Leggere il mercato, investire con responsabilità, rispettare l’ambiente, curare la forza lavoro: questi sono i cardini di una multinazionale ad azionariato familiare, Sirmax, che continua a essere protagonista in Italia e nel mondo. Ne parliamo con il CEO, Massimo Pavin
La redazione di Plastix ha visitato di recente la società Sirmax di Cittadella (Padova), storica azienda italiana fondata nel 1964, da sempre attiva nella ricerca, nello sviluppo e nella produzione di materiali termoplastici. L’azienda, oggi divenuta un vero e proprio gruppo di caratura internazionale, è tra i principali produttori al mondo di compound di polipropilene, tecnopolimeri, elastomeri termoplastici, polimeri riciclati e biopolimeri, grazie a sei stabilimenti produttivi in Italia, due in Polonia, uno in Brasile, due in USA e due in India, e a vari uffici commerciali per clienti sparsi in 46 paesi nel mondo. Il gruppo fornisce compound per differenti settori di sbocco, come: automotive, home appliances, elettrico ed elettronico, power tools, edilizia, packaging ecc.
Abbiamo intervistato il CEO, Massimo Pavin, imprenditore che è stato in grado di far diventare una “multinazionale tascabile” quella che oggi è una realtà managerializzata ma ancora con azionariato familiare. Abbiamo discusso di progetti futuri, di tendenze tecnologiche, di eventi internazionali, di geopolitica e di previsione dei trend del mercato. Descriviamo dunque concretamente come ragiona e in quale modo si muove uno dei più brillanti imprenditori italiani nel settore della plastica.
Agganciata la ripresa post Covid
«Nel 2022 il nostro fatturato», esordisce Pavin, «si è attestato attorno ai 500 milioni di euro, anche grazie all’impulso alle vendite durante i due anni di pandemia e all’aumento dei prezzi delle materie prime. I dati di consuntivo del 2023 mostrano invece una contrazione di questi numeri, in particolare per la riduzione dei prezzi delle materie prime e per la flessione della domanda in Europa. Siamo in ogni caso concentrati sul futuro: effettuiamo costantemente indagini di mercato e ipotizziamo scenari futuri anche grazie ai nostri manager e alla collaborazione con primarie società di consulenza. Cerchiamo di prevedere come evolverà il mondo e, di conseguenza, decidiamo come investire».
In quale modo è stato possibile affrontare il mercato nel periodo del Covid?
«Nessuno avrebbe potuto prevedere il Covid; il nostro merito è stato quello di essere stati pronti e veloci di fronte ai cambiamenti ed estremamente flessibili davanti alle richieste del mercato. La nostra è una struttura solida ma anche snella, dunque siamo riusciti a sopportare finanziariamente il periodo di crisi meglio di realtà più piccole, ma anche ad adattarci più velocemente alla situazione rispetto a competitor decisamente più rigidi.
Grazie al nostro rapporto consolidato con fornitori locali siamo riusciti a non far mancare le materie prime; abbiamo guadagnato nuovi clienti, non tanto con l’idea di aumentare i margini di guadagno, quanto piuttosto cercando di fidelizzarli con contratti di lungo periodo. La mossa è stata molto importante perché ci ha permesso di acquisire molti clienti nuovi che sono rimasti a noi legati anche successivamente al “boom” della pandemia».
