Progetto Ricircola: da vaschetta a vaschetta

Condividi

Recuperare materiali in closed-loop, ovvero implementando un sistema di raccolta dei rifiuti omogenei che possano essere riutilizzati per la stessa applicazione o una similare, può sembrare la soluzione ideale sotto il profilo economico e ambientale. Prendendo come esempio un imballaggio, una volta utilizzato si incentiva il consumatore a riconsegnarlo, quindi si ricicla e si riutilizza il materiale rigenerato per produrre un altro contenitore, chiudendo così il cerchio. Questo sulla carta. Ma cosa comporta l’applicazione di uno schema di questo tipo in termini di logistica, costi ed effettivo tasso di riutilizzo? Quanto si perde nel circuito e come si può ottimizzare il sistema?

L’imballaggio ritorna in gioco

Per rispondere a queste domande, alla fine del 2020 è stato avviato in Emilia-Romagna il progetto pilota Ricircola, di cui sono stati recentemente diffusi i risultati. Ideata e coordinata dal Centro Interdipartimentale di Ricerca Industriale Fonti Rinnovabili Ambiente, Mare ed Energia (CIRI Frame) dell’Università di Bologna, la sperimentazione ha coinvolto da metà settembre a metà novembre dell’anno scorso la grande distribuzione (Conad), due aziende del settore alimentare (Amadori e Apofruit), un produttore di imballaggi in plastica (Ilip) e un operatore della gestione rifiuti (Hera), con il supporto di BPER Banca.
La sperimentazione si proponeva tre obiettivi. Il primo era assicurare la completa tracciabilità delle vaschette in PET dal produttore alla fase di post consumo, tramite l’applicazione di un tag RFID sulla vaschetta stessa. In seconda battuta, aumentare l’efficienza di raccolta e separazione tramite il coinvolgimento diretto del consumatore finale, incentivandolo economicamente a riconsegnarla al supermercato dopo il consumo e, terzo punto, migliorare l’efficienza di riciclo della vaschetta tramite l’implementazione di una logistica inversa dedicata.

Test sul campo

Così, per due mesi, nei tre punti vendita Conad La Filanda di Faenza, Case Finali di Cesena e Pinarella di Cervia sono stati messi a scaffale due prodotti (controfiletto di pollo Amadori e uva bianca Apofruit) confezionati in vaschette di PET marchiate Ricircola prodotte da Ilip, dotate di tag RFID per il tracciamento. Ai consumatori veniva chiesto di riconsegnare, una volta utilizzato il prodotto, il contenitore vuoto negli stessi supermercati, dove sono stati allestiti punti di raccolta utili anche per fornire informazioni e sensibilizzare gli utenti sugli obiettivi dell’iniziativa. Per ogni cinque confezioni restituite è stato consegnato un buono sconto di un euro sulla spesa. Le vaschette, raccolte da Hera attraverso una gestione dedicata, sono state riportate a Ilip, che ha provveduto a riciclarle internamente per poi riutilizzare il materiale in produzione, chiudendo così il ciclo.

I risultati della sperimentazione

Nel complesso, sono state prodotte da Ilip 12.198 vaschette “Ricircola”, pari a 234 chilogrammi (kg) di PET, spedite ad Amadori e Apofuit per il confezionamento dei prodotti. Circa un chilo è stato scartato dopo il confezionamento, quindi ai tre punti vendita sono stati effettivamente inviati 233 kg di vaschette. Al termine della sperimentazione, sono stati ritirati nei supermercati 23 kg di contenitori, a fronte di 206 kg non conferiti, entrati però nel circuito della raccolta differenziata della plastica.

I ricercatori hanno calcolato che i rifiuti gestiti in modo tradizionale presentano – a causa della scarsa omogeneità – un’efficienza di riciclo del 33%, ottenendo così 111 kg, di cui circa 36,6 kg effettivamente riciclati. A questo punto sono stati confrontati i due modelli di gestione delle vaschette: lineare (raccolta differenziata) e circolare (Ricircola). Nel primo caso, l’efficienza di riciclo complessiva è del 17,8%, nel secondo del 39,1% (si veda lo schema). In altre parole, nonostante la sperimentazione sia durata solo due mesi, non permettendo ai consumatori di abituarsi, il riciclo in closed-loop risulta più efficiente rispetto alla raccolta differenziata degli imballaggi di plastica “indifferenziati”.

