Grazie a una sua tecnologia proprietaria implementata nel corso degli anni, una dinamica società neerlandese che presidia i mercati globali con filiali dirette o tramite accordi di partnership riesce a dare un significato nuovo alla raccolta dei rifiuti plastici, nel segno della sostenibilità e della qualità.
di Roberto Carminati
Allo stato attuale solamente il 9% dei rifiuti plastici viene correttamente – e fruttuosamente – indirizzato al riciclo e il 50% è invece destinato allo smaltimento in discarica. Un ulteriore 19% finisce per essere incenerito e il 22% per essere invece gestito in maniera impropria. Le stime sono fornite a Plastix dall’amministratore delegato di Synova Tech, Joerg Krueger, la cui convinzione è che per ottimizzare i tassi di riuso si debbano perseguire in parallelo strategie diverse.
«L’integrazione di tecniche differenti», ha detto il CEO della società di Maassluis (Paesi Bassi), «permette di riciclare nel miglior modo possibile varie qualità di materie prime. Infatti, i processi meccanici consentono di ottenere un riciclo di buona qualità quando la qualità dei rifiuti è già buona in partenza, ma di avere un downcycling del prodotto quando è invece scarsa. Con i procedimenti chimici si ha invece un upcycling del rifiuto e si genera un materiale adatto all’uso alimentare».
Synova ha proceduto per altre vie dando vita a una soluzione termochimica di nuova generazione detta di Direct conversion. «In generale», ha argomentato Krueger, «due sono le tecnologie termochimiche per la conversione dei rifiuti plastici in materie prime usate per produrre nuovi materiali e la più diffusa è la pirolisi. Quest’ultima, a temperature moderate (400-500 gradi centigradi), produce olio di pirolisi, che può sostituire commodity come la nafta per il cracking con vapore, che genera le olefine, componenti fondamentali di molte materie plastiche».
L’azienda si è concentrata sull’esecuzione della reazione di pirolisi a temperature più elevate (700-800 gradi centigradi), poiché a tali temperature le olefine costituiscono già una parte significativa dei prodotti primari e non è così necessario un ulteriore passaggio in un forno di cracking con vapore.
L’innovazione e i suoi vantaggi
È d’altra parte questa la ragione per cui quest’approccio è chiamato di conversione diretta e, secondo i suoi ideatori, è in grado di garantire vantaggi competitivi importanti in termini di sostenibilità, economicità e qualità del prodotto finito, oltre che di maggior brevità del ciclo. Ne deriva un potenziale di mercato decisamente ampio.

«Studi di LCA (Life Cycle Assessment, o valutazione del ciclo di vita, ndr) di terze parti», ha ricordato l’intervistato, «hanno confermato un potenziale di riduzione delle emissioni di CO2 fino al 75% rispetto alla produzione dello stesso materiale attraverso metodologie più tradizionali. Inoltre, i test condotti sul nostro impianto pilota dedicato hanno dimostrato che la nostra soluzione può essere progettata e gestita pensando a un ampio ventaglio operativo di materie prime, dando modo perciò di avere un accesso migliore – e più economico – alle commodity. Il tutto, con rese di riciclo plastica-plastica pienamente competitive».
Fortemente focalizzata sulle attività legate alla commercializzazione della tecnologia di Direct conversion da rifiuti a olefine, Synova Tech non intende assolutamente perdere di vista le opportunità che un’industria e un mercato sempre più sensibili alle politiche green possono offrire. Per questo, sta intensificando il suo impegno nell’ambito dell’R&D. «La nostra ricerca», ha osservato il CEO, «è già al lavoro sullo sviluppo di altre promettenti applicazioni. Per esempio, la conversione diretta da rifiuti plastici misti a composti prevalentemente aromatici (BTX), o la conversione diretta degli scarti di polistirene in stirene. Più recentemente, abbiamo avviato un progetto per valutare l’idoneità di quel che abbiamo ideato alla conversione di rifiuti di biomassa in biometanolo: è un’iniziativa che mi rende entusiasta, poiché può garantirci risultati interessanti».
Presente e futuro in Europa…
Impianti realizzati da Synova Tech, in autonomia o in cooperazione con altri player, sono sorti pressoché ovunque nel mondo a partire dalla fondazione del marchio nel 1999. Fra le partnership più recenti, una è stata per esempio siglata con un colosso originario dell’Arabia Saudita; e con la francese Technip Energies. Al continente europeo il management guarda con estrema attenzione benché i traguardi raggiunti sul territorio non siano sinora quelli sperati.

«Stiamo collaborando con diversi interlocutori con l’obiettivo di realizzare un primo impianto commerciale per la conversione di 50-70 mila tonnellate annue di rifiuti plastici misti in olefine e aromatici (BTX)», ha detto Joerg Krueger, che poi ha però puntualizzato: «Sebbene l’Europa sia da anni all’avanguardia nel settore del riciclo, stiamo assistendo a rinvii o cancellazioni tout court di svariati programmi. Questo è dovuto in gran parte alla bassa redditività dell’industria chimica nell’UE e ai conseguenti tagli alle spese (in conto capitale). Inoltre, l’incertezza normativa che attanaglia l’Unione Europea in materia di mass balance (di fatto, quel che regola l’allocazione del contenuto di materiale riciclato, ndr) rimane tuttora una sfida fondamentale.
Credo fermamente che ridurre la dipendenza dalle materie prime fossili possa portare, in ultima analisi, a un vantaggio competitivo importante, ma il percorso verso questo obiettivo richiede investimenti significativi, certezza legislativa e il dialogo fra tutte le parti interessate. Tuttavia, oltre all’Europa, per il modello di business di Synova Tech, ogni luogo del mondo nel quale le persone credono nella validità e nell’importanza del riciclo è cruciale».
… e in Italia
L’Italia è naturalmente compresa e, nonostante il fatto che per il momento non sia teatro di alcun piano ad hoc, in ottica futura è ritenuta una nazione dalle notevoli prospettive.
«Nella Penisola», ha infatti concluso il CEO di Synova Tech Joerg Krueger, «non contiamo adesso alcun progetto attivo. Si tratta però di un paese importante. L’industria chimica italiana è in fase di ristrutturazione e le raffinerie sono spesso convertite all’uso di materie prime di origine biologica. Crediamo perciò che la nostra tecnologia possa dare un contributo significativo: per esempio, nel mantenere attivi gli impianti di polimerizzazione a valle e convertendo la produzione di olefine da materie prime fossili a materie prime derivate da rifiuti. Semplificare il quadro normativo armonizzandolo a livello europeo e investire maggiormente in infrastrutture strategiche, con particolare attenzione alla sostenibilità, sono due punti chiave perché l’attrattività dell’Italia, ai nostri occhi, possa aumentare».