Le straordinarie proprietà meccaniche e la resistenza alle elevate temperature proprie delle poliammidi è dovuta ai legami idrogeno che si formano tra i gruppi amminici e carbonilici, impedendo lo scorrimento delle catene polimeriche
di Giovanni Lucchetta (Università di Padova) e Carlo Grassini (RadiciGroup High Performance Polymers)
La scoperta delle poliammidi è una storia affascinante, che combina l’innovazione scientifica con un pizzico di serendipità, un termine dall’origine interessante che in sostanza significa: trovare qualcosa mentre si stava cercando tutt’altro. Negli Anni Trenta, Wallace Carothers, un brillante chimico dei laboratori DuPont, era impegnato nella ricerca di nuovi materiali sintetici. Durante i suoi esperimenti, Carothers stava cercando di creare un polimero resistente e versatile. Fu in questo contesto che, quasi per caso, nel 1935 riuscì a sintetizzare la poliammide 66 (PA66). Questa scoperta, in parte fortuita, produsse un materiale capace di essere filato in fibre, offrendo un’alternativa sintetica alla seta naturale, che all’epoca era costosa e difficile da reperire.
La PA66, che Carothers e il suo team brevettarono sotto il nome commerciale di Nylon, fu un successo immediato. La sua introduzione sul mercato nel 1938 rivoluzionò numerosi settori, dalla moda all’industria militare, sostituendo la seta nei paracaduti e in molti altri prodotti durante la Seconda Guerra Mondiale.
Tuttavia, mentre il Nylon stava guadagnando popolarità e apprezzamento, Wallace Carothers purtroppo non visse abbastanza per vedere il pieno impatto della sua scoperta. Afflitto da problemi personali e da una depressione che lo accompagnò per gran parte della sua vita, Carothers si suicidò nel 1937, un anno prima del lancio commerciale del Nylon. La sua tragica scomparsa aggiunge una nota di amarezza alla storia del Nylon, ricordandoci che dietro ogni grande innovazione ci sono le storie personali, e talvolta complesse, degli scienziati.
Contemporaneamente, nel 1938, Paul Schlack (IG Farben) sviluppò un’altra variante di poliammide, nota come poliammide 6 (PA6), sfruttando la polimerizzazione del caprolattame. Anche se Schlack operava in un contesto di concorrenza con DuPont, la creazione di quello che sarebbe diventato noto come Nylon 6 arricchì ulteriormente il panorama delle poliammidi, offrendo ulteriori possibilità di applicazione e innovazione. La scoperta di Schlack fu altrettanto importante, poiché fornì un’alternativa a coloro che non potevano accedere al Nylon brevettato da DuPont.
Il ruolo cruciale dei legami idrogeno
Oggi, PA66 e PA6 sono le forme di poliammidi più diffuse sul mercato (vedi figura 1). La loro popolarità è dovuta alla combinazione di eccellenti proprietà meccaniche, termiche e chimiche, che le rendono adatte a una vasta gamma di applicazioni industriali. Entrambe le varianti sono caratterizzate dalla presenza del gruppo ammidico (-CONH-), una struttura chimica che svolge un ruolo cruciale nel determinare le proprietà fisiche e meccaniche delle poliammidi, perché consente la formazione di legami idrogeno tra le catene polimeriche.
Un legame idrogeno si forma quando un atomo di idrogeno, legato covalentemente a un atomo molto elettronegativo (cioè che attira fortemente a sé l’elettrone di legame), come l’azoto nel gruppo amminico (N-H), interagisce con un altro atomo elettronegativo: in questo caso l’ossigeno del gruppo carbonilico (C=O) di un’altra catena (vedi figura 2). Questi legami sono molto più forti dei legami secondari tipici dei polimeri termoplastici: possono essere da tre a quattro volte più forti rispetto ai legami dipolo-dipolo e fino a venti volte più forti delle forze di Van der Waals.
I legami idrogeno aumentano significativamente le interazioni intermolecolari tra le catene polimeriche. Ciò si traduce in maggiore resistenza meccanica, migliore stabilità termica e una più elevata resistenza chimica. Con riferimento al primo punto, è utile ricordare che la deformazione plastica e la rottura del materiale avvengono sempre e solamente per effetto dello scorrimento delle catene polimeriche le une sulle altre. Infatti, questi eventi non sono in alcun modo legati alla rottura delle catene polimeriche, che richiederebbe invece un’energia molto più elevata, e che si verifica generalmente solo in condizioni di degradazione, come, ad esempio, avviene con la termoossidazione o l’esposizione ai raggi UV.
Il fulcro della resistenza di queste poliammidi risiede, quindi, nei legami idrogeno che si formano tra i gruppi amminici e le funzioni carboniliche nei legami ammidici delle catene polimeriche adiacenti. Queste interazioni forti non solo aumentano la temperatura di fusione, ma migliorano anche significativamente le proprietà meccaniche (figura 3), proprio perché oppongono maggiore resistenza allo scorrimento delle catene polimeriche.
