Piano Transizione 4.0: novità per il credito di imposta nel triennio 2023-25

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Con la Circolare 14/E del 17 maggio 2022, l’Agenzia delle Entrate dirime alcuni dubbi interpretativi di misure agevolative, e non solo. In particolare, l’Agenzia commenta le novità fiscali introdotte dall’ultima Legge di Bilancio (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022) facendo chiarezza su due temi di vivo interesse della comunità imprenditoriale: il credito d’imposta per beni materiali 4.0 e quello per ricerca e sviluppo.

Il credito d’imposta da Impresa 4.0 al Piano Transizione 4.0

Facciamo un passo indietro. Con il passaggio da Impresa 4.0 al Piano Transizione 4.0, le agevolazioni per le aziende che investono in innovazione hanno assunto una nuova fisionomia. I già noti iperammortamento e superammortamento sono stati sostituiti dallo strumento del credito d’imposta.

In questo modo, la platea dei beneficiari è aumentata, e il credito è stato riconosciuto su un maggior orizzonte temporale. Con la proroga, i crediti d’imposta per gli investimenti 4.0 in ricerca e sviluppotransizione e innovazione tecnologica sono stati confermati fino a dicembre 2025 (e a fine 2031, in un caso specifico). Si riducono gli importi ma è offerta la possibilità di cumulo con quanto previsto anche dal PNRR.

Le aziende avranno quindi la possibilità di operare su più fronti, pianificando in maniera variegata i propri investimenti, nel prossimo triennio. Tuttavia, come spesso è accaduto già in passato, si è reso necessario l’intervento dell’Agenzia delle Entrate per fare chiarezza.

La disciplina del credito d’imposta per i beni strumentali industria 4.0

La Legge di bilancio 2022 ha prorogato, ma rimodulato, la disciplina del credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi, limitatamente ai beni materiali e immateriali funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese, secondo il modello “Industria 4.0”.

In questo ambito, si distingue tra beni materiali 4.0 e immateriali 4.0. Per investimenti in beni strumentali materiali 4.0 si fa riferimento a quei beni il cui funzionamento è controllato da sistemi computerizzati, che operano con una gestione da remoto tramite sensori e azionamenti. Nell’Allegato A della Legge 232/2016 è riportato l’elenco preciso.

L’Allegato B, della medesima Legge, invece, riporta la specifica dei beni immateriali, i cosiddetti “intangibles”. Si tratta dei software tecnologicamente avanzati – compresi anche i servizi collegati – che risultano funzionali ai processi di trasformazione 4.0.

I beni strumentali materiali 4.0, nella Legge di Bilancio

La Legge di Bilancio 2022 stabilisce che, per le spese relative a beni materiali 4.0, come da Allegato A, nell’anno in corso è concesso un credito:

  • pari al 40% per investimenti fino a 2,5 milioni di euro
  • pari al 20% per investimenti da 2,5 a 10 milioni
  • pari al 10% per investimenti fra 10 e 20 milioni.

Rispetto al 2021, nel 2022 le prime due aliquote di cui sopra sono state abbassate (dal 50 al 40; dal 30 al 20), mentre la terza è rimasta uguale.

Nell’arco temporale 2023/2025 verranno ulteriormente dimezzate. Il credito scenderà al 20% per investimenti fino a 2,5 milioni di euro. Scenderà al 10% per investimenti da 2,5 a 10 milioni e al 5% per investimenti fra 10 e 20 milioni.

Credito d’imposta in beni strumentali materiali 4.0: cosa cambia nel 2023?

Lo scenario cambia nel 2023, anche di seguito all’intervento puntuale dell’Agenzia delle Entrate. La principale novità riguarda infatti il prossimo triennio, in funzione dell’importo annuale agevolabile. Erroneamente, era stato inteso che questo non potesse superare un massimo di 20 milioni di euro, nell’intero triennio 2023/2025, (con estensione al 30 giugno 2026).

Invece, dall’analisi della relazione tecnica alla Legge di Bilancio 2022, è emerso che il limite massimo di 20 milioni di euro doveva essere considerato distintamente, per ciascun anno interessato dalla proroga (ovvero 2023, 2024 e 2025) come riportato in un’apposita tabella. Dunque, il plafond dei 20 milioni, si riferisce alla singola annualità e non all’intero triennio.

Secondo l’Agenzia, tra l’altro, i beni dell’Allegato A non avrebbero potuto subire discriminazioni rispetto a quelli dell’Allegato B, ovvero i beni immateriali 4.0, per i quali invece è previsto un plafond annuale. Entrambe le categorie rientrano nella macrovoce di beni strumentali. Risultano funzionali al processo di trasformazione e di digitalizzazione delle imprese, nell’ambito della materia Industria 4.0.

Il credito d’imposta in ricerca e sviluppo

L’Agenzia delle Entrate affronta anche la questione del credito d’imposta in ricerca e sviluppo, sebbene non apporti particolari modifiche. Ribadisce semplicemente i limiti e le tempistiche della disciplina specifica – estesa, dalla Legge di Bilancio 2022, fino al 2031, per favorire le imprese nella programmazione accurata di investimenti così particolari.

Per i crediti in R&S, nel 2022, l’aliquota resta ferma al 20% con un limite annuo di 4 milioni di euro. Dal 2023, e fino alla fine, ci sarà una diminuzione della percentuale al 10, sebbene aumenterà l’ammontare massimo annuo dell’investimento, fino a 5 milioni di euro.

Per gli incentivi in “Innovazione tecnologica e design e ideazione artistica”, nel 2022/2023 l’aliquota è ferma al 10%, per un massimo di spesa pari a 2 milioni annui. Scenderà al 5% nel 2024/2025. Poi l’incentivo sparirà, a meno che non ci siano ripensamenti.

Anche gli investimenti in “Innovazione digitale 4.0 e transizione ecologica”, subiranno una progressiva riduzione dell’aliquota, ma un aumento del limite dei costi ammissibili.

Una riflessione finale…

Nel primo semestre del 2022, la materia del credito d’imposta ha subito diverse modifiche. Sono sia interpretative, attraverso chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate, sia normative come per il tramite del Decreto Aiuti.

Ad inizio maggio, infatti, il Decreto ha modificato il credito d’imposta per beni immateriali 4.0 e quello per formazione 4.0.

Sicuramente ci saranno ulteriori novità, e la cosa non deve stupire, considerando l’attuale momento storico economico (ma anche geopolitico). È anche vero che le imprese chiedono certezze, per una puntuale programmazione di scelte e investimenti. Tuttavia, finché le modifiche risulteranno migliorative, nulla quaestio. In caso contrario, le lamentele sarebbero giustificate.


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