Investimenti a 360 gradi
Quanto sopra descritto spiega la crescita vigorosa di Sirmax fino al 2022, prima della flessione della domanda, il che ha permesso, in particolare, di reinvestire parte del proprio fatturato in progetti innovativi. Pavin: «Negli ultimi 4 anni, abbiamo reinvestito circa 130 milioni di euro in progetti ad alto valore aggiunto incentrati sulla sostenibilità e sul rispetto dell’ambiente, tema che è sempre più decisivo, in particolare in un settore come il nostro. Abbiamo investito in tutti i nostri stabilimenti al fine di aumentare l’efficienza complessiva, in particolare in quelli dedicati al riciclo meccanico da post consumo a Salsomaggiore (Parma) e da post industriale ad Anderson, in Indiana, negli USA. Abbiamo anche incrementato la capacità produttiva di biopolimeri nello stabilimento di Pianiga (Venezia) e dei tecnopolimeri e antifiamma nei plant di Kutno, in Polonia, per esaltare il concetto di “multiproducts” in “multicountry”. Grazie alle nuove capacità dello stabilimento polacco, inoltre, abbiamo intrapreso un’ulteriore nuova direzione di business, che è quella dei compound “morbidi”, cioè degli elastomeri termoplastici, da affiancare a quelli rigidi».
Del resto, la possibilità di offrire una varietà di compound e non un unico prodotto è un valore aggiunto del gruppo veneto. Sirmax, inoltre, investe fortemente in ricerca e sviluppo, in particolare grazie alla collaborazione con molti atenei operanti nel settore della chimica e dei materiali, in Italia e all’estero: «Noi spingiamo affinché i ragazzi in università elaborino tesi di laurea su argomenti di interesse tecnologico sia per Sirmax e sia per la stessa università: il più delle volte, il ragazzo, una volta laureato, continua a collaborare con noi e con l’ateneo mediante dottorati di ricerca. Attraverso questo investimento, riusciamo a ottenere notevoli risultati in termini di innovazione, e in più aiutiamo le università a crescere dal punto di vista delle tecnologie e del supporto applicativo».
Si lega a questa dinamica ciò che Sirmax ha fatto con Smart Mold, spin-off dell’Università di Padova e oggi parte di Sirmax Group. Nato nell’ambito dello stampaggio a iniezione e nella progettazione di parti e componenti mediante sistemi innovativi di simulazione, si pone l’obiettivo, da un lato, di facilitare la lavorazione di materie plastiche riciclate e, dall’altro, di ridurre la quota di plastica presente all’interno di un manufatto. Questa sinergia ha portato a numerosi brevetti sviluppati da Smart Mold e utilizzati da Sirmax, in particolare sui prodotti riciclati.
Il tema del riciclo
«Grazie alla partnership con Smart Mold, riusciamo ad affiancare molti clienti che desiderano sviluppare o riprogettare prodotti ad alto contenuto di materiale riciclato, in quanto il comportamento della plastica con elevata quota di riciclato può essere molto differente da quello completamente vergine», precisa il CEO che, sul tema del riciclo, aggiunge: «All’inizio degli Anni Novanta, quando cominciò la mia esperienza personale di CEO, i materiali da riciclo venivano considerati di serie B, perché non permettevano di ottenere prodotti qualitativamente superiori.
Da alcuni anni a questa parte, invece, con il perfezionamento delle relative tecnologie, puntare al riciclo è divenuto un fattore strategico in molti ambiti, vista la necessità di ridurre l’impatto ambientale e le emissioni di CO2. Molti clienti spingono verso questa direzione e noi li vogliamo accompagnare, sia per convinzione etica – poiché non ci si può più esimere dal ragionare in termini di economia circolare – sia per essere competitivi anche in settori che portano nuove quote di mercato al di là del nostro storico core business, che è nella lavorazione della plastica vergine.
Non a caso, ormai da un quinquennio le applicazioni in tal senso crescono in maniera costante e Sirmax sta profondendo molti sforzi in ambiti nuovi, come per esempio quello del recupero del packaging “food contact”, in gran parte monouso». Tuttavia, essere “riciclatori” è tutt’altro che semplice: «È vero: un prodotto con una quota di materiale riciclato al proprio interno ha tanta tecnologia alle spalle e impone investimenti significativi innanzitutto in termini progettuali e impiantistici, come nel caso di New Life, dove si è intervenuti all’interno delle varie fasi del processo, dalla selezione al lavaggio, fino al momento della compoundazione (effettuata nel quartier generale di Cittadella). Richiede anche un notevole impegno sotto il profilo normativo e burocratico, per esempio per soddisfare il tema delle omologazioni delle parti in ambito automotive, oppure per adempiere la conformità a direttive sempre più stringenti e severe come il REACH o il regolamento riguardante l’etichettatura degli imballaggi.
