Trattamenti superficiali high-tech per facilitare il riempimento dello stampo

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di Marco Sorgato, Davide Masato e Giovanni Lucchetta, Smart Mold

Una delle principali problematiche che caratterizzano la progettazione dei manufatti in plastica e la loro produzione mediante stampaggio a iniezione è la definizione del loro spessore. Come possiamo facilmente comprendere osservando i numerosi oggetti che ci circondano (per esempio una bottiglia, gli interni dell’auto o gli elettrodomestici), la maggior parte dei componenti in plastica viene progettata con uno spessore uniforme e molto inferiore rispetto alle altre due dimensioni. Questa caratteristica è legata alla necessità di raffreddare velocemente il materiale plastico all’interno degli stampi, minimizzando così la durata del ciclo di stampaggio. Per componenti di dimensioni medie e grandi (che presentano le maggiori potenzialità di riduzione di costo e impatto ambientale) il volume di materiale plastico impiegato è proporzionale alla misura dello spessore, mentre il costo del processo di stampaggio è addirittura proporzionale al quadrato dello spessore, che dovrebbe quindi essere sempre minimizzato. Tuttavia, molti componenti presentano uno spessore sovradimensionato rispetto ai requisiti strutturali, cioè sono più spessi di quanto sarebbe necessario per renderli sufficientemente resistenti e rigidi. Tale spreco di materiale è dettato dalla necessità di riuscire a riempire completamente la cavità dello stampo. In altre parole, durante il processo di stampaggio il polimero fuso viene iniettato ad altissima pressione all’interno della cavità. Se lo spessore del pezzo (e quindi la sezione di passaggio in cavità) fosse troppo sottile la plastica non riuscirebbe a riempire completamente lo stampo perché le perdite di carico sarebbero eccessive, anche a causa dell’elevata viscosità delle materie plastiche e della bassa temperatura della superficie dello stampo. Queste problematiche sono particolarmente accentuate sia in applicazioni che richiedono polimeri tecnici dal costo elevato, sia quando le dimensioni dei componenti sono medie o grandi. L’aumento dello spessore si traduce inevitabilmente in un incremento del costo e dell’impatto ambientale del componente.

La soluzione proposta da Smart Mold, spin-off dell’Università di Padova, consiste nell’ingegnerizzare le superfici delle cavità dello stampo al fine di facilitarne il riempimento. Questo trattamento innovativo consente, a seconda della situazione, di ridurre significativamente l’attrito tra il polimero e lo stampo oppure di ritardare lo scambio termico tra polimero e stampo, riducendo la formazione dello skin layer all’interfaccia.

Una metodologia specifica

L’idea che ha portato allo sviluppo della soluzione è nata in seguito a numerosi studi sperimentali condotti dal team di Smart Mold, dai quali è emerso che l’ingegnerizzazione della superficie dello stampo esercita particolari effetti sulle materie plastiche durante la fase di riempimento. Sulla base di questa osservazione, è stata messa a punto una metodologia per determinare il corretto trattamento superficiale dello stampo al fine di ridurre la pressione di iniezione e quindi ridurre lo spessore di un componente ottenuto mediante stampaggio a iniezione. Il work flow consiste nella determinazione di un trattamento superficiale studiato ad hoc per un determinato tipo di polimero e nella calibrazione di un modello numerico al fine di valutare la riduzione della pressione di iniezione e, di conseguenza, la riduzione dello spessore del pezzo stampato.

Nel caso presentato nel seguito, per esempio, la modifica della superficie dello stampo ha permesso di ridurre del 12% lo spessore di un componente con un conseguente risparmio di materiale (8%) e tempo di ciclo (22%).

Il design dello stampo

Al fine di dimostrare la validità della procedura sviluppata, nel seguito viene presentato un case study in cui la modifica della superficie dello stampo ha permesso di ridurre del 12% lo spessore di un componente con un conseguente risparmio di materiale (8%) e tempo di ciclo (22%).

