L’approccio di FCA alle plastiche sostenibili

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I modelli Fiat 500 e Panda (a destra) mild hybrid

Non c’è mobilità evoluta senza leggerezza dei consumi, dei processi produttivi, ma anche del peso, della forma e della funzione, se è vero che in futuro trascorreremo il nostro tempo all’interno di auto elettriche, condivise e addirittura a guida autonoma. Ne parliamo con Vito Lambertini, responsabile del team Materials Enginering Italy e Maurizio Servetti, responsabile Plastics Unit, entrambi di FCA Centro Ricerche Fiat. «È una strada segnata dal taglio delle emissioni di anidride carbonica (CO2) imposto dall’Unione europea, oggi sconfinata nel bisogno crescente di sostenibilità ambientale» spiega a Plastix Lambertini. «I polimeri plastici hanno accompagnato questa evoluzione, rivelandosi un’arma fondamentale per l’alleggerimento e confermandosi sempre più fondamentali nei diversi scenari di mobilità del domani, nonostante oggi siano il materiale sotto il tiro degli ambientalisti». In questo contesto, le plastiche sostenibili sono diventate un tema prioritario per il car maker italo-statunitense, «Non solo per l’impatto positivo generato sul consumatore finale, ma soprattutto per il prezioso contributo in termini di riduzione dell’impatto ambientale» precisa Lambertini.

Poter scrivere in un bilancio di sostenibilità che i nostri veicoli contengono il 20% di acciaio riciclato o il 10-15% di plastica di recupero significa lanciare il preciso messaggio che la tutela dell’ambiente è uno dei nostri prerequisiti. Vito Guido Lambertini, FCA Centro Ricerche Fiat

«Puntare sulle plastiche “green” rappresenta però solo uno degli aspetti di un approccio più ampio e articolato, perché il problema delle emissioni di CO2 deve essere affrontato a tuttotondo, lavorando sulla propulsione, su nuovi sistemi per migliorare l’efficienza dei motori e anche sui materiali, quindi non solo le materie plastiche».

Anticipare le norme

La salvaguardia dell’ambiente è per FCA un obiettivo primario, trainato dall’impegno volontario di influenzare positivamente il mondo in cui viviamo oltre che di far crescere il business in modo sostenibile. «L’aspetto normativo, che per alcuni comparti ha un peso decisivo – si pensi alla Direttiva europea sugli imballaggi monouso – non sta ancora interessando i trasporti, anche se molto probabilmente in futuro ai car maker verrà imposto l’utilizzo di materiali di recupero e biobased» sottolinea Lambertini. Un appuntamento al quale la casa automobilistica intende arrivare preparata. «In questo momento stiamo lavorando in quattro direzioni, tutte tese all’unico obiettivo di sviluppare e testare nuovi materiali sostenibili» continua. La prima riguarda un maggior impiego di termoplastiche. «La normativa UE 2000/53 impone che i veicoli debbano essere realizzati almeno con l’85% di materiali riciclabili e recuperabili fino al 95%. Pertanto, stiamo cercando di incrementare l’uso di termoplastici che, combinati con un corretto eco-design, permettano una maggior riciclabilità a fine vita». La seconda punta a ridurre la diversificazione delle famiglie polimeriche sempre nell’ottica di una maggiore e più facile riciclabilità, mentre le due restanti sono più vicine alle richieste del momento. «Una è legata a un maggiore utilizzo di plastiche riciclate, sia post industriali sia post consumo, mentre l’altra riguarda un incremento nell’introduzione di materiali biobased, siano essi cariche naturali oppure polimeri da fonti rinnovabili, come gli scarti forestali, non in competizione con la produzione alimentare. Preferiamo infatti evitare bioplastiche ottenute dalla coltivazione di cereali, che potrebbero avere un impatto negativo sulla disponibilità di fonti di nutrimento» continua Lambertini.

