Italia ancora prima nell’economia circolare

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L’Italia è al primo posto, tra le cinque principali economie europee, nella classifica per indice di circolarità, anche se sta perdendo posizioni rispetto alle inseguitrici, soprattutto Francia e Polonia, che negli ultimi anni stanno crescendo con un ritmo più veloce. È quanto emerge dal “Rapporto nazionale sull’economia circolare in Italia” 2020 del CEN-Circular Economy Network, presentato via streaming ieri a Milano.

Indice di circolarità

L’indice di circolarità misura lo stato dell’economia circolare di un Paese, ovvero come vengono utilizzate in modo efficiente le risorse secondo alcuni indicatori suddivisi in cinque categorie: produzione, consumo, gestione dei rifiuti, mercato delle materie prime seconde, investimenti e occupazione.

Nell’indice complessivo, il nostro paese si conferma al primo posto con un valore di riferimento fatto a 100. Dietro si posizionano Germania con 89 punti, Francia con 88, quindi Polonia (72) e Spagna (71). Rispetto alla rilevazione precedente, la Spagna perde 6 punti, l’Italia due punti e la Germania uno, mentre recuperano la Francia (+7) e la Polonia (+2).
«Nell’economia circolare, l’Italia è partita con il piede giusto e ancora oggi si conferma tra i Paesi con maggiore valore economico generato per unità di consumo di materia» commenta Edo Ronchi, presidente del Circular Economy Network, la rete promossa dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, ENEA e da 14 aziende e associazioni di impresa. «Sotto il profilo del lavoro, siamo secondi solo alla Germania, con 517.000 addetti contro 659.000. In percentuale, gli occupati nei settori circolari sono il 2,06% del totale, valore superiore alla media UE 28 che è dell’1,7%». Ma ci sono anche alcune ombre: «Registriamo segnali di un rallentamento, precedente anche alla crisi del coronavirus. Nel nostro paese gli occupati nell’economia circolare sono diminuiti dell’1% tra il 2008 e il 2017» continua Ronchi. «È un paradosso che, proprio ora che l’Europa ha varato il pacchetto di misure per lo sviluppo dell’economia circolare, il nostro paese non riesca a far crescere questi numeri».

Italia prima nella produzione circolare

L’Italia si dimostra capace di sfruttare al meglio le scarse risorse destinate all’avanzamento tecnologico e registra un buon indice di efficienza: infatti, ogni chilogrammo di risorsa consumata genera 3,5 euro di PIL, contro una media europea di 2,24 euro. È invece in leggero calo la produttività energetica, con 9,9 euro prodotti per chilogrammo equivalente di petrolio. Nella quota di energia rinnovabile utilizzata rispetto al consumo totale di energia, l’Italia mantiene il suo primato, ponendosi davanti alle altre quattro economie UE con una quota del 17,8%.

Se le performance nazionali di circolarità nel segmento della produzione si confermano le migliori rispetto alle altre quattro principali economie europee, nella categoria consumo l’Italia scende in quarta posizione, senza miglioramenti significativi, mentre la Germania cresce di due punti. Nel 2018, il consumo nazionale di materia è stato pari a 500 milioni di tonnellate, con una lieve riduzione rispetto all’anno precedente. Nel confronto con le principali economie europee, il nostro paese rappresenta la realtà che registra i consumi minori, con un valore di materia consumata pari a oltre metà di quello registrato per la Germania. Passando al consumo di energia, nel 2018, l’Italia ha impiegato circa 116.000 TEP (tonnellate equivalenti di petrolio) di energia, valore costante rispetto all’anno precedente.

Italia prima anche nella gestione dei rifiuti

Per quanto concerne la gestione dei rifiuti, l’Italia e la Polonia si confermano al primo e secondo posto, con il nostro paese che guadagna un punto rispetto all’indice del 2019. La produzione pro capite di rifiuti urbani in Italia nel 2018 ha toccato 499 kg/abitante, stabile rispetto al 2016, contro una produzione media europea di 488 kg/abitante. Cresce il riciclo dei rifiuti urbani, che nel 2018, ha raggiunto il 50%, ponendoci al secondo posto, dopo la Germania. La percentuale di riciclo di tutti i rifiuti è invece pari al 68%, nettamente superiore alla media europea (57%) e, in questo frangente, guidiamo la classifica dei “big five”. Lo smaltimento in discarica è sceso dal 48% del 2009 al 22% del 2018, in linea con la media europea, ma con valori ancora elevati rispetto a Germania e Francia. Il tasso di utilizzo circolare di materia risulta invece pari al 17,7%, inferiore a quello record registrato nel 2014 (18,5%). Nel confronto con gli altri Paesi europei, siamo dietro solo a Paesi Bassi (29,9%), Francia (18,6%), Belgio (17,8%) e Regno Unito (17,8%).

Investimenti e quadro normativo

Il nostro paese risulta invece penalizzato dalla scarsità degli investimenti, che si traduce nella carenza di eco-innovazione (siamo all’ultimo posto per brevetti). Gli investimenti lordi in beni materiali sono stati pari a 1,637 miliardi di euro, collocandoci al secondo posto dopo la Germania.

Siamo secondi anche per quanto riguarda l’occupazione in alcuni settori dell’economia circolare (riparazione, riutilizzo e riciclo), con una percentuale del 2,06% rispetto all’occupazione totale, subito dietro alla Polonia (il 2,2%). Il valore aggiunto nei settori dell’economia circolare sfiora in Italia i 18,6 miliardi di euro, pari all’1,07% del PIL. Vale la pena sottolineare come questo valore sia superiore a quella di Francia, Germania e Spagna.

Gli investimenti lordi in beni materiali in valore assoluto hanno raggiunto in Italia quota 1,637 milioni di euro: siamo al secondo posto dopo la Germania (manca per il 2016 il dato della Francia). Il dato rispetto al PIL per l’Italia è però pari solo al 0,09%.

Il Rapporto rileva invece, alcune criticità sul fronte normativo: «Non è stata ancora definita la Strategia nazionale e il Piano di azione per l’economia circolare, due strumenti che potrebbero servire al Paese anche per avviare un percorso di uscita dai danni economici e sociali prodotti dall’epidemia del coronavirus ancora in corso» sottolinea Ronchi.

Cresce la bioeconomia

Quest’anno il Rapporto del Circular Economy Network contiene un approfondimento sulla bioeconomia, che cresce di valore e peso: il giro d’affari in Europa viene stimato in 2.300 miliardi di euro con 18 milioni di occupati. Solo in Italia, l’insieme delle attività connesse alla bioeconomia – agricoltura, silvicoltura, pesca e industria che utilizza risorse biologiche tra cui la chimica verde – vale oltre 312 miliardi di euro e circa 1,9 milioni di addetti. Questo grande settore può rivelarsi un tassello fondamentale nella salvaguardia delle risorse naturali, sottolinea il Rapporto, a condizione che sia rigenerativa, ovvero basata su risorse biologiche rinnovabili e utilizzate difendendo la resilienza degli ecosistemi, senza compromettere il capitale naturale con prelievi e modalità di impiego che ne intacchino gli stock.

Scarica il Rapporto CEN


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