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Milioni di tonnellate di plastica galleggiano sugli oceani e, a causa delle correnti oceaniche, creano isole di rifiuti galleggianti. Nel 2012, Boyan Slat, un ragazzo di 19 anni, propone un concetto passivo: il progetto Ocean Clean Up. Invece di muoversi alla ricerca della plastica, cosa che sarebbe troppo dispendiosa anche in termini di combustibile impiegato, il progetto prevede la messa in posa di cordoni fissi che raccolgano la plastica trasportata dalle correnti. In sostanza, invece di muoversi per recuperare la plastica, l’idea è quella di aspettare che la plastica si muova (attraverso le correnti) fino a restare intrappolata nei cordoni.

Le barriere sarebbero simili a quelle usate in caso di incidenti a navi petroliere, per contenere l’inquinamento superficiale: la plastica galleggia, e raramente arriva a profondità maggiori di 3 metri. Le barriere sarebbero quindi solo superficiali e permetterebbero agli organismi marini di muoversi passando al di sotto.
La plastica raccolta dalle barriere verrebbe poi recuperata attraverso strutture galleggianti, e trasportata poi sulla terraferma dove verrebbe riciclata.