta l’intera filiera italiana delle bioplastiche compostabili.

L’aumento dei prezzi ha rallentato l’utilizzo dei manufatti e, purtroppo, favorito una produzione illegale e pericolosa per la filiera.

E le direttive comunitarie, spesso contraddittorie tra loro e poco chiare, rischiano di far perdere di vista l’obiettivo.

Qual è quindi la soluzione a questa impasse e cosa chiedono le Associazioni? Partendo dalla fotografia del presente, vengono delineate le auspicabili prospettive per il futuro. Vediamo come.

I numeri, nello studio di Plastic Consult

È Paolo Arcelli a introdurre il IX Rapporto, edito da Plastic Consult, ricordando come le plastiche compostabili abbiano una storia abbastanza recente, che parte dai sacchetti per l’umido.

Solo nel 2011, con l’introduzione delle “shopper”, e grazie a normative più stringenti, si inizia ad affrontare seriamente la questione.

Nel 2015 arrivano le pellicole (film, in gergo tecnico) per i prodotti agricoli, l’imballaggio alimentare e non, e nel 2017 si inizia a utilizzare un materiale ultraleggero, sempre più evoluto, nei diversi settori (film e shopper). Dal 2019 poi tutta l’attenzione è puntata sugli articoli monouso.

Oggi, l’industria delle plastiche biodegradabili e compostabili conta 271 aziende e 3005 addetti. Le expertise sono diverse, e vanno dalla produzione di chimica di base e intermedi (5 realtà aziendali) alla produzione e distribuzione di granuli (19), dagli operatori di prima trasformazione (182) a quelli di seconda (65).

bioplastiche compostabili
Paolo Arcelli, direttore di Plastic Consult.

Sono state immesse sul mercato 127.950 tonnellate di manufatti compostabili, arrivando a un fatturato complessivo di 1.168 milioni di euro, in forte crescita nell’ultimo anno (+10,1%, 1.061 milioni nel 2021) ma, soprattutto, nell’ultimo decennio (dai 367 milioni del 2012, con un +218%).

Le imprese della filiera

Un dato che forse frena l’entusiasmo è quello relativo al numero di imprese operanti nel settore: dopo una crescita costante degli ultimi anni, il numero è rimasto invariato.

Un interessante scatto si è realizzato nel 2019, quando sono state registrate 275 imprese, +23 rispetto al 2018, ma da allora – probabilmente anche a causa della crisi pandemica – il numero è rimasto praticamente invariato.

Dalle 278 del 2020, si è scesi alle 275 del 2021 e nel 2022 la contrazione ha portato le unità a 271. Se dal 2012 al 2022 il trend ha quindi segnato valori molto positivi (+90%), nel 2021 il -1,5% desta qualche perplessità, sebbene irrilevante.

Geograficamente è forte la presenza in Lombardia, Veneto e Campania (rispettivamente 39 aziende con 200 occupati, 29 con 325 e 18 con oltre 280).

È raddoppiato il numero degli “addetti dedicati”, ovvero quelli che si occupano direttamente dei prodotti che entrano nella filiera delle bioplastiche compostabili, passando dalle 1.280 unità del 2012 alle oltre 3mila di fine 2022, con un tasso di incremento di oltre 135 punti.

Le bioplastiche compostabili: cresce la produzione

Nel 2022 è cresciuto anche il volume complessivo dei manufatti, arrivano quasi a 128mila tonnellate (127.950) con un +2,1% rispetto al 2021; sul lungo periodo (2012/2022) invece, l’aumento della produzione nazionale raggiunge cifre importanti (+226%), passando dalle 39.250 tonnellate del 2012 alle attuali cifre.

La cosa che colpisce, positivamente, è che il trend nell’ultimo decennio è sempre risultato in salita, anche nel biennio 2020/2021, periodo che per ovvie ragioni poteva risultare squilibrato e che invece ha confermato le ottime performance del comparto (110.700 nel 2020, 125.350 nel 2021).

È cresciuto soprattutto il settore del monouso, con un +23% nel 2022, seguito dalle diverse tipologie di film per imballaggio (+7% per applicazioni non alimentari e +3% per imballaggio alimentare).

Più contenute le performance delle pellicole agricole (+2%), mentre il trend dei sacchetti per asporto merci e ultraleggeri è rimasto stazionario.

Le cifre sono leggermente diverse (in positivo) nella comparazione triennale (2019/2022), con il comparto del monouso che segna un +55%, il film non alimentare +26%, quello alimentare +7% e l’agricolo +6%.

Monouso e sacchetti leggeri: una contrazione positiva?

