Gli italiani sono plastic free?

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Cosa pensano gli italiani della plastica e degli imballaggi monouso? Come vedono il futuro del pianeta? Cosa chiedono alle aziende e cosa sono disposti a fare per un mondo migliore? A queste domande cerca di dare risposta una recente ricerca di mercato lanciata dalla società di ricerca Ipsos.

Italiani consapevoli, ma disposti a fare qualcosa?

Gli italiani intervistati da Ipsos sono consapevoli di essere la causa dell’inquinamento ambientale, in particolare della formazione delle isole di plastica al largo degli Oceani, quindi parte del problema: lo ammette il 74% del campione, mentre otto su dieci temono di essere alle soglie di un vero e proprio disastro ecologico. La consapevolezza dell’emergenza ambientale, che in passato sembrava solo sfiorare i cittadini, si sta consolidando grazie all’emergenza climatica e alle iniziative green sempre più spesso rilanciate e amplificate dai media.
«Oggi l’emergenza ecologica non è più percepita come priorità solo da una ristretta élite, ma è un problema vissuto dalla gran parte delle persone, che se ne fa carico attraverso, prima di tutto, l’acquisizione di conoscenza qualificata» ha commentato Andrea Alemanno, Ipsos Senior Client Officer, nel presentare i dati della ricerca. «Basti pensare che negli ultimi quattro anni l’attenzione e la volontà di apprendere nozioni specifiche in materia ambientale è cresciuta del 65%».

Se nel 2014 solo il 12% degli intervistati affermava di conoscere bene il concetto di sostenibilità, la percentuale è oggi è salita al 20% e un altro 50% ammette di conoscere il tema almeno a grandi linee. Ciò detto, solo uno su cinque adotta quotidianamente comportamenti sostenibili, cinque su dieci si dicono aperti, ma c’è sempre un 30% che si dichiara scettico o indifferente al tema ambientale.

A muovere verso la sostenibilità è l’etica – ovvero la propensione a rispettare l’ambiente e le altre persone –, la paura – a cui però ci si può assuefare facilmente –, oppure la percezione di innovazione e qualità insita nei beni prodotti in modo sostenibile: si passa cioè «Dal prodotto etico a quello ispirazionale, ovvero “buono per il mondo, ma buono anche per me» ha spiegato Alemanno. Quest’ultima motivazione, che sembra crescere nei cittadini, potrebbe essere il giusto atteggiamento per modificare abitudini e consuetudini altrimenti difficili da sradicare.

Si può fare a meno della plastica?

La plastica, almeno a parole, piace poco agli italiani, almeno quando è sotto i riflettori come nel caso degli articoli monouso: solo il 12% degli intervistati la ritiene un materiale sostenibile, percentuale che però sale sensibilmente quando si parla di plastica riciclabile – sostenibile per il 40% degli italiani – o di bioplastica, ritenuta green dal 47% del campione. In generale, la plastica è considerata un problema molto serio per la metà degli intervistati. Uno su quattro ammette però che il problema dell’inquinamento marino da plastica esiste, ma può essere risolto e uno su cinque ritiene che basterebbe riciclarla adeguatamente. Solo un intervistato su cento è convinto che l’emergenza sia solo frutto di allarmismo.

Nell’immaginario collettivo, evitare l’uso della plastica resta in ogni caso molto difficile, soprattutto nel quotidiano. I prodotti monouso in plastica a cui gli italiani farebbero più fatica a rinunciare sono, nell’ordine: bottiglie d’acqua (indispensabili per il 33% del campione), pellicole trasparenti per alimenti (27%), contenitori riutilizzabili per alimenti (16%), contenitori per detersivi (14%), abbigliamento come pile e microfibre (13%); sacchetti di plastica (12%); posate monouso (12%) e, infine, i giocattoli (11%).

Le aziende fanno abbastanza?

I ricercatori dell’Ipsos hanno voluto sondare la percezione che i consumatori hanno dei comportamenti responsabili delle aziende, chiamate a diventare parte della risoluzione dei problemi ambientali della società. Quasi otto intervistati su dieci ritengono non stiano facendo abbastanza sul fronte della sostenibilità e una percentuale analoga (77%) considera la riduzione delle emissioni e l’impatto ambientale l’ambito più importante su cui si devono concentrare le politiche di responsabilità sociale delle imprese. Un valore superiore al 50% ritiene inoltre molto importante l’impegno a preoccuparsi delle condizioni lavorative dei propri dipendenti o di migliorare la qualità dei prodotti e servizi a beneficio dei consumatori (37%), relegati però in seconda e terza posizione.