Nella prima fase della ricerca è stato individuato il corretto trattamento superficiale al fine di ridurre la pressione di iniezione del polimero desiderato (in questo caso PET). La caratterizzazione viene effettuata mediante un’apparecchiatura sperimentale progettata ad hoc (figura 1) in grado di misurare le perdite di carico durante il processo di stampaggio. Si tratta di uno stampo sensorizzato caratterizzato da un canale aperto delle dimensioni di 47 x 6 mm (lunghezza x larghezza) e da due diversi spessori di 1,45 e 1,90 mm.

1 Schema dell’apparecchiatura sperimentale per la caratterizzazione dello stampo

Gli inserti dello stampo sono intercambiabili, così da permettere di testare diversi trattamenti superficiali in modo rapido ed economico. Lo stampo è inoltre munito di due sensori di pressione piezoelettrici (618 C di Kistler) posizionati a una distanza di 5,5 e 40 mm dal punto di iniezione.

Materiali e sistema di produzione

Come già accennato il polimero selezionato è un polietilene tereftalato. Caratterizzato da un melt flow index (MFI) di 6 g/10 min (ISO 1133-1), ha una temperatura di transizione vetrosa di 80 °C (ISO 11357-2). Il materiale, prima di essere testato, è stato essiccato a 180 °C per 8 ore, con un dew point di -45 °C, ottenendo un’umidità residua inferiore a 40 ppm. Le prove di stampaggio a iniezione sono state condotte su una pressa per microstampaggio (MicroPower 15 di Wittmann-Battenfeld) in modo da poter controllare al meglio il processo, evitandone inoltre eventuali variazioni.

Il layout della sperimentazione

Gli inserti intercambiabili delle piastre mobile e fissa hanno subito diversi trattamenti superficiali e il loro effetto sulla diminuzione della pressione di iniezione è stato valutato per diverse condizioni di prova.

Il flusso del fuso è stato analizzato sperimentalmente variando la velocità di iniezione da 200 a 600 mm/s. Le altre variabili di processo sono state mantenute costanti per valori definiti sulla base della letteratura esistente, delle raccomandazioni fornite dal produttore dei materiali e dei limiti tecnologici dell’apparecchiatura sperimentale disponibile. Le prove sono state effettuate utilizzando canali rivestiti di profondità differente. Nello specifico, sono stati adottati canali con profondità variabili di 1,45 e 1,90 mm. Al fine di garantire la stabilità della fase di iniezione, prima del rilevamento della pressione all’interno dell’impronta sono stati effettuati 20 cicli di iniezione. Per ciascuna condizione di stampaggio sono stati acquisiti cinque rilevamenti, uno ogni cinque cicli, prelevando ciascun materiale da un lotto singolo.

2 Segnali di pressione acquisiti dai due sensori piezoelettrici posizionati all’inizio e al termine della cavità dello stampo

La variabile di risposta considerata per gli esperimenti è la differenza di pressione tra i segnali acquisiti vicino al punto di iniezione e in opposizione a esso (figura 2). La figura 2b evidenzia come il segnale di pressione acquisito dai sensori piezoelettrici raggiunga una zona di stabilizzazione a regime, denotando così la stabilità del processo di stampaggio. Le prove sono state effettuate utilizzando quattro diversi trattamenti (B, C, D, E), basati su una combinazione brevettata di rivestimenti superficiali altamente isolanti e lavorazione laser di nano-strutturazione superficiale. Dal confronto dei valori di pressione ottenuti utilizzando questi inserti con quello relativo all’inserto non trattato è stato possibile selezionare la finitura più idonea per le condizioni del processo.

