Il manifatturiero che resiste alla crisi

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shutterstock_124904123_webNonostante le difficoltà che ancora affliggono molti comparti industriali, l’industria manifatturiera delle provincie di Bergamo e di Brescia ha resistito, anzi i numeri dicono che ha superato la crisi e che le prospettive sono di crescita. «Nonostante questo, le imprese del segmento, molto spesso, non hanno la consapevolezza della propria importanza». Ad affermarlo è Ercole Galizzi, presidente Condindustria Bergamo e Chief Executive Officer di Argomm, che abbiamo incontrato nel corso dell’open house organizzata da Mesgo ed Engel lo scorso 5 novembre. «Secondo uno studio commissionato da Confindustria Bergamo alla Fondazione Edison, la provincia di Bergamo è la seconda manifattura in Europa, preceduta solo dalla provincia di Brescia», ha sottolineato il manager. Ma le sorprese non finiscono qui, perché tra le prime dieci manifatture più importanti in Europa compaiono ben sette provincie italiane, due tedesche e una polacca. «Può sembrare strano, ma è proprio così», puntualizza Galizzi.

La ricerca ha considerato alcuni parametri come il fatturato aggregato, il valore aggiunto rispetto al PIL e l’export. «Nel 2014, l’industria manifatturiera bergamasca ha prodotto circa 10 milioni di euro di valore aggiunto (quella bresciana la precede per un soffio) e ha messo a segno un rapporto tra export e PIL del 50%, contro il 40% dell’intera Germania e il 24% dell’Italia. Inoltre, ha una forte propensione all’esportazione (è la quinta provincia italiana per il valore dell’export) di un prodotto che per l’80 per cento viene realizzato e acquistato in Italia. Un dato, quest’ultimo, molto importante, dal quale tuttavia non emerge che la filiera produttiva è corta, e che quindi sono presenti sul territorio tutte le tipologie di imprese che costituiscono la filiera produttiva».

galizziLe imprese manifatturiere delle provincie di Bergamo e Brescia hanno una tradizione lontana, “quella del saper fare”
Ercole Galizzi

Un altro dato significativo è che l’industria manifatturiera bergamasca – ma anche bresciana –, viene identificata come “medium tech”, un segmento che ha la maggior ridistribuzione sociale del reddito, occupando circa il 31% della forza lavoro della provincia; si tenga presente che la media europea è il 28%. «Si tratta di un’area dove l’attività manifatturiera ha via via portato alla gemmazione di imprese specializzate molto forti e con una tradizione lontana, “quella del saper fare”», continua Galizzi. «Chimica, gomma e materie plastiche, apparecchi elettrici, macchine e impianti, ma anche prodotti in metallo sono i segmenti meglio performanti».

Il Distretto del Sebino
In questo panorama industriale, il Distretto della gomma del Sebino (che comprende parte delle provincie di Bergamo e Brescia) si distingue a livello globale per innovazione, fatturato e tecnologia. «È uno dei quattro distretti mondiali a occuparsi di guarnizioni insieme a quello americano, giapponese e del Sud Est asiatico. «È il più piccolo, ma è quello con la filiera più completa, più integrata», continua Galizzi. «Con un fatturato aggregato di circa 1,5 miliardi di euro e 5.000 addetti, secondo uno studio di Intesa San Paolo 2014, è il miglior distretto d’Italia per export: è quello che, dal 2008 al 2014, ha recuperato posizioni di mercato più velocemente mettendo a segno +40%. Anche la redditività è molto elevata e superiore alla media italiana». L’aggiornamento di giugno 2015 del report di Intesa San Paolo riporta un export del valore di 430 milioni nel 2014 e una crescita di +1,9% nel primo semestre 2015. «Una crescita conseguita cavalcando i mercati stranieri, conquistata con un forte impegno», continua Galizzi. «Da uno studio realizzato da Ubi Banca emerge infatti che le imprese del Distretto sono caratterizzate da una struttura patrimoniale solida, irrobustita nel corso degli ultimi anni attraverso la capacità di generare liquidità e di capitalizzare gli utili conseguiti, ma anche attraverso la capacità di creare valore economico».

Quando si parla di innovazione non si deve pensare solo al prodotto e al processo, ma anche alla crescita dimensionale
Ercole Galizzi

Ma, ribadisce lo studio, le imprese del Distretto, nei prossimi anni, dovranno prevedere investimenti in tecnologia, aumentare la spesa in ricerca e sviluppo e finalizzare acquisizioni. «Quando si parla di innovazione sicuramente dobbiamo pensare al prodotto e al processo, ma in realtà l’innovazione è molto più ampia», precisa Galizzi. «Uno dei temi su cui le nostre imprese dovranno puntare è la crescita dimensionale. Un’espansione che può avvenire in tanti modi: l’aggregazione è il più semplice cui pensare, ma al contempo il più difficile per l’anima fortemente individualista tipica dell’imprenditore italiano. Non resta quindi che trovare nuovi capitali sul territorio: Mesgo, per esempio, è cresciuta per acquisizioni con il supporto del Fondo Italiano d’Investimento». Un esempio se non da imitare, quanto meno da cui prendere esempio.


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