Le sneakers scelgono la plastica sostenibile

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È la vulgata più martellante del design strategico e del marketing, ma da sempre innerva come un sottotesto più o meno dichiarato la comunicazione pubblicitaria che supporta il lancio dei beni di consumo: ciò che si vende e si acquista non è tanto un prodotto quanto un’esperienza. Gli oggetti industriali, accessibili a una comunità di utilizzatori diventata planetaria, sono chiamati a soddisfare esigenze più complesse e sottili della “semplice” funzionalità: molto più che in passato esprimono stili di vita, scelte etiche, identità. Dagli elettrodomestici all’abbigliamento, alle scarpe. Il continuum spazio-temporale tra lavoro e svago, il “dovere” sociale di coltivare una buona forma fisica e un’immagine di sé sempre attiva e, per quanto possibile giovane, l’anticonformismo molto studiato di personaggi pubblici che ostentano il lusso di vestire in scioltezza… Questi elementi convergono in un prodotto simbolo come le sneakers, un successo trasversale senza pari su ogni altra tipologia di calzature. Nate per lo sport e il tempo libero, oggi sono indossate sempre e ovunque, possibilmente nel modello più congeniale all’occasione: con materiali pregiati e appeal classico, ad altissime prestazioni con materiali sviluppati ad hoc e misure personalizzate per gli atleti, sperimental-chic con “ingredienti” biodegradabili e vegan-friendly, ingegnerizzate per essere calzate senza mani o stampate in quattro dimensioni.

Suole high-tech

Performance sportive ed eleganza da businessman si fondono, ad esempio, nelle scarpe da golf spikeless di FootJoy. Una salda presa su terreni umidi o aridi, basilare per colpi ben assestati, è facilitata da un battistrada con design brevettato, che evita l’inclusione d’acqua e garantisce tenuta uniforme alla suola. Inaugurato sul modello FJ Stratos nell’autunno 2020, il complesso pattern antiscivolo VersaTrax+ è ora disponibile anche sui più classici, tradizionali, modelli della Serie Premiere. Il materiale impiegato combina più compound a base TPU della linea Estane TRX di Lubrizol: un grado più rigido migliora il grip in corsa, uno più soffice agevola il grip su terreni duri.

Due compound a base TPU della gamma Estane TRX di Lubrizol sono combinati nella suola brevettata VersaTrax+ di Footjoy per i giocatori di golf alle prese con terreni duri o scivolosi

In gergo tecnico, il “rimbalzo” è la quantità di energia che l’atleta recupera a ogni passo di corsa in risposta alla deformazione applicata all’intersuola (lo spesso strato di materiale morbido interposto tra la soletta e la suola vera e propria, a contatto con il terreno): il valore medio nelle calzature per runner è del 50%, ma raggiunge il 70% nelle intersuole di un nuovo modello di Anta Sports, prodotte con un compound custom che perfeziona, in termini di ammortizzazione e resistenza, il TPE Monprene di Teknor Apex. Il materiale, messo a punto sui risultati di oltre 40.000 test all’impatto in corsa effettuati dalle due aziende, fornisce un recupero di energia che prolunga la resistenza muscolare. «Si tratta di uno sviluppo particolarmente interessante perché non è focalizzato, come solitamente avviene in queste applicazioni, soltanto sulle prestazioni di ammortizzazione, ma mira soprattutto a una maggiore elasticità, “restituita” al corridore falcata dopo falcata» spiega Serene Cheng Sook Ee, Business Director della divisione TPE di Teknor Apex. La formulazione utilizza un elastomero termoplastico con rigidità di 60 Shore A che resiste a pieghe, increspature e abrasione, con un valore di compression set ridotto, che conserva la propria flessibilità anche a basse temperature.