I risultati sperimentali

Le figure 3a, 3b e 3c illustrano l’effetto dei diversi trattamenti dello stampo sulla pressione di iniezione per i due diversi spessori. I risultati indicano come il trattamento D abbassi sensibilmente la pressione richiesta in fase di iniezione. Per uno spessore della cavità di 1,45 mm, la riduzione media della pressione di iniezione è pari al -21%, mentre con la cavità più spessa (1,90 mm) la riduzione media è del -17%. Il trattamento B ha un effetto meno significativo, con una riduzione media del -5% solo per la cavità dello spessore di 1,90 mm, mentre il trattamento E mostra un effetto negativo sulla pressione di riempimento, specialmente a elevate velocità di iniezione.

3a Risultati sperimentali relativi alla pressione di iniezione in funzione della velocità di iniezione per i diversi trattamenti
3b Variazioni della pressione di iniezione normalizzate rispetto a quelle dell’inserto non rivestito dello spessore di 1,45 mm
3c Variazioni della pressione di iniezione normalizzate rispetto a quelle dell’inserto non rivestito dello spessore di 1,90 mm

Durante la fase di iniezione, quando entra in contatto con la superficie fredda dello stampo, il polimero sviluppa uno strato di pelle superficiale congelata (skin layer). Continuando la fase di iniezione, altro materiale fluisce nello strato interno del canale, formando così un nuovo fronte di flusso in una sezione ristretta. Lo spessore dello skin layer e le perdite di pressione a esso associate è determinato dal bilancio tra la convezione di calore del polimero e la conduzione di calore sulla superficie fredda dello stampo. I risultati sperimentali ottenuti dalla campagna prove, indicano che lo strato isolante del trattamento può essere utilizzato per ridurre la conduzione di calore e, conseguentemente, diminuire lo spessore dello skin layer.

Il modello numerico

Il flusso di riempimento non newtoniano e non isotermico del fuso è stato modellato utilizzando il software per la simulazione dello stampaggio a iniezione Autodesk Moldflow. La geometria dell’impronta è stata discretizzata mediante una maglia Dual Domain, con un bordo lungo complessivamente 0,2 mm e una tolleranza di fusione di 0,01 mm (circa 14.000 elementi triangolari). I dati reologici relativi ai materiali termoplastici sono stati implementati prendendo in considerazione i parametri Cross-WLF ottenuti dalla caratterizzazione reologica del polimero. Il monitoraggio della portata di riempimento è stato impostato in linea con i valori sperimentali relativi alla velocità di iniezione e al diametro del pistone di iniezione. Il valore numerico della pressione nell’impronta è stato ottenuto in un nodo della maglia collocato, nell’apparecchiatura sperimentale, a una distanza dal punto di iniezione pari a quella del sensore di pressione.

Il flusso del polimero durante il processo di stampaggio a iniezione è intrinsecamente transitorio, e presenta una superficie libera che si muove attraverso spazi stretti: di conseguenza, un buon modello del coefficiente di trasmissione termica (heat transfer coefficient, HTC) tra stampo e fuso svolge un ruolo fondamentale al fine di descrivere la distribuzione discontinua della temperatura all’interfaccia e prevedere la pressione all’interno dell’impronta.

Il modello numerico è stato impiegato nello studio per comprendere come la pressione nell’impronta venga influenzata dalla velocità di iniezione e dal valore HTC. I risultati preliminari indicavano, in linea con le dinamiche fisiche del processo e i dati riportati nella letteratura, che l’HTC rappresenta il parametro responsabile della variazione delle curve relative alla pressione all’interno dell’impronta.

Analisi inversa

Il valore HTC necessario affinché i dati numerici si adattino ai valori di pressione misurati per ciascun rivestimento è stato determinato utilizzando il metodo dell’analisi inversa. Le differenze tra valori di pressione numerici e sperimentali sono state ridotte al minimo utilizzando un algoritmo di ottimizzazione iterativo. Al fine di ridurre il tempo computazionale, sono state impiegate reti neurali artificiali (artificial neural networks, ANN) come metamodello per approssimare localmente i risultati della simulazione. Le reti neurali artificiali sono state istruite affinché riproducessero i risultati della simulazione, per tutte le 12 condizioni di processo sperimentali, ricorrendo alla propagazione all’indietro di Levenberg-Marquardt.

