Il settore dell’imballaggio in materiale plastico si sta evolvendo per rispondere alle sfide di sostenibilità, sicurezza alimentare ed efficienza produttiva. I masterbatch possono aiutare le aziende a rispondere a tali sfide portando anche a nuove applicazioni dei polimeri riciclati e dei filler da filiera agroalimentare. Il tutto all’insegna del “design for recycling”.
Indice:
- La sfida dell’ecodesign
- Il servizio di colorimetria by Gaypa
- Gamma D4R: Design for Recycling
- Masterbatch nero riflettente per una maggiore riciclabilità degli imballaggi
- Filler D4ACE da filiera agroalimentare
Come ben insegna la storia dell’arte, quello del colorista è un mestiere millenario. Fin dagli albori dell’umanità, i sapiens hanno sfruttato i pigmenti a loro disposizione per decorare il proprio corpo, abbellire le loro abitazioni e, in seguito, i grandi edifici pubblici e sacri. Il primo colore artificiale, il blu egizio, fu creato intorno al 3300 a.C., ma è in realtà con la rivoluzione industriale che sono stati introdotti su larga scala i colori sintetici: blu cobalto (1807), blu ceruleo (1860), blu oltremare (1828), gialli e arancioni a base di cadmio (1817), fino al più noto rosso di cadmio (1910): un pigmento che ha arricchito la tavolozza di artisti come Matisse. Quella dei colori è quindi una storia di evoluzione tecnologica, ma anche culturale e simbolica.
La sfida dell’ecodesign
Venendo ai giorni nostri, la pesante delocalizzazione della produzione in Estremo Oriente e le varie acquisizioni tra società hanno portato al taglio di interi rami aziendali e alla conseguente riduzione delle tipologie di pigmenti presenti sul mercato, contribuendo a porre fine alla precedente “età dell’oro” di questo settore, che aveva visto lo sviluppo continuo di nuovi pigmenti e nuovi colori.
“Di conseguenza, oggi il colorista deve essere soprattutto un chimico esperto, sapere quali pigmenti sono rimasti sul mercato e selezionare la propria tavolozza di colori nel modo migliore per affrontare le sfide in un determinato settore applicativo, tenendo ovviamente conto delle più recenti normative legate alla sicurezza e alla tutela dell’ambiente nel paese in cui il prodotto finale sarà commercializzato”, spiega Stefano Bozza, responsabileR&D di Gaypa e specialista in colorazione e additivazione delle materie plastiche, ai microfoni di Plastix.
Molti studi recentidimostrano inoltre come sia necessario usare pigmenti in grado di resistere ai processi di riciclo, in modo da non degradarsi e magari produrre sostanze nocive per la salute umana o per l’ambiente. Si entra così nel mondo del “design for recycling”, o dell’ecodesign.
Masterbatch su misura grazie al software di colorimetria
Per risolvere le problematiche sin qui descritte,Gaypa può contare su un database coloristico di circa 300 mila combinazioni di pigmenti già pronte all’uso, realizzate durante i suoi52 anni di storia aziendale.
La società ha inoltre messo a punto un software di colorimetria che riesce a valutare migliaia di combinazioni virtuali e a trovare quellamigliore con i pigmenti a disposizione e con i limiti delle normative vigenti… al prezzo migliore. Tale software, “addestrato” nell’arco di 7-8 anni, è oggi in grado di ottenere una prova colore al primo tentativo, rendendo estremamente veloce il lavoro.
Il risultato finale di questo servizio di colorimetria è ovviamente il masterbatch e i laboratori di ricerca e sviluppo e di caratterizzazione rivestono una notevole importanza per questa attività.
Grazie alla collaborazione con Grafe e alla possibilità di sfruttare il suo laboratorio analitico allo stato dell’arte, oggi Gaypariesce a fornire tali servizi ancora meglio che in passato. Non solo nel settore del packaging, ma anche, per esempio, nell’automotive e nei tecnopolimeri, in cui Grafe ha una presenza ormai storica. “Naturalmente, il tutto non avrebbe senso senza una squadra di tecnici appassionati di ambo i sessi e integrati nel processo”, sottolinea Stefano Bozza. Ma Gaypa fa veramente la differenza rispetto alla concorrenza grazie al proprio servizio di colorazione dei materiali riciclati.
Gamma D4R: Design for Recycling
Ad eccezione di specifiche realtà imprenditoriali, fino a una ventina d’anni fa si processavano quasi esclusivamente resine vergini e le variazioni di caratteristiche tra un lotto e l’altro erano ovviamente più rare. Oggi, invece, lavorando materiale riciclato meccanicamente, colorato o addirittura “floreale” (poco omogeneo, poiché proveniente da fonti diverse e caratterizzato da vari colori e sfumature, che possono appunto ricordare quelle di alcuni fiori, ndr), i trasformatori di materie plastiche si ritrovano non solo ad affrontare instabilità di processo durante lo stampaggio o l’estrusione, ma possono riscontrare anche notevoli variazioni nel colore del prodotto finale.
