Rifiuti in plastica: cosa farne?

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Foto BeCauseWater

Ogni anno in Europa, 10 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica post consumo finiscono in discarica, mentre potrebbero essere riciclati e avviati al recupero energetico. Questo, ma anche le opportunità occupazionali che l’industria del riciclo potrebbe generare, sono alcuni dei temi trattati dal nuovo “Green Paper on Plastics Waste in the Environment” pubblicato oggi dalla Commissione UE, che apre il dibattito sulla nuova strategia da adottare per promuovere il recupero, il riuso e il riciclo dei rifiuti plastici, in vista della revisione della legislazione europea nel 2014

Janez Potočnik, Commissario per l’Ambiente, ha così dichiarato: “I rifiuti di plastica e la loro gestione rappresentano una grande sfida per la tutela dell’ambiente, ma sono anche una formidabile occasione per rendere più efficienti le nostre risorse. In un’economia circolare, in cui più si ricicla più si sopperisce alla scarsità delle materie prime, sono convinto che la plastica abbia un futuro. Invito tutti gli interessati a partecipare a questo processo di riflessione su come trasformare la plastica da problema a parte della soluzione.”

Il Libro verde evidenzia l’importanza della plastica in molti processi e applicazioni industriali e i benefici economici che potrebbero derivare da tassi di riciclaggio più alti. Con l’aumento della popolazione mondiale e il concomitante assottigliarsi delle risorse naturali, riciclare la plastica si porrà come alternativa allo sfruttamento delle risorse primarie. Per accelerare questo cambiamento occorre sostenere la progettazione ecocompatibile e l’innovazione ambientale migliorando il contesto normativo entro cui si inquadrano, ad esempio facendo in modo che nella progettazione dei prodotti di plastica siano contemplati gli aspetti della prevenzione e del riciclaggio dei rifiuti.

La legislazione UE vigente in materia di rifiuti non contiene norme specifiche che regolino i problemi particolari posti dai rifiuti di plastica: gli Stati membri sono sì tenuti a privilegiare la prevenzione e il riciclaggio rispetto ad altri metodi di smaltimento, e ciò per tutti i flussi di rifiuti indicati nella direttiva quadro sui rifiuti, ma è chiaro che questo approccio non è sufficiente. Con il Libro verde s’intende raccogliere dati e pareri per valutare l’impatto prodotto dai rifiuti di plastica e definire una strategia europea per mitigarlo. Gli interessati sono invitati a contribuire indicando se ritengono necessario modificare la legislazione vigente, e in che modo, per affrontare la questione dei rifiuti di plastica e promuoverne il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero, dando la preminenza a queste pratiche rispetto allo smaltimento in discarica.

Il Libro verde, oltre a sollecitare pareri circa l’efficacia degli obiettivi potenziali di riciclaggio e delle misure economiche quali divieti di smaltimento in discarica, tasse sulle discariche e sistemi di tariffazione in base alla quantità di rifiuti prodotti (“pay-as-you-throw”), chiede come si può migliorare la progettazione modulare e chimica della plastica per aumentarne la riciclabilità, in che modo ridurre i rifiuti marini e se è utile promuovere la plastica biodegradabile.

Le prossime tappe
La consultazione, che si articola in 26 domande, durerà fino all’inizio di giugno 2013. Il suo esito concorrerà a definire gli interventi da attuare su questo fronte nel 2014, nell’ambito più vasto del riesame della politica in materia di rifiuti: riesame che verterà in particolare sugli attuali obiettivi per il recupero dei rifiuti e lo smaltimento in discarica, e comprenderà una valutazione ex post di cinque direttive che disciplinano vari flussi di rifiuti.

Il contesto
Nell’arco di poco più di un secolo la plastica è divenuta un materiale indispensabile nella progettazione e nella produzione di beni di consumo di massa. Dal 1950 al 2008, in soli 50 anni, la produzione mondiale di plastica è passata da un milione e mezzo a 245 milioni di tonnellate annue, seguendo un andamento che non accenna ad arrestarsi. L’ambiente marino è particolarmente vulnerabile ai rifiuti di plastica: l’80% degli enormi agglomerati di rifiuti che galleggiano sull’oceano Atlantico e Pacifico è costituito da plastica e a farne le spese sono le specie marine, che vi restano intrappolate oppure la ingeriscono. È proprio la presenza di questi residui sulle coste e nei mari più reconditi del pianeta che dimostra come vi sia un prezzo da pagare per la produzione eccessiva di rifiuti di plastica. La plastica convenzionale contiene peraltro svariati additivi chimici, talvolta in grandi quantità, che possono essere cancerogeni, provocare altre reazioni tossiche o perturbare il sistema endocrino.

L’attuale legislazione contiene già alcuni elementi strategici da cui partire per affrontare questo problema: tra gli aspetti contemplati dalla direttiva quadro sui rifiuti (2008/98/CE) vi sono il principio del ciclo di vita, la priorità alla prevenzione rispetto alle operazioni di trattamento dei rifiuti, la responsabilità estesa del produttore, l’efficienza delle risorse e la loro conservazione, mentre la Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse, pubblicata nel 2011, e il Settimo programma d’azione per l’ambiente, proposto dalla Commissione nel 2012 e attualmente all’esame di Parlamento europeo e Consiglio, si spingono oltre, arrivando a considerare un obiettivo quantitativo di riduzione dei rifiuti marini di portata UE.

© Tecniche Nuove – Riproduzione riservata


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