Il monouso si conferma quindi il settore con il più alto tasso di crescita: analizzando la produzione nazionale di piatti e bicchieri, è evidente il forte cambiamento degli ultimi 7 anni.

Se da un lato abbiamo assistito a una fortissima contrazione – passando dai 125 mln di tonnellate del 2016 ai 43 milioni del 2022, con un calo del 66% – è però aumentata la quota di compostabili.

La produzione del 2022, ad esempio, è per poco più della metà caratterizzata da un monouso PS, e la restante parte da monouso compostabile.

Un’ulteriore contrazione è quella mostrata dal mercato italiano dei sacchetti leggeri per asporto merci, che è passato dai 179milioni di tonnellate del 2010 ai 78 del 2022, con un calo di 57 punti percentuali.

In particolare, dal 2013 al 2022 l’andamento è stato decrescente, ma è aumentata la quota di compostabili.

Se nel 2013 dei 118 milioni di tonnellate, 91,7 risultavano sacchetti asporto non a norma (contro i 26,3 legali), nel 2022 a fronte di un calo del 34% nel volume di tonnellate di sacchetti (da 118 mln a 78), è aumentata la percentuale relativa ai compostabili, ovvero 56,1 mln di tonnellate contro i 22 mln non a norma. Il dato è buono, ma non ottimo se si paragona a quello del 2021 (76 mln, di cui 59 a norma e 17 no).

Le disattese aspettative del 2022 e le previsioni per il 2023

Il 2022 è stato un anno sui generis perché le aspettative, dopo i trend positivi, sono state disattese. Nella seconda metà dell’anno passato, la contrazione dei consumi ha influito sull’incremento della diffusione di sacchetti fuori norma, frutto di un delicato contesto economico, in un mercato dove l’aumento dei prezzi favorisce le scappatoie “contra legem”.

Per la contrazione del potere d’acquisto risulta in calo anche il comparto del monouso, caratterizzato da due velocità, con una forte produzione di posateria e un freno nel settore dei termoformati (piatti e bicchieri). I dati, comunque, potrebbero migliorare, in attesa del consumo previsto per l’entrante stagione estiva.

plastiche biocompostabili

Frenata anche la richiesta di sacchetti ultraleggeri (in calo dal 5 al 7%), provocata dal calo dei consumi finali e dal riorientamento delle abitudini di spesa.

Resta stabile, invece, il comparto delle pellicole per imballaggio nel comparto agricolo, grazie alla pacciamatura compostabile e all’agricoltura biologica, sebbene i tassi siano inferiori a quelli degli anni passati.

Notizie positive arrivano da segmenti minori, quali quello delle capsule compostabili (per caffè e altre bevande), che mostrano buone previsioni di crescita, dal 5 al 10%; in progressione anche altre applicazioni (extrusion coating e altro stampaggio a iniezione), mentre rallentano le altre tipologie di film, per imballaggio alimentare e no.

Raccolta, riciclo e compostaggio

Analizzato quindi il trend, passato e futuro, della produzione, è interessante capire poi il “fine vita” dei manufatti. La peculiarità della loro essenza ha ragion d’essere proprio in funzione del riciclo, i cui dati risultano molto positivi. Nel 2022, il riciclo organico delle bioplastiche compostabili ha raggiunto il 60,7% dell’immesso al consumo, crescendo di 9 punti rispetto ai valori del 2021 e superando ampiamente l’obiettivo del 55%, fissato per il 2030.

Il merito va ai cittadini, rispettosi, ma anche ai Comuni, capaci di gestire tali attività: sono quasi la metà dei totali italiani quelli convenzionati con il consorzio Biorepack (il 47,8%, oltre 3700), coprendo il 64% della popolazione nazionale (38 milioni di abitanti).

Con corrispettivi per 9,3 milioni di euro (1,8 milioni in più rispetto al 2021) gli enti locali hanno potuto gestire la raccolta, il trasporto e il trattamento degli imballaggi in bioplastica compostabile, provenienti dai rifiuti domestici.

Sono stati 4 i milioni di tonnellate di rifiuto a matrice organica, trattati dai 293 impianti di compostaggio, distribuiti nelle diverse regioni italiane, ai quali si aggiungono 63 impianti integrati (digestione anaerobica e compostaggio), per altri 4,3 milioni di tonnellate.

Inoltre, grazie al trattamento biologico della FORSU (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano), è stato possibile “risparmiare” 5,4 megatonnellate di CO2 equivalente, producendo allo stesso tempo oltre 2 milioni di tonnellate di compost – di cui il 34% a marchio CIC – offrendo ai terreni agricoli 440mila tonnellate di carbonio organico. Un risultato molto importante.

