Dal PEF al PLH, tutte le bioplastiche del futuro

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Foto Shutterstock

Lo sviluppo dei progetti che riguardano le bioplastiche innovative – da tempo annunciate, ma non ancora giunte sul mercato in volumi significativi – non è mai semplice o lineare: i tempi tecnici necessari per scalare le diverse fasi di sviluppo, dal laboratorio all’impianto industriale passando per le unità pilota e quelle dimostrative, possono richiedere anni e il processo talvolta si blocca per mesi o addirittura per sempre. Ci sono poi fattori legati all’approvvigionamento delle materie prime o a valutazioni economiche sui tempi di ritorno degli investimenti; senza dimenticare che per far decollare un progetto occorre una solida domanda a valle e un profilo dei costi compatibile con le richieste del mercato.

Primo impianto per PEF

Un esempio che ben rappresenta la situazione è quello del polietilene furanoato (PEF), una plastica biobased con prestazioni pari o superiori a quelle del PET, che alcune aziende stanno cercando di portare sul mercato ormai da qualche anno. La più vicina all’obiettivo sembra essere l’olandese Avantium, che dopo aver costituito un consorzio di potenziali utilizzatori, PEFerence – tra i quali spiccano marchi noti come LEGO, Henkel, Alpla e Carlsberg – si appresta ora a realizzare il primo impianto dimostrativo. Sorgerà presso il Chemie Park Delfzijl (Olanda) e sarà in grado di produrre fino a 5.000 tonnellate annue di FDCA (acido 2,5-furandicarbossilico) partendo da zuccheri o da amidi. Facendo reagire questo intermedio con glicole etilenico ricavato da materie prime rinnovabili si ottiene un polietilene furanoato (PEF) 100% biobased. Tra l’altro, Avantium possiede anche un processo brevettato per la sintesi di glicole monoetilenico (MEG) partendo da zuccheri di origine vegetale, e si propone di passare alla scala commerciale in partnership con il produttore di zucchero Cosun Beet Company. La decisione finale su questo investimento è prevista nei primi mesi del 2023 e – in caso di esito positivo – il primo impianto per bioMEG da barbabietole potrebbe essere messo in marcia nel 2025.

Un mercato da 200 miliardi di dollari

Per quanto concerne l’FDCA, la tecnologia sviluppata e brevettata da Avantium, battezzata YXY, sembra matura e ben sperimentata, ma senza i volumi necessari allo sviluppo applicativo è difficile valutarne l’effettivo impatto sul mercato del packaging. La società biotech olandese stima che il potenziale di sostituzione del PET possa valere fino a 200 miliardi di dollari l’anno, da soddisfare anche concedendo a terzi la tecnologia in licenza per attivare le capacità produttive necessarie.

La decisione finale sulla costruzione del primo impianto dimostrativo per PEF è stata presa da Avantium alla fine dell’anno scorso, una volta soddisfatti i tre requisiti preliminari del progetto: reperire adeguate risorse finanziarie, completare l’engineering dell’impianto e raggiungere un livello minimo di opzioni di acquisto per la bioplastica prodotta. Quest’ultimo criterio era stato già soddisfatto in primavera con opzioni per oltre il 50% della capacità produttiva. L’ultimo tassello mancante, riguardante l’aspetto finanziario, è stato infine soddisfatto, grazie a un prestito di 90 milioni di euro, sui 150 milioni previsti per la costruzione del nuovo impianto.

L’impianto che Avantium è in procinto di realizzare presso il Chemie Park Delfzijl (Olanda) sarà in grado di produrre fino a 5.000 tonnellate annue di FDCA partendo da zuccheri o da amidi