Segui l’intervento di Lambertini e Servetti di FCA Centro Ricerche Fiat al convegno di Plastix sullo stampaggio di polimeri sostenibili

Tra materiali riciclati e biobased

Già oggi sui veicoli FCA sono installate parti che nascono dai riciclati. «Si tratta di componenti meno critici, come locary, canaline, alcuni ripari sottoscocca o rinforzi dell’area paraurti» spiega Servetti. «Al momento la nostra ricerca e sviluppo riguarda ogni aspetto dell’auto – esterni, interni, finiture… – seguendo una logica molto chiara, vale a dire incrementare l’uso in applicazioni semi-strutturali a breve termine ed estetiche a medio-lungo. La ragione è che non vogliamo correre rischi sulle prestazioni e sulla durata a lungo termine». L’interesse di FCA verso alcune famiglie di plastiche biobased è vivo da tempo. Si ricordino, ad esempio, le cappelliere della Fiat Uno prima e seconda serie prodotte con lastre in polipropilene rinforzato con farina di legno e i pannelli porta di vecchi modelli – Alfa Sud, Autobianchi A112, Ritmo, Alfa 164 e Croma prima serie – realizzati con lastre in polipropilene e farina di legno calandrate in testa piana. «Tra i modelli recenti, la Fiat Giulia rappresenta l’esempio più virtuoso: la plancia è stampata a iniezione con polipropilene caricato con fibre di canapa – un’applicazione massiva tra le più interessanti –, mentre i pannelli porta sono realizzati sfruttando le proprietà delle fibre lunghe di canapa e lino» continua Servetti. «Passando dalle fibre ai polimeri da fonti rinnovabili, le poliammidi 6.10 sintetizzate da scarti di lavorazione dell’olio di ricino sono utilizzate ormai da anni, soprattutto nel vano motore, nella produzione di componenti legati alla distribuzione del carburante. Un’applicazione più recente riguarda invece un policarbonato ottenuto da amidi impiegato per realizzare le lenti del display della temperatura climatica posizionate sulla plancia della nuova Fiat Tipo». L’interesse verso i materiali biobased è una tendenza che accomuna l’intero settore dell’auto e che, secondo tutte le associazioni di riferimento, in futuro sarà in forte crescita nell’ottica più generale di un mondo plastic-free. La sostenibilità ambientale, tuttavia, deve essere conciliata con quella economica.

I biopolimeri hanno un costo più elevato delle plastiche tradizionali, pertanto in FCA cerchiamo di applicarli in modo da sfruttarne al massimo le performance tecniche superiori, creando dei business case positivi anche in termini economici, generando così maggiori opportunità di uso massivo.Maurizio Servetti, FCA Centro Ricerche Fiat

«La poliammide 6.10, ad esempio, offre un’ottima resistenza all’idrolisi, alle temperature elevate e al freddo. Il policarbonato da fonti bio, invece, è caratterizzato da una resistenza meccanica, allo scratch e alla luce più elevata rispetto al policarbonato da fonti fossili, quindi non richiede verniciatura». Il discorso sugli interni riguarda anche i tessuti. Il PET post consumo viene utilizzato per i tappeti e i rivestimenti del vano baule di quasi tutti i nostri modelli, mentre gli interni delle nuove Panda, 500 e 500 C in versione mild hybrid sono realizzati in Seaqual, un’innovativa fibra ricavata dalla plastica ripescata dai nostri mari. Le applicazioni non mancano, ma «La percentuale di materiali seconda vita presenti nell’auto è ancora troppo bassa rispetto al reale potenziale» sottolinea Servetti.

I tessuti utilizzati negli interni dei modelli Fiat 500 e Panda mild hybrid sono realizzati con il filato Seaqual Yarn, un poliestere ottenuto al 100% da scarti riciclati di provenienza certificata
INTERNI AMICI DEL MARE
Forse non si tratta di una vera e propria rivoluzione “elettrica”, ma il lancio delle nuove versioni mild hybrid di Fiat 500 e Panda rappresenta per FCA un primo passo verso la mobilità green. I tessuti degli interni di queste auto si sposano con la sostenibilità del progetto: sono infatti realizzati utilizzando il filato Seaqual Yarn, un poliestere ottenuto al 100% da scarti riciclati di provenienza certificata, costituita per almeno il 5% da rifiuti plastici recuperati dal mare e per la quota restante da bottiglie PET post consumo. Il materiale nasce da un’iniziativa promossa dall’azienda spagnola Seaqual 4U che è riuscita ad aggregare circa 400 barche da pesca che sondano i mari per recuperare i rifiuti, che vengono selezionati e quindi trasformati nelle scaglie di polietilene tereftalato utilizzate per realizzare il filato grezzo. Nella fase successiva, il poliestere di origine marina viene mescolato con altre fibre naturali, riciclate o recuperate. Da notare che ogni chilo di fibra corrisponde alla stessa quantità di rifiuti rimossi dal mare. La portata del progetto, dunque, è enorme, se pensiamo che ogni anno vengono scaricati negli oceani circa otto milioni di tonnellate di materiali plastici. Sebbene questo tessuto offra proprietà e qualità identiche a quelle del poliestere, oltre a svolgere un ruolo attivo nella pulizia delle profondità oceaniche, consente una riduzione del 40% nel consumo di acqua, un risparmio energetico del 50% e limita le emissioni di carbonio del 60%.
La plancia della Fiat Giulia è stampata a iniezione con polipropilene caricato con fibre di canapa, mentre i pannelli porta sono realizzati sfruttando le proprietà delle fibre lunghe di canapa e lino

