Tornerà il sereno sulla chimica europea

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Foto Pixabay

L’industria chimica europea ha subito l’anno scorso i contraccolpi della pandemia ma, a conti fatti, meno di quanto è stato colpito il settore manifatturiero nel suo complesso. A rivelarlo è l’ultimo osservatorio congiunturale divulgato da Cefic, la federazione che rappresenta a livello continentale l’industria del settore.

Stime di crescita

La produzione dell’industria chimica UE27 ha perso nei primi undici mesi del 2020 il 2,8%, volume che potrebbe essere già recuperato quest’anno, visto che si stima – al netto delle incertezze di una situazione complicata – una crescita del +3%, a cui si aggiungerà l’anno prossimo un ulteriore +2%. Risultato che premia la resilienza del comparto, che ha contribuito con i suoi prodotti alla lotta contro la pandemia, soprattutto se rapportato alla caduta del -8,9% registrata dalla produzione del settore manifatturiero nel suo complesso.
Se la domanda di chimica proveniente dall’industria ha subito una contrazione a causa dei lockdown primaverili, è giunto un contributo positivo dalla maggior richiesta di prodotti chimici utilizzati nelle forniture critiche per la sanità, dal PMMA utilizzato nei divisori ai dispositivi di protezione individuale, dalle plastiche per l’imballaggio a medicinali e disinfettanti.
Il quadro mostra però alcuni chiaroscuri: ad esempio, la capacità produttiva dell’industria chimica nell’UE si è contratta del -6% e le vendite, nei primi undici mesi dell’anno, sono state inferiori di 34,8 miliardi rispetto al 2019. Analogamente, le esportazioni di prodotti chimici tra gennaio e novembre sono calate di 7,4 miliardi di euro (-4,5%).

Manifatturiero in sofferenza rispetto alla chimica

A livello globale, invece, la produzione chimica ha chiuso i primi undici mesi dell’anno scorso con un impercettibile decremento (-0,7%), grazie al positivo contributo della Cina, che ha messo a segno nello stesso periodo una crescita del +2,2%.
A livello europeo i paesi più colpiti dal Covid-19 sono stati Italia e Francia. Nel nostro paese, secondo le stime di Federchimica, la produzione chimica ha perso nei primi dieci mesi del 2020 il -9,6% (con stima al -9,4% per l’intero anno), trend comunque migliore rispetto al manifatturiero (-13,3%), risultato condizionato dalla minor domanda proveniente dai clienti industriali. Per quanto concerne l’anno in corso, nell’ipotesi che la messa a punto di vaccini efficaci possa alimentare un clima di fiducia più disteso, la produzione chimica potrebbe crescere del +4,0% senza però recuperare interamente le perdite del 2020. A pesare sull’andamento del settore – rileva Federchimica – c’è anche l’introduzione della plastic tax italiana (in vigore dal 1° gennaio, ma rinviata al 1° luglio).

L’Europa perde terreno

«Il 2020 ha dimostrato che la chimica è tra le filiere più resilienti a livello europeo» nota il direttore generale di Cefic, Marco Mensink. «L’industria ha saputo rialzarsi dopo il lockdown, si è mostrata all’altezza delle aspettative e ha fornito un valido supporto nella lotta contro la pandemia». La ripresa e un ritorno ai livelli pre Covid – sostiene Mensink – non potranno avvenire senza il supporto di una solida politica industriale. «Per garantire i massicci investimenti richiesti dalla transizione verso il Green Deal UE e mantenere a un livello elevato le esportazioni, attendiamo con impazienza la nuova strategia industriale della Commissione europea, necessaria affinché l’industria chimica diventi più sostenibile, più competitiva a livello globale e più resiliente» precisa.
L’industria chimica europea si conferma seconda a livello mondiale, dopo la Cina e prima degli Stati Uniti, ma con un gap significativo rispetto al primo in classifica: nel 2019, infatti la Cina ha realizzato vendite di prodotti chimici per 1.448 miliardi di euro, contro i 543 miliardi dell’UE e i 504 miliardi degli USA. Tra il 1999 il 2019, la quota di mercato a livello mondiale è scesa così dal 26,7% al 14,8%.


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