Confronto dell’efficienza di recupero del PET (a parità di materiale raccolto) tra il sistema lineare (in alto) e il sistema Ricircola (in basso)

In particolare, superato lo scoglio della raccolta, a fare la differenza sono l’efficienza di selezione (100% contro 62%) e la maggiore resa durante il riciclo (45% contro 33%).
L’indicatore che risulta meno performante è proprio quello legato alla riconsegna, che ha interessato poco meno del 10% delle vaschette vendute. Ma il tasso di ritorno è costantemente cresciuto durante il periodo di sperimentazione, segno che i consumatori con il passare del tempo prendono confidenza con l’approccio circolare. Si è infatti passati dal 3% della prima settimana al 24% dell’ultima. Proiettando su un anno i risultati ottenuti nella fase di sperimentazione, secondo i ricercatori, Ricircola potrebbe comportare un aumento del +126% della plastica riciclata, una riduzione del -57% del rifiuto inviato in discarica e la sostituzione del 36% di plastica vergine con rPET. Potendo andare avanti per dodici mesi, si stima che il tasso di raccolta possa raggiungere l’82%, rispetto al 10% effettivamente riscontrato. Previsione basata anche sui tassi di ritorno ottenuti dai paesi dove questo approccio è stato introdotto da tempo.

Quantificare la circolarità

Per poter valutare in modo analitico i risultati del progetto, CIRI Frame ha implementato un nuovo modello di visualizzazione, battezzato ViVACE, che consente di quantificare la sostenibilità ambientale attraverso alcuni indicatori chiave; approccio che consente di confrontare in modo immediato la raccolta in closed-loop incentivata (modello circolare) con la gestione della plastica basata sulla raccolta differenziata (modello lineare). Con ViVACE si possono quantificare i flussi di risorse in diversi scenari alternativi, ottenendo in un formato intuitivo i dati per il calcolo di indicatori di sostenibilità (ambientale, economica e sociale). Ogni azienda è rappresentata da un box rettangolare in cui entrano ed escono i diversi tipi di risorse, compresa l’energia. Questo strumento è facilmente adattabile ad analisi di sostenibilità in diversi settori applicativi, anche su scale crescenti, dall’azienda a intere filiere industriali, distretti produttivi o regioni geografiche. L’approccio resta però quantitativo, scegliendo gli indicatori (KPI) in funzione dell’obiettivo dell’analisi ciò consente di condurre confronti e studi comparati di fattibilità tecnico-economica. Non solo: è anche un valido ausilio per la comunicazione dei risultati conseguiti, sia all’interno dell’organizzazione, sia verso l’esterno.

Schema del modello ViVACE

Cosa pensano i consumatori?

Per comprende le motivazioni alla base delle scelte dei consumatori, è stato condotto un sondaggio presso un campione rappresentativo di partecipanti al progetto (151 su 220). Solo il 7% degli intervistati ha dichiarato di aver preso parte all’iniziativa per usufruire dello sconto, mentre per i restanti la scelta è stata guidata dalla qualità del prodotto stesso (67%) o dal desiderio di fare qualcosa per l’ambiente (26%). Il 97% sarebbe disposto a riconsegnare le vaschette e nove intervistati su dieci lo farebbero anche per una ricompensa inferiore o, addirittura, gratis.


Sfoglia la rivista

  • n.3 - Aprile 2024
  • n.2 - Marzo 2024
  • n.1 - Febbraio 2024


RSS Notizie da Meccanicanews


RSS Notizie da Il Progettista Industriale


Ti potrebbero interessare

Ambiente

PMI e sostenibilità, un passo alla volta

Le piccole e micro imprese sono consapevoli dell’importanza della sostenibilità, ma faticano a realizzarla perché disorientate. Per evitare perdite di tempo e risorse occorre muoversi con razionalità,