La formulazione a base TPE sviluppata da Teknor Apex con Anta Sports Products migliora il rimbalzo delle intersuole per una prolungata autonomia di corsa

Accanto alle prestazioni, nel novero delle qualità apprezzate nelle scarpe e nell’abbigliamento sportivo, l’identità green sta acquistando un prestigio speciale. A tal proposito, Covestro propone i precursori per sistemi poliuretanici cardyon, che produce sostituendo fino al 20% di risorse fossili con anidride carbonica. Il brand sloveno Plama-pur li impiega per la nuova gamma di espansi elastici Eco Foams, laminati su materiali autoadesivi e modellati secondo le specifiche dell’applicazione per ottimizzare il comfort di scarpe da corsa e da trekking, e di scarponi da sci: le imbottiture morbide proteggono soprattutto la zona intorno alla caviglia. Per durata e resistenza alla compressione, queste schiume eguagliano le prestazioni dei materiali interamente derivati da fonti non rinnovabili, ma dimostrano una migliore elasticità e una strutturazione cellulare più fine.

I precursori per sistemi poliuretanici cardyon, prodotti da Covestro con CO2, si diffondono negli espansi e TPU per calzature, come nello strato protettivo sulla punta delle sneakers di Plama-pur

Le tre strisce e lo swoosh

I prodotti a marchio Adidas e Nike sono diffusi in ogni angolo del mondo, accompagnati da una risonanza mediatica che molto influenza il gusto dei potenziali acquirenti, con i quali stabiliscono una sinergia forte captando lo spirito e gli umori del tempo. Uno stato oggi sempre più aperto verso la sostenibilità. E così, Adidas ha annunciato che nel 2021 più del 60% dei suoi prodotti saranno realizzati con materiali sostenibili – dal poliestere riciclato alle alternative vegane, alla pelle sintetica – e l’obiettivo è totalizzare il 100% entro il 2024. «A fianco dei fornitori abbiamo lavorato alla creazione di strutture che rendano possibile l’impiego di materiali rigenerati: il nostro impegno non solo incrementa la sostenibilità del marchio, ma guida lo sviluppo globale dell’industria» afferma Kasper Rorsted, CEO del marchio reso inconfondibile dal logo a tre strisce. Nel 2020, oltre 15 milioni di paia di scarpe sono stati realizzati con rifiuti di materia plastica – quasi 7.000 tonnellate, l’equivalente di circa 350 milioni di bottiglie in PET da un litro – raccolti sulle spiagge delle aree costiere in collaborazione con l’organizzazione Parley for the Oceans, e l’obiettivo di Adidas per il 2021 è di arrivare a produrne 17 milioni di paia, accanto a capi e calzature con le etichette Primeblue e Primegreen che segnalano l’utilizzo di materiali riciclati.

Un altro progetto affascinante del marchio è Ultraboost DNA Loop: sneakers monomateriale realizzate in TPU e assemblate con il calore in sostituzione alla colla. Nell’aprile 2019 sono state affidate a 200 runner che, dopo averle utilizzate, le hanno restituite perché fossero triturate e rigenerate in nuove calzature. Prodotte nel mese di novembre 2019, le scarpe di seconda generazione sono state riconsegnate agli atleti perché le utilizzassero di nuovo e, a fine vita, saranno rigranulate per creare la terza generazione che arriverà quest’anno.

Interamente in TPU, le Ultraboost DNA Loop di Adidas sono riciclabili fino alla terza generazione (Foto Adidas)

Lo swoosh, virgola capovolta orizzontale che sintetizza slancio e leggerezza, è il logo ideato da Carolyn Davidson nel lontano 1971 per Blue Ribbon Sports, l’azienda che diventerà Nike, un altro marchio che ha imboccato la strada della sostenibilità. In occasione dell’Air Max Day 2021 – l’evento dedicato alla celebrazione di una delle linee ancora oggi più in voga – ha introdotto il nuovo modello Air Max Pre-Day realizzato interamente sfruttando materiali riciclati. La tomaia, dichiaratamente green anche nelle tonalità verde neutro, è prodotta con poliestere rigenerato al 100%, mentre la suola esterna ha un contenuto di gomma rigranulata del 13%. Il look minimalista ammicca alla riduzione di materiale impiegato ed evidenza il dettaglio tecnologico: i cuscinetti d’aria ammortizzanti Air Bag per migliorare il rimbalzo – stampati a soffiaggio da Tetra Plastics, acquisita da Nike nel 1991, e successivamente termoformati in sagomature sempre nuove – restano a vista in un design che li lascia a nudo.