Doppia sfida

Le plastiche rigenerate e biobased offrono prestazioni spesso inferiori a quelle di origine fossile, imponendo ai produttori di polimeri una continua ricerca e sviluppo per ottenere gradi con caratteristiche sempre più competitive e, agli utilizzatori, uno sforzo progettuale per integrarli nei veicoli. «Siamo in un periodo di transizione, dove si guarda con interesse al riciclo chimico che, ritornando al monomero, risolverebbe ogni problema legato alle performance» continua Servetti. «Al momento, però, la tecnologia è ancora poco diffusa, ma non mancano gli esempi virtuosi, spesso limitati ad applicazioni ad alto valore aggiunto, come il settore del fashion che utilizza nylon ottenuto dalla depolimerizzazione di moquette usate o reti da pesca. Anche le case automobilistiche, ovviamente, guardano con interesse questa categoria di materiali, ma le capacità degli impianti attualmente in funzione non sono in grado di supportarne la domanda. Questa non è però l’unica difficoltà: mancano, infatti, una filiera per la raccolta e selezione degli scarti da depolimerizzare e soprattutto un sistema in grado di assicurare una quantità sufficiente di scarti da processare» sottolinea Servetti. Come molti car maker, anche FCA si pone l’obiettivo di riuscire a introdurre in un veicolo il 20-25% di plastica di recupero o biobased entro i prossimi cinque anni. «Considerando che una vettura di fascia B contiene dai 100 ai 120 chilogrammi di plastica, si tratta di una quantità importante, al momento non disponibile sul mercato» sottolinea Servetti. «Per questa ragione valutiamo con interesse ogni valido contributo che possa arrivare dalle piccole aziende e dagli spin-off che continuiamo a incontrare».

Le lenti del display della temperatura climatica posizionate sulla plancia della nuova Fiat Tipo sono realizzate con un policarbonato ottenuto da amidi

Non solo sostenibilità

Quando si parla di futuro dell’auto, il tema della sostenibilità è importante, ma non è il solo. La mobilità sta vivendo un’evoluzione legata a macrotrend che comprendono l’elettrificazione, la guida autonoma e il car sharing, che chiaramente non possono prescindere dall’utilizzo di materiale plastico. «Per quanto riguarda la mobilità elettrica, al momento siamo impegnati nel lancio sul mercato EMEA della 500 elettrica, un modello che recepisce molti contenuti nuovi in tema di materie plastiche» riprende Lambertini. «Sono stati utilizzati polimeri con elevata resistenza alla fiamma, ma anche termicamente conduttivi o isolanti a seconda delle applicazioni. Molti altri materiali sono in fase di sviluppo, come i polimeri con proprietà schermanti o capaci di trasmettere particolari lunghezze d’onda. Uno studio attualmente in corso riguarda la sostituzione di cariche particolarmente critiche, ad esempio a base di elementi poco presenti sulla crosta terrestre, con l’obiettivo di sviluppare alternative più sostenibili dal punto di vista della reperibilità, economico e ambientale. Ne sono un esempio gli autoestinguenti a base di antimonio, un elemento raro». Passando alla guida autonoma, Lambertini sottolinea che l’elettronica avrà un ruolo dominante e i componenti plastici dovranno supportarne l’integrazione: «Si spazia dai materiali trasparenti agli infrarossi e ai radar, a quelli che integrano funzioni elettroniche, ad esempio pannelli touch screen, per arrivare ai tessuti sintetici che integrano sensoristica e cablaggi. Nel car sharing, invece, dominerà la richiesta di materiali antibatterici e facilmente igienizzabili». Per affrontare questi scenari, FCA, con il suo Centro Ricerche, sta collaborando con diversi partner, a partire dai fornitori di materiali polimerici per arrivare a centri di ricerca e accademia in ambito nazionale e internazionale, in programmi di ricerca pre-competitiva che porteranno allo sviluppo di nuovi materiali con caratteristiche inedite.


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