IPPR fotografa il consumo di plastiche riciclate in Italia

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Quando si parla di riciclo di materie plastiche, si finisce inevitabilmente a puntare il dito sulla raccolta e sul trattamento dei rifiuti plastici, dando per scontato che ciò che viene recuperato al termine del processo sia effettivamente riutilizzato a valle nella produzione di nuovi manufatti. In realtà, i volumi di plastica riciclata acquistata e consumata dai trasformatori nazionali dipendono da diversi fattori, oltre alla disponibilità, come la tipologia del polimero e il suo grado di purezza, l’eventuale compoundazione che ne migliora le caratteristiche – il cosiddetto upcycling –, il prezzo relativo rispetto alla corrispondente resina vergine e, ultimo ma non per importanza, la richiesta del mercato finale di prodotti in plastica riciclata; domanda che a sua volta è influenzata da fattori economici e sociali.

Dalla parte dei trasformatori

Risulta quindi utile, accanto alle statistiche pubblicate ogni anno da Corepla e dai consorzi autonomi sul recupero e trattamento di rifiuti plastici, anche il rapporto annuale diffuso da IPPR – Istituto per le plastiche da riciclo, che fotografa con un buon grado di approssimazione l’effettivo consumo di plastiche rigenerate nel settore della trasformazione, ovviamente al netto dell’autoconsumo di sfridi, ma considerando anche l’importazione da altri paesi. Un’analisi del settore e delle sue potenzialità di sviluppo – condotta dalla società milanese Plastic Consult – volta a mostrare che la plastica non è soltanto riciclabile, ma viene effettivamente riciclata.

Crescono i consumi di riciclati

La prima buona notizia che arriva dallo studio è che nel 2019 sono cresciuti i volumi di plastiche da riciclo trasformati in Italia: un totale di 1,175 milioni di tonnellate, con un incremento del +4,4% rispetto all’anno precedente e di ben il +14,6% se il dato viene messo a confronto con il 2015. La maggior parte è plastica rigenerata da post consumo (835.000 tonnellate, pari al 71%), a fronte di un 29% di pre-consumo (340.000 tonnellate). Il nostro paese resta un importatore netto di scarti industriali (pre-consumo), in particolare per quanto riguarda le poliolefine, anche in relazione alla presenza di una forte industria nazionale del compounding. Per quanto riguarda il post consumo, invece, l’origine è pressoché nazionale.

Il packaging mantiene il primato

Passando alle principali famiglie polimeriche, al primo posto si confermano i polietileni, con il 31% dei volumi trasformati e una prevalenza della bassa densità (20% del totale), anche se l’HDPE migliora la sua penetrazione passando all’11%; in termini assoluti sono circa 375.000 tonnellate (+16.000 rispetto all’anno precedente), per oltre l’85% di origine post consumo. Segue il polipropilene con una quota del 27% e un volume pari a circa 313.000 tonnellate. Pur in crescita in termini assoluti, nel complesso le poliolefine perdono qualche punto percentuale di penetrazione, a favore del PET, che sale al 20% (230.000 tonnellate, oltre 20.000 in più rispetto al 2018), con una netta prevalenza del post consumo (90%). Mantengono invece le posizioni nella domanda dei trasformatori i riciclati a base di PVC (7%), stireniche (6%) e plastiche miste (9%). Il trend rispecchia l’evoluzione nel mondo del packaging, che vede una crescita delle applicazioni nell’imballaggio rigido, mentre il settore delle costruzioni sostiene la richiesta di polistirene, soprattutto espanso. Nel caso del polipropilene, la contrazione dei consumi nel mondo dell’auto, ancora in profonda crisi, è stata bilanciata dallo sviluppo in altri settori. Per quanto concerne la destinazione dei manufatti contenenti polimeri rigenerati, l’imballaggio non solo mantiene il primato nella domanda di plastiche riciclate da parte dei trasformatori italiani – che ormai supera il 30% del totale –, ma aumenta anche il distacco dai suoi inseguitori grazie a un incremento di quasi 50.000 tonnellate rispetto al 2018. Seguono l’edilizia con il 23%, quindi igiene e arredo urbano (poco più del 15%), casalinghi e mobile/arredo (9%) e agricoltura (4%).

4.935 kton: i polimeri vergini impiegati dall’industria di trasformazione
1.175 kton: i polimeri riciclati impiegati dall’industria di trasformazione

Effetto Covid-19 sui consumi

Lo studio prova anche a delineare l’andamento della domanda nel corso di quest’anno, esercizio non facile stante l’incertezza causata dall’emergenza sanitaria da Covid-19. La stima di Plastic Consult indica un decremento di oltre dieci punti percentuali (e forse più) nei consumi nazionali, in relazione al rallentamento generale della produzione industriale. “La prolungata chiusura di una serie di canali di sbocco, unita alle difficoltà di ripartenza a fine lockdown e a prospettive decisamente recessive per numerosi settori industriali e non, indicano un’evoluzione particolarmente depressa per l’anno in corso – si legge nel report –. L’impiego di riciclati sarà quest’anno ulteriormente sfavorito dalla situazione relativa ai prezzi, visto il continuo e progressivo ribasso delle quotazioni dei polimeri vergini”.

Non tutti i settori verranno colpiti allo stesso modo. Seguendo un trend che riguarda anche il polimero vergine, la domanda è attesa in forte contrazione soprattutto nell’industria automotive, in applicazioni di igiene urbana (dove gioca a sfavore la chiusura forzata di due mesi dei locali commerciali e della ristorazione collettiva), nell’edilizia e costruzioni (anche in questo caso per il fermo dei cantieri), mentre nel caso del mobile/arredo pesa la cancellazione del Salone del Mobile, che ha sostanzialmente fermato gli ordini. Vi sono però applicazioni – soprattutto nell’imballaggio rigido – che potrebbero trarre giovamento dall’emergenza sanitaria, con un traino anche sulla domanda di riciclati, soprattutto HDPE e PET: è il caso delle vaschette per alimenti confezionati, che nella prima parte dell’anno hanno mostrato un trend decisamente crescente, e dei contenitori soffiati (flaconi) per prodotti per la disinfezione e la pulizia, che nei mesi scorsi hanno registrato un vero e proprio boom.

La metodologia della ricerca

Per compilare il report IPPR, la società milanese di consulenza e ricerche di mercato Plastic Consult ha interpellato quasi 180 operatori della filiera, tra cui trasformatori (60% del totale), compounder (33%), riciclatori (6%), oltre ad altri soggetti tra cui importatori, commercianti di macinati e rigenerati (5%). L’analisi si è concentrata sulle principali termoplastiche, quali poliolefine, PVC, stireniche e PET, e sulle plastiche miste, mentre sono stati esclusi dal perimetro i tecnopolimeri. L’analisi prende in considerazione sia gli sfridi che il post consumo, con esclusione del solo autoconsumo.

Scarica il report IPPR a questo link


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