I cuscinetti d’aria ammortizzanti sono in bella vista nell’intersuola di Air Max Pre-Day di Nike, calzatura con tomaia in poliestere completamente riciclato e suola in gomma sintetica con contenuto rigenerato (Foto Nike)

Chi invece calza le sneakers come pantofole e con la stessa nonchalance poco ortodossa le toglie, trova nel modello Go FlyEase una soluzione congeniale. Costituite da due sezioni connesse da un elemento cerniera flip-flop che elimina stringhe o altri sistemi di aggancio, le scarpe si indossano e si tolgono senza l’uso delle mani: una fascia di gomma le mantiene in saldo equilibrio in posizione “aperta” per calzarle o “chiusa”, pronte per la corsa.

Un elemento cerniera, in attesa di brevetto, mantiene in equilibrio l’intersuola delle calzature per allenamento Go FlyEase di Nike, che si indossano senza mani come pantofole (Foto Nike)

Ogni piede è unico

L’additive è considerato un approccio produttivo più sostenibile della manifattura tradizionale perché insieme alla libertà di design e alla personalizzazione di taglie e conformazioni permette di eliminare ogni scarto di materiale. È la tecnologia perfetta per le solette ortopediche su misura GeBioM, stampate in 3D da Create it REAL con il filamento di poliuretano termoplastico Addigy FPU 79A di Covestro. «Il nostro nuovo TPU e una stampante custom hanno consentito la produzione di strutture estremamente morbide» sottolinea Lukas Breuers, esperto di 3D printing presso la multinazionale. «Aiutandoci con una soluzione software automatizzata abbiamo mescolato pattern rigidi e soffici nella stessa soletta, raggiungendo un livello di personalizzazione finora virtualmente impossibile». Il materiale è adatto anche per applicazioni nel comparto limitrofo degli articoli medicali, perché rispetta gli standard DIN EN ISO 10993-5 e 10993-10 riguardanti la citotossicità e l’irritabilità cutanea. Le due aziende, inoltre, stanno lavorando allo sviluppo di un TPU riciclabile e ad un coinvolgimento di tutta la filiera per il recupero delle solette a fine vita.

Sono realizzate mediante additive manufacturing con il TPU Addigy FPU 79A di Covestro le solette ortopediche personalizzate di GeBioM

Anche Adidas ha deciso di puntare sull’additive manufacturing per realizzare il modello Futurecraft.Strung, che sarà commercializzato entro la prima parte del 2022. Al cuore di questo concetto avveniristico, elaborato in collaborazione con lo studio Kram/Weisshaar, c’è una tomaia multimateriale intrecciata filo per filo da un robot guidato dal software 3-Matic di Materialise per calibrare le prestazioni della scarpa sui dati biometrici e sul passo del runner, acquisiti con tecnologie di motion capture e con il feedback dell’atleta in corsa. Fili di materiale più robusto sostengono l’area del tallone, la parte centrale e la punta del piede, mentre l’avampiede è avvolto da fili più morbidi e flessibili per agevolare i corridori abituati ad appoggiarsi su questa parte. La soletta è stampata in 3D con tecnologia Digital Light Synthesis di Carbon, che fornisce anche il materiale, un elastomero caratterizzato da ottimo ritorno di energia; la struttura in lattice sostiene il piede con densità variabili in funzione delle zone maggiormente sollecitate.