A seguito della cristallizzazione, le catene polimeriche si aggregano tipicamente in strutture simili a lamelle, alternando un orientamento parallelo a uno antiparallelo, il che è ottimale per massimizzare le interazioni tra i legami idrogeno. Tuttavia, l’effetto della cristallizzazione può portare a orientare molecole contigue in modo parallelo, ovvero quando sono allineate e procedono nella stessa direzione. Questa configurazione è tipica delle fibre ed è dovuta alla cristallizzazione indotta dalla deformazione.
Com’è evidenziato in figura 2, la disposizione delle catene varia tra il Nylon 66 e il Nylon 6 a causa delle differenze nella struttura dei gruppi metilenici (CH2) tra i legami ammidici: il Nylon 66 mostra blocchi di 6 e 4 gruppi CH2, mentre nel Nylon 6 ogni blocco contiene 5 gruppi CH2. Questa differenza strutturale modifica il modo in cui i legami idrogeno possono stabilizzarsi, incidendo direttamente su proprietà fondamentali come la flessibilità, la resistenza alla trazione e la resistenza termica del materiale. Il Nylon 66, a causa della sua struttura, può formare più legami idrogeno tra le proprie catene rispetto al Nylon 6, perché in quest’ultimo i legami idrogeno si formano solo quando le catene sono orientate in maniera contraria l’una rispetto all’altra.
Il maggior numero di legami idrogeno nella PA66 ne aumenta la cristallinità e la velocità di cristallizzazione, conferendogli una maggiore rigidità e un punto di fusione più elevato (260°C). La struttura più densa riduce la quantità d’acqua che il materiale può assorbire, migliorando la stabilità dimensionale.
Il minor numero di legami idrogeno nella PA6 porta a una minore cristallinità e un punto di fusione più basso(220°C), ma conferisce al materiale maggiore flessibilità e resistenza all’impatto. La struttura meno compatta permette un maggiore assorbimento d’acqua, che può influenzare la stabilità dimensionale e le proprietà meccaniche.
Poliammidi alifatiche, semiaromatiche e aromatiche
La famiglia delle poliammidi è estremamente vasta e non si limita solamente ai più noti Nylon 6 e 66. Le poliammidi possono essere suddivise in tre categorie principali, basate sulla loro struttura chimica:
- Poliammidi alifatiche. Questa categoria include, tra le altre: la PA6, la PA66 e le poliammidi “a catena lunga” come PA12, PA612, PA610, caratterizzate da catene che consistono interamente di unità alifatiche. Questi materiali sono noti per la loro eccellente resistenza meccanica e versatilità, trovando impiego in una vasta gamma d’applicazioni, dalla fabbricazione di fibre tessili ai componenti automobilistici. Alcune tipologie di polimeri possono essere parzialmente o totalmente di origine biologica.
- Poliammidi semiaromatiche. Questi polimeri sono “ibridi”: contengono sia unità alifatiche che aromatiche nelle loro strutture. Questa combinazione offre miglioramenti in termini di resistenza al calore e alla fiamma rispetto alle poliammidi puramente alifatiche, rendendole ideali per applicazioni che richiedono una maggiore stabilità termica.
- Poliammidi aromatiche. Comprendono polimeri come il Kevlar e il Nomex, famosi per le loro straordinarie proprietà di resistenza e durabilità. Le poliammidi aromatiche sono utilizzate in applicazioni che richiedono materiali estremamente resistenti, come nei giubbotti antiproiettile e nelle attrezzature per la protezione individuale. Non sono polimeri lavorabili tramite stampaggio a iniezione o estrusione, ma solo filabili (per esempio in soluzione) per ottenere rinforzi fibrosi per compositi.
Tutti questi polimeri condividono una caratteristica comune cruciale: la presenza del gruppo ammidico (-CONH-) nei loro monomeri, il quale gioca un ruolo fondamentale nel determinare le loro proprietà meccaniche, termiche e chimiche attraverso la formazione di legami idrogeno.
L’assorbimento d’acqua nelle poliammidi
Le poliammidi, notoriamente sensibili all’umidità, hanno una predisposizione naturale all’assorbimento dell’acqua, dovuta principalmente alla presenza dei gruppi polari C=O ed N-H. Questi gruppi sono essenziali perché possono legarsi liberamente all’acqua. Tuttavia, è solo la parte amorfa delle catene polimeriche a essere coinvolta in questo processo, mentre le regioni cristalline non partecipano all’assorbimento (figura 4). L’acqua assorbita agisce da plastificante all’interno del materiale, migliorando la mobilità delle catene polimeriche e alterando così la temperatura di transizione vetrosa e le proprietà meccaniche del polimero.
Questo fenomeno influisce in modo significativo sulle proprietà del materiale:
- Il materiale diventa più flessibile e duttile, ma meno resistente, con un miglioramento della resistenza all’impatto.
- Le proprietà elettriche vedono una riduzione nella resistività, influenzando l’isolamento del materiale.