Nel prossimo futuro, sempre più parti e componenti di automobili, elettrodomestici ecc., saranno – o forse addirittura “dovranno” – essere realizzati con specifiche quote di plastica riciclata e ricavate da manufatti a fine vita, verosimilmente in percentuali sempre maggiori, anche sino al 30%. Per tale motivo, occorre spingere senza indugio sulla ricerca e sugli investimenti».
Guerre, inflazione ed espansione geografica
Massimo Pavin torna alla geopolitica e aggiunge: «Dopo il periodo del Covid, durante il quale le persone hanno acquistato una grande quantità di beni durevoli, il mercato si è naturalmente sgonfiato. Alla scarsa domanda sono subentrati altri fattori pericolosi come la guerra in Ucraina, la crisi energetica, il confitto tra Palestina e Israele, nonché le conseguenti tensioni tra USA, Cina e altri grandi paesi nel mondo.
Tutto questo, unitamente al galoppare dell’inflazione e all’aumento dei tassi d’interesse che hanno minato la capacità di spesa delle famiglie, ha amplificato la diminuzione della domanda di beni durevoli.
In alcune aree, tuttavia, come Nord e Sud America, avendo un business ancora in espansione, abbiamo risentito meno della situazione di crisi, pur essendo simile a quella europea. Anzi, puntando su velocità e flessibilità, siamo riusciti a crescere e a guadagnare quote di mercato in tali aree, che sono storicamente più chiuse e meno propense a dare fiducia a nuovi fornitori».
Una finestra sul mondo automotive e sull’India
Uno dei settori che per Sirmax ha meno risentito dell’ondata di crisi è quello dell’automobile, e Pavin ne spiega i motivi: «Il settore automotive, al contrario di quelli dell’elettrodomestico ed elettronico, è meno attaccabile dai “compoundatori” indipendenti, che sono nostri concorrenti; inoltre, è riuscito a mantenere i margini di guadagno di un tempo, semplicemente riducendo di un 10% il numero di veicoli immessi sul mercato. Inoltre, Sirmax è riuscita a mantenere alto il fatturato nel comparto, grazie al fatto che opera per marchi di vetture di fascia alta, che hanno risentito meno del calo del mercato».
A proposito di automobile, un capitolo a parte merita il caso dell’India: «Il PIL indiano cresce attorno al 7% ogni anno, ed è un PIL che viene generato soprattutto dal mercato interno, a differenza di quello cinese che è invece dipendente dall’export. L’attuale politica indiana del “Making in India” aiuta a far crescere la manifattura interna, ad aumentare il tasso tecnologico delle imprese locali e a rendere l’industria indiana il meno possibile dipendente da altri paesi, in primis dalla Cina. Non è un caso che in India, nonostante il tentativo di crescita di marche coreane, giapponesi e tedesche, la maggior arte delle automobili sia di marca, appunto, indiana: Tata, Mahindra e Maruti Suzuki coprono l’80% delle vetture presenti nel paese. Sirmax ha deciso, fin dal 2017, di puntare sull’India ma non con una propria filiale, che ben poche chance di successo avrebbe avuto, ma ricorrendo a una joint venture con un’azienda posseduta da una delle più antiche famiglie locali operanti nel settore della plastica.