Futurecraft.Strung di Adidas combina la stampa 3D, la robotica e la modellazione software su dati personalizzati in una calzatura da running che pesa solo 220 grammi, calibrata sulle caratteristiche fisiche e sullo stile di corsa dell’atleta (Foto Adidas)

Il cammino dei vegani

Per amore degli animali la pelle è diventata sintetica. Per ridurre l’impatto dell’industria della moda, un settore molto più inquinante di quanto l’opinione pubblica abbia recepito fino a ora, la pelle diventa vegetale. Si chiama proprio così, Plant Leather, il materiale che Allbirds utilizzerà entro la fine del 2021 per realizzare calzature: ha un’impronta al carbonio ed emissioni di anidride carbonica, rispettivamente, 40 e 17 volte inferiori alla pelle sintetica ottenuta da fonti fossili. La produzione su larga scala è resa possibile da un finanziamento di due milioni di dollari erogato alla start up Natural Fiber Welding, che l’ha formulata con il nome originario Mirum. Contiene gomma naturale, acido citrico, additivi come sughero, pula di riso e pigmenti naturali. «Diversamente da materiali concorrenti, dichiarati come biobased ma che impiegano sostanze chimiche sintetiche durante il ciclo di lavorazione, il materiale è di origine 100% vegetale» spiega Joey Zwillinger, co-fondatore di Allbirds.

Non richiede additivi o altri ingredienti di origine fossile la lavorazione di Plant Leather, pelle di origine 100% vegetale che Allbirds impiegherà per le proprie calzature

Dall’oceano ai funghi

Anche Adidas ha trovato alternative alla pelle tradizionale: infatti, ha riproposto uno dei suoi modelli iconici, le Stan Smith, nella speciale eco-pelle Mylo ottenuta dal micelio, l’apparato vegetativo dei funghi costituito da una rete di filamenti a crescita rapida. Il concept è frutto della collaborazione con Bolt Threads, start up biotech californiana impegnata nello sviluppo di materiali naturali per il tessile e la moda. La pelle vegana viene utilizzata per la tomaia esterna, le tre strisce perforate e la sovrapposizione della linguetta del tallone, mentre l’intersuola è in gomma naturale.

Il concept della Stan Smith Mylo di Adidas è in ecopelle ottenuta dal micelio dei funghi (Foto Adidas)

Pelle sintetica da lieviti e batteri

L’alternativa alla pelle animale proposta dall’etichetta di abbigliamento casual Public School nasce con la consulenza di Theanne Schiros, specialista in scienza dei materiali, e dei ricercatori della Columbia University: una scarpa da ginnastica completamente realizzata da una coltura simbiotica di lievito e batteri. Una volta fermentato, lo SCOBY (acronimo di Symbiotic Culture Of Bacteria and Yeast), ingrediente principale del tè kombucha, permette di produrre pelle bio caratterizzata da un’impronta al carbonio inferiore del 97% rispetto all’impatto del poliuretano. Il materiale resiste all’usura come il cuoio e la tela, garantendo una vita utile di parecchi anni, ma è compostabile se sotterrato nel giardino di casa. «Abbiamo scelto di dimostrare le proprietà di questa risorsa realizzando delle sneakers, perché sono un prodotto universale cui è richiesta una lunga durata e sono costituite da numerosi componenti di natura diversa, fattori che rendono molto difficile mettere a punto versioni biodegradabili» osserva Schiros.

Una cultura simbiotica di lievito e batteri è trasformata in sneakers compostabili, proposte da Public School grazie alla ricerca sui materiali di Theanne Schiros

Le sneakers 100% naturali

Apparentemente nulla potrebbe sembrare più diverso da una sneakers, eppure l’uso, la funzionalità e le ricche chance di personalizzazione sono potenzialmente molto simili: perciò Sneature, contrazione di “sneakers” e “nature”, è un oggetto che fa riflettere. Con questo progetto, Emilie Burfeind si è diplomata presso l’Università di Arte e Design di Offenbach am Main. La tomaia è lavorata a maglia con tecnologia 3D impiegando Chiengora, un filato ottenuto dai peli di cane riciclati caratterizzato da buone prestazioni antistatiche, di assorbimento e rilascio dell’acqua. La suola è realizzata con una miscela di micelio, cellulosa di canapa e altri prodotti di scarto agricolo. I due elementi sono uniti tramite immersione in una gomma naturale liquida derivata dalla linfa dell’hevea brasiliensis, materiale protettivo e flessibile.

Sneature mescola le tecnologie contemporanee del 3D knitting e materiali riciclabili e compostabili

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