Non è però sempre facile scremare le aziende davvero responsabili da quelle impegnate solo a parole: il 67% ammette di avere difficoltà a individuarle, contro un 25% che invece ritiene privo di problemi il loro riconoscimento.

Essere responsabili conviene?
Le aziende più avanti nell’implementazione di processi sostenibili non solo vantano la reputazione più alta, ma rispetto alle altre presentano anche migliori indicatori economici. Dall’analisi Ipsos emerge infatti una maggiore crescita di fatturato, di export e di occupazione nelle imprese che nel biennio 2014-2016 hanno deciso di investire nel cosiddetto fattore “Green”. Queste aziende più lungimiranti rappresentano il 52,6% degli attori presenti nel comparto e fanno registrare un +5% di fatturato, un +16% di export e un +7% in termini di occupazione rispetto alla media delle imprese industriali che non hanno scommesso sulla sostenibilità.

I cittadini sono pronti a pagare di più?

I ricercatori si sono anche domandati in che modo i consumatori più consapevoli siano disposti a ripagare le aziende che sposano la responsabilità sociale. Il 68% si dichiara disponibile a pagare di più i prodotti o i servizi, il 90% a sceglierle come fornitori privilegiati, mentre l’85% si dichiara perfino disposto a investire su di esse e l’83% a consigliarle a un giovane promettente in cerca di lavoro.

Anche i legislatori sono chiamati in causa dallo studio. Un consumatore su tre si dichiara favorevole a un intervento esterno che penalizzi i prodotti non riciclabili, il 46% obbligherebbe le amministrazioni pubbliche ad acquistare prodotti riciclabili e il 33% a tassare i negozi che vendono prodotti non sostenibili o gli stessi prodotti qualora non si dimostrino sufficientemente sostenibili (30%). Solo il 24% è però d’accordo a multare le famiglie che non riciclano abbastanza.

Packaging sotto i riflettori

La ricerca si è quindi concentrata sugli imballaggi. Il packaging è infatti al centro dell’attenzione dei consumatori per quanto concerne il loro impatto ambientale. Nove su dieci si dicono preoccupati, pronti anche a modificare i propri atteggiamenti di acquisto, per esempio smettendo di comprare beni imballati con materiali non riciclabili (41% del campione) o evitando di mettere piede in negozi che usano molti imballi non riciclabili (24%). Di contro, il 53% dichiara di acquistare prodotti realizzati con materiali riciclati e il 48% di riutilizzare gli articoli monouso.

Non è però sempre facile differenziare i rifiuti da imballaggio in modo corretto, tanto che due terzi degli intervistati afferma di avere difficoltà a comprendere i simboli e le etichette riportate sulle confezioni, perché troppo numerosi o poco comprensibili.

L’imballaggio è anche il primo fattore di sostenibilità su cui viene valutato un brand. Secondo gli intervistati, per essere considerata rispettosa dell’ambiente, un’azienda deve infatti utilizzare materiali da imballaggio eco-sostenibili (41%), ridurre al minimo gli scarti di produzione (39%) o l’over packaging (34%) e, possibilmente, mostrarsi molto efficiente nella riduzione degli sprechi di materiale (33%).

Plastica, la meno sostenibile

Come prevedibile, visto l’attacco mediatico a cui è sottoposta ormai da mesi, la plastica è considerata il materiale da imballaggio meno sostenibile, dimostrando così che la sua reputazione è ai minimi storici, ma – va detto – i consumatori mostrano anche fiducia sul fatto che la tecnologia possa risolvere il problema. In questo caso – e questa è la sfida da vincere per il settore – potrebbero tornare a essere rivalutati gli aspetti positivi quali sicurezza, lunga conservazione dei prodotti, leggerezza, praticità ed economicità. «In generale, i consumatori cercano sempre più una coerenza tra forma e contenuto, ovvero si diffonde il concetto, soprattutto sui social che fanno da amplificatore dei trend, che il packaging debba essere portatore degli stessi valori di sostenibilità del prodotto, ovvero – si potrebbe dire – che in questo caso l’abito fa il monaco» ha spiegato Diego Persali, direttore Divisione Marketing Understanding di Ipsos, intervenendo per spiegare come è cambiata negli anni la percezione dell’imballaggio.


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