Oggi, Autotech-Sirmax è detenuta al 50% dal nostro gruppo: opera con tecnologia italiana ma possiede dirigenza e manodopera locale. È in grado di produrre materie plastiche con una qualità di prodotto comparabile a quella europea, il che è un risultato impensabile per un’impresa che fino a pochissimi anni fa era abituata a lavorare con molta manovalanza, scarsamente qualificata, pochi macchinari e inesistente automazione. Nel paese sono operativi due stabilimenti, a Valsad (Mumbai) e a Palwal (Delhi), ma entro il 2026 sarà costruito un terzo stabilimento nei pressi di Hosur, che coprirà l’area sud del paese e porterà i plant complessivi del gruppo a 14 e questo dimostra che via via il nostro business in India si sta intensificando. L’alta qualità dei compound oggi prodotti in India permette di essere fornitori di aziende di livello, sulla spinta di realizzazioni di infrastrutture stradali, ferroviarie ed energetiche, che hanno ancora molti problemi ma sono in continuo miglioramento e sviluppo».
In attesa della ripresa
«Gli ultimi dati OCSE», riprende Pavin analizzando le prospettive del mercato, «indicano una crescita dello 0,7% per il 2024 e dell’1,2% per il 2025. L’inflazione, e quindi i tassi di interesse, scenderanno, il che aprirà le porte a nuovi investimenti e a una ripresa dei consumi, anche nel nostro Paese. Resta il dubbio sulla Germania, che sta vivendo una fase di stagnazione ed è necessario invece che riparta, essendo trainante per l’intera economia europea e italiana in particolare. Molti clienti finali di Sirmax sono in effetti tedeschi.
E bisogna anche vedere come si comporterà la Cina, la cui economia interna non tira più come un tempo e quindi c’è il rischio di un’ulteriore spinta verso l’export, a tutto svantaggio dei produttori europei. C’è dunque necessità che riparta anche il mercato interno cinese. Infine, occorre che, con le elezioni europee, vengano eletti rappresentanti con una visione strategica del futuro industriale continentale. Ci sono tanti aspetti che andrebbero valutati e affrontati, come gli effetti della cosiddetta “transizione ecologica”, la cui estremizzazione e radicalizzazione potrebbe risultare insostenibile per le imprese, con ripercussioni di tipo economico e sociale. Occorrono compromessi sani e lungimiranti e rimaniamo fiduciosi in tal senso. Io credo, tenendo in considerazione tutti i fattori, anche il miglioramento economico atteso negli Stati Uniti e in Brasile, pur mantenendo sempre un occhio vigile a quello che potrebbe ancora accadere in Ucraina e nel Medio Oriente, che la vera ripresa globale si vedrà solo nel 2025».
Una multinazionale managerializzata, ma ad azionariato familiare
Pavin conclude parlando della propria realtà: «Il numero di player nel settore della plastica sta diminuendo; conseguentemente crescono le dimensioni delle imprese. Questo significa che le aziende sono sempre più grandi e devono sostenere costi enormi, per esempio nell’avviare nuovi stabilimenti produttivi o nell’iniziare progetti di ricerca innovativi. In questa situazione non è facile operare, dato che il ritorno degli investimenti non è mai immediato, ma servono anni di sforzi e sacrifici prima di vedere i risultati.
In tal senso, un’azienda come Sirmax, che è di ampie dimensioni ma ha ancora la famiglia alla guida, è avvantaggiata, in quanto la gestione, oltre a concentrarsi sulle performance di breve e medio periodo, può basarsi su programmazioni di lungo respiro. Certo, non è facile: noi disponiamo di 13 stabilimenti in 4 continenti, offriamo 5 linee di prodotto per 10 ambiti applicativi. Si tratta di una gestione complessa che richiede lungimiranza, capacità di leggere il futuro, studi di settore, partner di livello, conoscenza del mercato, capacità di cogliere le opportunità che di volta in volta si presentano ecc. Inoltre, serve la costante volontà di investire nell’innovazione tecnologica, nel migliorare l’efficienza dei processi produttivi e nelle risorse umane. A tal fine io stesso, che quest’anno compirò 60 anni, sto già organizzando il passaggio di consegne e il rinnovo della classe dirigente. L’azienda ha sempre avuto un’impronta familiare e uno spirito giovane e io lavoro affinché tali caratteristiche siano mantenute anche in futuro».
Vittorio Pesce