Si muovono anche i coreani

Nel PEF si è attivato anche il gruppo chimico sudcoreano Kolon, che ha siglato un accordo con la californiana Origin Materials per la fornitura, su base pluriennale, di FDCA. La società statunitense possiede una piattaforma tecnologica capace di trasformare, mediante processo catalitico, il carbonio presente nelle biomasse cellulosiche di seconda generazione, facilmente reperibili ed economiche (come i residui della lavorazione del legno), in building-block per la chimica verde tra cui furani (CMF, da cui si può ottenere bio-paraxilene), carbonio da conversione idrotermica (HTC), acido levulinico e furfurale. Non sono però stati forniti dettagli sulle tempistiche del progetto. Kolon produce già a livello industriale un’altra bioplastica: il polibutilene adipato tereftalato (PBAT), poliestere biodegradabile – ma non biobased – che può essere impiegato tal quale o come modificante di biopolimeri destinati alla produzione di film per imballaggio e pacciamatura, per migliorarne le caratteristiche di flessibilità e saldabilità. Il PBAT di Kolon viene oggi prodotto nell’impianto di Gumi (Corea del Sud), dove è installata una capacità pari a 8.000 tonnellate annue. Volume destinato a crescere fino a 60.000 t/a grazie a un accordo siglato con SK Geo Centric (già SK Global Chemical), che si occuperà della distribuzione con il marchio Ecomore, oltre a fornire a Kolon l’1,4 butandiolo (BDO) necessario alla sintesi del biopolimero. Un altro gruppo coreano, LG Chem, ha in progetto di costruire un nuovo impianto per la produzione di PBAT da 50.000 t/a, che potrebbe partire nel corso del 2024. Il mercato attuale del PBAT è stimato in 220.000 tonnellate annue, ma si ritiene possa salire a 800.000 t/a entro il 2025, in virtù della crescente domanda proveniente dall’industria delle bioplastiche, alle prese con normative sempre più stringenti su packaging e articoli monouso.

Alleanza per il 3-HP

Restando in Corea, desta interesse l’accordo siglato da LG Chem e GS Caltex per sviluppare insieme una tecnologia di fermentazione volta a ottenere su scala industriale acido 3-idrossipropionico (3-HP) partendo da glucosio e glicerolo non raffinato proveniente da oli vegetali. Il 3-HP è un intermedio biobased destinato alla produzione di una nuova famiglia di bioplastiche a base PLH (polilattato 3-idrossipropionato), un copolimero dell’acido polilattico, biobased e biodegradabile, con caratteristiche di flessibilità e trasparenza. Oltre alle bioplastiche, l’acido 3-idrossipropionico potrebbe trovare applicazione nello sviluppo di polimeri super assorbenti (SAP) per pannolini, vernici, adesivi e colle, fino ai coating e alle fibre di carbonio. LG Chem dispone di tecnologie fermentative per la produzione 3-HP e ha già ottenuto in laboratorio, due anni fa, alcune tipologie di PLH. GS Caltex parteciperà al progetto mettendo a disposizione le proprie tecnologie di processo. I primi lotti di 3-HP potrebbero essere disponibili nel corso del 2023. Contestualmente, LG Chem ha intenzione di accelerare lo sviluppo di PLH per arrivare alla produzione commerciale del biopolimero intorno al 2025.

Cocktail di PHA e PLA

TotalEnergies Corbion – nuova denominazione assunta da Total Corbion PLA – sta collaborando con Danimer Scientific allo sviluppo di compound basati su miscele di due diversi biopolimeri: poliidrossialcanoato (PHA) e acido polilattico (PLA). In base all’accordo a lungo termine stipulato dai due partner, TotalEnergies Corbion fornirà il PLA a Danimer Scientific, che già produce PHA e che immetterà sul mercato, con il marchio Nodax, blend dei due biopolimeri, opportunamente formulati per soddisfare specifiche esigenze applicative in settori diversificati. Questo nuovo filone è frutto dell’acquisizione, da parte di Danimer Scientific, della connazionale Novomer, attiva nella ricerca e sviluppo di processi per la sintesi di nuovi materiali, quali biopolimeri, lattoni funzionalizzati e intermedi.
TotalEnergies Corbion ha prodotto alla fine dell’anno scorso le prime 100.000 tonnellate di PLA a marchio Luminy nel nuovo impianto thailandese da 75.000 t/a. Ha anche iniziato la progettazione del secondo sito produttivo che sorgerà a Grandpuits (Francia), con capacità pari a 100.000 tonnellate annue.

Sul fronte dei poliidrossialcanoati, al fine di ridurre i costi di produzione, Danimer Scientific sta collaborando con Chevron Phillips Chemical (CPChem) all’adattamento del processo a reattore “loop slurry” per produrre PHA partendo da lattoni. La tecnologia di polimerizzazione loop slurry viene utilizzata da decenni per la produzione di polietilene: se applicata alla sintesi di PHA, potrebbe ridurne considerevolmente i costi e agevolare così il passaggio su larga scala.

Danimer ha anche avviato un programma di investimenti per aumentare progressivamente la produzione di poliidrossialcanoati in Nord America: a Bainbridge, nello Stato della Georgia, nascerà un nuovo impianto da oltre 110.000 tonnellate annue che entrerà in funzione, in due fasi, tra il 2023 e il 2024.


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