Le preoccupazioni per il futuro

Dal quadro sopra descritto emerge, quindi, qualche preoccupazione per la produzione, più che per il riciclo, sebbene poi le due fasi siano connesse. Tuttavia i dati previsionali non devono scoraggiare.

La filiera esce da un triennio in cui gli eventi esterni hanno messo a dura prova l’intero settore e, al di là di tutto, ha mostrato una crescita, seppur variabile nel tempo, ma comunque positiva.

Marco Versari presidente di Biorepack e Lella Miccolis presidente del CIC.

I problemi ci sono ma vanno affrontati, partendo proprio dalla consapevolezza degli stessi. In particolare, la contraffazione, con l’introduzione del cosiddetto “finto bio”, risulta dannosa per la filiera delle bioplastiche compostabili, già concentrata nel riportare in equilibrio i flussi export dei sacchetti dell’umido – penalizzati da una concorrenza internazionale non sempre lecita.

Sempre con riferimento ai sacchetti, il tasso di quelli illegali (non a norma) è cresciuto di 6 punti, dal 2021 al 2022 (22% contro il 28%): siamo circondati da borse per asporto prive di certificazioni di biodegradabilità e compostabilità, rinnovabilità ed etichette, o shopper con marchi in cui manca il requisito standard UNI EN 13432:2002, con percentuali di materia prima di origine rinnovabile inferiore al 60%).

Sono ancora in circolazione manufatti in plastica tradizionale venduti però come “riutilizzabili”, con una dicitura accattivante e un prezzo di produzione più basso. E il danno non è solo per l’ambiente ma anche per il cittadino “truffato”, per un acquisto fatto in buona fede.

Un danno per le aziende e per l’ambiente

Tutti questi comportamenti scorretti (e, per certi versi, legalizzati) portano a fenomeni dannosi per i margini di crescita delle aziende che operano nella legalità, come sostiene il presidente di Biorepack, Marco Versari: l’erosione dei profitti disincentiva gli investimenti e l’innovazione, frenando anche l’occupazione.

Contemporaneamente, vengono colpiti anche i Comuni impegnati nella raccolta differenziata della frazione organica dei rifiuti, perché minori quantità corrispondono a minori corrispettivi economici in loro favore.

Ma il peggior destinatario di questi comportamenti scorretti è proprio l’ambiente, e l’uomo che lo vive: la problematica principale si evidenzia nella presenza di ampie quantità di frazione estranea presenti negli impianti di compostaggio.

E, come giustamente ricorda Lella Miccolis, presidente del CIC, i prodotti non a norma sporcano la raccolta dell’umido domestico, diminuendo la potenziale quantità di compost producibile, la più valida alternativa ecologica al fertilizzante, in un’ottica di economia circolare che rifugge la chimica e utilizza quello che offre la natura.

Le richieste delle Associazioni

Alla luce di tutto ciò, allora, come bisogna agire? Ebbene, contro l’aumento dei livelli inflattivi, che condiziona gli acquisti delle famiglie, c’è poco da fare.

La contrazione dei consumi finali e la riduzione della spesa – con uno dei più bassi livelli registrati negli ultimi decenni – assieme all’aumento dei tassi di interesse porteranno, irrimediabilmente, a un freno della produzione industriale di manufatti compostabili.

Diverso è il discorso se analizziamo gli altri fattori di freno, tra cui gli atteggiamenti illegali della produzione e la concorrenza sleale, con un dumping di prodotti esteri (asiatici in primis), il cui ingresso è favorito dall’assenza di leggi ad hoc e da un precario meccanismo di controllo.

L’appello congiunto di Assobioplastiche, Biorepack e CIC è proprio finalizzato al contrasto dell’illegalità, con un nuovo meccanismo di controlli, sul vecchio modello ma rafforzato e rivisti.

È poi necessario riconoscere il valore strategico dell’intera filiera, facendo sì che le normative europee siano più chiare, a tutela della competitività nazionale.

Serve un atteggiamento maggiormente protettivo della filiera, a livello governativo, con la difesa diretta di un settore che è chiaramente espressione delle eccellenze italiane, seguendo l’esempio di grandi economie, quali USA e Cina, consce del potenziale della filiera, e generose verso la stessa attraverso una valorizzazione diretta.

Nuovi codici NACE ATECO, incentivi – come potrebbe essere una aliquota IVA agevolata al 5% – maggiori controlli e proventi delle sanzioni agli organismi accertatori: tutto questo potrebbe contribuire a rafforzare e tutelare la filiera, perché quella delle bioplastiche compostabili assume un ruolo fondamentale per la crescita Paese e per lo sviluppo della bioeconomia circolare, comparto di cui il Bel Paese risulta leader, in Europa.

di Marianna Capasso


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