La differenza tra dati numerici e sperimentali è stata ridotta al minimo mediante una procedura di ottimizzazione implementata in modalità Frontier, basata su un algoritmo di ottimizzazione genetico MOGA-II. L’algoritmo MOGA-II è stato selezionato per la sua solidità intrinseca, dal momento che utilizza un elitismo multi-ricerca intelligente per la solidità e un cross-over direzionale per una convergenza rapida. La sua efficienza è determinata dagli operatori e dall’uso dell’elitismo. In MOGA-II, la codifica avviene come negli algoritmi genetici tradizionali, e impiega quattro diversi operatori per la riproduzione: collegamento classico, cross-over direzionale, mutazione e selezione. A ciascun passaggio del processo di riproduzione, viene selezionato uno dei quattro operatori (tenendo conto delle probabilità predefinite dell’operatore), che viene poi applicato all’individuo corrente. Per ciascuna iterazione e per i valori corrispondenti dei 12 fattori inseriti, le reti neurali precedentemente istruite hanno approssimato i valori di pressione calcolati numericamente, al fine di poterli confrontare con la pressione misurata sperimentalmente.

I risultati numerici

I risultati sperimentali indicano che i trattamenti superficiali hanno un effetto di isolamento termico che modifica le condizioni al contorno tra polimero e parete dello stampo. Nei modelli numerici per la simulazione del processo di stampaggio a iniezione questo effetto può essere modellato calibrando il coefficiente di scambio termico all’interfaccia (Heat Transfer Coefficient HTC).

 HTC (W/m2K)
A5.600
B4.230
C6.250
D1.400
E6.700

Mediante un’analisi inversa, i coefficienti HTC sono stati determinati per ciascun trattamento e spessore analizzato. La tabella 1 riporta i valori dei coefficienti di scambio termico all’interfaccia ottenuti. Considerando l’inserto non trattato (A) e quello trattato con D, la figura 4 riporta il confronto tra le curve sperimentali e numeriche per le diverse condizioni di prova (diverse velocità di iniezione e diversi spessori). L’andamento delle curve numeriche calibrate si discosta da quello delle curve sperimentali con un errore massimo del 3,8% (per il trattamento D a spessore 1,90 mm e 400 mm/s di velocità di iniezione).

4 Calibrazione del modello numerico ai due diversi spessori

Tali risultati sono stati infine applicati a un caso reale. La parte in plastica (figura 4a) è stata progettata con uno spessore della parete di 4 mm. Il valore è stato determinato in fase di progettazione al fine di garantire un completo riempimento della parte che misura 314 mm in lunghezza. L’effetto del trattamento D sulla riduzione dello spessore è stato valutato mediante l’approccio numerico descritto in precedenza. Il valore del coefficiente termico all’interfaccia, determinato mediante la calibrazione numerica sui dati sperimentali, è stato utilizzato per condurre delle simulazioni di processo, variando lo spessore del componente da 4 a 3 mm, con step di 0,2 mm. I risultati delle simulazioni (figure 4b e 4c) dimostrano come il trattamento diminuisca notevolmente la pressione di iniezione. A parità di pressione di iniezione, il componente scelto può essere portato da uno spessore iniziale di 4 mm con lo stampo non rivestito a uno spessore di 3,5 mm applicando il trattamento D. L’utilizzo di tale trattamento consente di ridurre lo spessore del 12% e il consumo di materiale dell’8%.

Trattamento superficiale AD
Spessore della parete (mm)43,54
Portata di riempimento(cm3/s)153,3135,2
Pressione di iniezione (bar)201209
Volume del pezzo (cm3)404,2371,8
Tempo di ciclo (s)23,918,6

Il design di un componente più sottile, inoltre, comporta la riduzione del tempo di ciclo, che varia con il quadrato dello spessore, del 22%. I risultati ottenuti dall’analisi sono riassunti nella tabella 2.


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