Per risolvere questo problema la società Gaypa sviluppa masterbatch specifici per la colorazione dei PCR (Post Consumer Recyclate), i quali, in base al target del trasformatore di materie plastiche (utilizzo all’1%, al 2% ecc.), consentono di ottenere una qualità omogenea del prodotto finale, nonostante si lavorino riciclati con proprietà variabili.
È nata così la gamma D4R (Design for Recycling) di masterbatch ad alta compatibilità e disperdibilità,utilizzabili direttamente nell’unità di plastificazione insieme al PCR, evitando così una costosa fase di compounding (PCR + masterbatch) a monte dello stampaggio. Inoltre, i D4R consentono oggi di migliorare persino le prestazioni meccaniche dei riciclatie possono contenere pure additivi per la deodorizzazione, che evitano il cattivo odore del riciclato in stabilimento e nel prodotto finale, e pigmenti riflettenti nel campo del vicino infrarosso(NIR), che facilitano la selezione ottica dei differenti polimeri nei moderni impianti per il riciclo.
Masterbatch nero riflettente per una maggiore riciclabilità degli imballaggi
La recente diffusione del colore nero nel packaging, e più in generale nei manufatti in materiale plastico, è dovuta al tentativo di far percepire come prodotto di lusso anche un articolo più comune, o d’uso quotidiano.
Un’importante caratteristica del nero di carbonio (carbon black), tra i più utilizzati per la colorazione nera, è quella di assorbire le radiazioni nel campo dell’infrarosso. Così accade che i dispositivi usati negli impianti di riciclo vengano “ingannati” dal carbon black del pigmento, il quale, assorbendo i raggi NIR, rende i manufatti plastici neri “invisibili” al selettore ottico.
“Di fronte a tale sfida, si stanno percorrendo diverse strade sia tecnologiche che chimico-fisiche”, spiega Stefano Bozza, addentrandosi un po’ più a fondo nella scienza della colorimetria. “Per esempio, vi sono macchine iperspettrali che, lavorando nel lontano infrarosso, consentono di selezionare anche gli articoli in plastica di colore nero.
Sul fronte delle soluzioni coloristiche, invece, esistono da anni pigmenti neri che riflettono l’infrarosso, ma che finora sono stati usati in settori “top secret” (difesa militare) e sono stati “tirati fuori dal cassetto” solo recentemente. Nel farlo, tali pigmenti sono stati ulteriormente “purificati” per l’uso nelle applicazioni a contatto con gli alimenti e poi lanciati sul mercato. Dal canto suo, Gaypa propone questi pigmenti da circa 5-6 anni per i cosiddetti neri riciclabili”.
“Però, la fisica che sta alla base dei pigmenti “NIR riflettenti” è purtroppo meno efficiente nell’interagire con la luce rispetto a quella dei pigmenti a base di carbonio”, aggiunge il responsabile R&D. “Pertanto si perde di appeal e profondità per quanto riguarda il colore in sé. Anche il pigmento nero per food contact dà spesso un colore meno profondo e meno bello dal punto di vista estetico, ma è in grado di garantire un’elevata purezza. Perciò, nel selezionare il pigmento nero per il suo articolo finale, il trasformatore dovrà scegliere se preferire la sicurezza alimentare/ambientale o l’aspetto estetico, oppure trovare un compromesso tra i due”.
Filler D4ACE da filiera agroalimentare
A livello di ricerca e sviluppo, tra i prodotti di punta di Gaypa vi sono anche i riempitivi (filler) da filiera agroalimentare della gamma D4ACE (Designing for A Circular Economy), che in futuro saranno pure carbon free.
L’attuale tendenza verso una maggiore sostenibilità ambientale e circolarità porta infatti a cercare di utilizzare come materie prime sottoprodotti che altrimenti finirebbero in discarica, dando loro una “seconda vita”. Tali riempitivi possono essere nobilitati all’interno dei masterbatch di Gaypa riducendo così il loro impatto ambientale, in alcuni casi pure con certificati food contact.
Per esempio, già oggi l’azienda usa come riempitivo un carbonato di calcio circolare, ma la sua intenzione è quella di sfruttare anche materiali della filiera agroalimentare italiana, tra cui residui di origine vegetale e persino vinaccia, mais e gusci d’uova.
“In questa prima fase, abbiamo deciso di lavorare con i semilavorati di origine agricola, perché, in fondo, la storia del nostro Paese passa anche da quel settore”, narra Stefano Bozza. “Infatti, per esempio, ai primi anni del Novecento la lolla di riso veniva utilizzata per tante applicazioni, dalle lettiere per il bestiame ai mangimi, fino all’uso negli imballaggi per proteggere oggetti fragili durante il trasporto. Tuttora viene impiegata in bioedilizia, come materia prima per la produzione di furfurolo (usato per la sintesi delle poliammidi)… e appunto come riempitivo per i masterbatch.
Il mercato nazionale e soprattutto quello nordeuropeo sono già pronti per questo tipo di soluzioni sostenibili”.
In conclusione, se la politica ambientalista europea non subirà un rallentamento dovuto ai recenti eventi geopolitici ed economici, il settore dei materiali riciclati vedrà un costante sviluppo… e così anche i relativi masterbatch con “filler circolari” di Gaypa.