- Le proprietà dimensionali del materiale cambiano a seguito del leggero rigonfiamento causato dall’acqua, portando a un aumento delle dimensioni del componente. Contrariamente a quanto si è portati a pensare, la dilatazione igroscopica è, tutto sommato, un fenomeno abbastanza contenuto, specie per i gradi rinforzati.
La velocità con cui le poliammidi raggiungono l’equilibrio di assorbimento d’acqua non dipende solo dalla composizione del materiale, ma anche da fattori esterni come la forma del componente, lo spessore, le condizioni di temperatura e umidità dell’ambiente. Questi elementi possono accelerare o rallentare il processo, influenzando così la prontezza d’uso e la durabilità del materiale nelle applicazioni pratiche.
Versatilità delle poliammidi attraverso il compounding
Una caratteristica distintiva delle PA è la loro incredibile versatilità ottenuta mediante il compounding: un processo che integra vari additivi per modulare e ottimizzare le proprietà del materiale. Gli additivi come i modificanti d’impatto, i plastificanti e i ritardanti di fiamma, insieme alle cariche minerali e ai rinforzi fibrosi, conferiscono alle poliammidi un ampio spettro di proprietà fisiche e meccaniche, adattabili a esigenze specifiche.
Modificanti d’impatto e plastificanti migliorano la duttilità e la resistenza agli urti delle poliammidi. Per esempio, l’aggiunta di elastomeri come l’EPDM (Etilene-Propilene-Diene Monomero) o il SEBS (Stirene-Etilene/Butilene-Stirene) trasforma la poliammide in un materiale capace di assorbire gli urti senza fratturarsi, ideale per componenti automobilistici come paraurti e parti del cruscotto, che devono resistere all’impatto senza rompersi.
I ritardanti di fiamma sono cruciali per applicazioni che richiedono elevati standard di sicurezza contro il fuoco. Aggiungendo composti alogenati (ma sempre più spesso esenti da alogeni e basati su composti con fosforo o azoto), le poliammidi possono superare rigorosi test di infiammabilità, rendendole ideali per l’uso in elettrodomestici, componenti elettronici e nel settore dei trasporti, dove la resistenza al fuoco è una priorità.
Cariche minerali, come la silice o il talco, migliorano le proprietà termiche e la stabilità dimensionale delle poliammidi. Queste cariche rendono il materiale più rigido e resistente al calore, perfetto per applicazioni che operano ad alte temperature, come parti del motore o componenti di apparecchiature industriali.
Rinforzi fibrosi, come le fibre di vetro o di carbonio, sono usati per incrementare notevolmente la resistenza meccanica e la stabilità termica delle poliammidi. Le fibre di vetro sono comuni nei componenti strutturali per l’automotive, i trasporti, lo sport/tempo libero e le applicazioni industriali in genere, dove è richiesta una resistenza elevata con un peso relativamente basso. Le fibre di carbonio, offrendo una rigidità ancora maggiore con meno peso, trovano impiego in applicazioni di ingegneria avanzata, come “supercar” e componenti aerospaziali, e nel settore dello sport, per attrezzature ad alte prestazioni.
Il riciclo delle poliammidi
Nel contesto dell’economia circolare, il riciclo delle poliammidi gioca un ruolo cruciale nel ridurre l’impatto ambientale e nel promuovere un uso sostenibile delle risorse.
Il riciclo meccanico è oggi il metodo più largamente utilizzato. Prevede la raccolta, la pulizia, la macinazione, la selezione e la rigranulazione dei rifiuti di PA, trasformandoli in nuovi materiali che possono essere riutilizzati in diverse applicazioni industriali (figura 5). Questo processo è particolarmente vantaggioso per i materiali post industriali (PIR) o per i feedstock post consumo (PCR), debitamente selezionati. I primi vengono dirottati dal flusso di rifiuti durante il processo di recupero, i secondi recuperati tramite filiere dedicate a valle del consumo, e possono essere facilmente reintrodotti nei cicli produttivi mantenendo sotto controllo le possibili perdite di proprietà meccaniche.
RadiciGroup High Performance Polymers, con la sua lunga esperienza nella formulazione e nel riciclo dei materiali, ha sviluppato Renycle®: una gamma di compound a base di PA6 e PA66 che incorporano fino al 100% di materiali selezionati, post industrial e post consumer. Tali materiali, oltre a ridurre l’impatto ambientale – dimostrato da una diminuzione fino al 70% nel potenziale di riscaldamento globale per kg di materiale – mantengono eccellenti proprietà meccaniche.
Queste prestazioni rendono Renycle® adatto per applicazioni in settori che richiedono materiali ad alte performance, come l’automotive e l’elettrico, dove la durabilità e la resistenza sono essenziali. La possibilità di personalizzare il processo di formulazione per soddisfare specifiche esigenze applicative permette a RadiciGroup di ottimizzare le caratteristiche del materiale riciclato, assicurando così che il materiale non sia solo sostenibile, ma anche tecnicamente valido per applicazioni impegnative.
(Articolo tratto dalla rivista Plastix n. 7, ottobre 2024)