Spettri 4.0

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Il paradigma 4.0 fa paura. Secondo uno studio presentato al World Economic Forum 2016 sottrarrà posti di lavoro e benessere

Il Futuro è alle porte. E non mi riferisco all’ovvio, inevitabile fluire del continuum spazio temporale, ma al Futuro con la “F” maiuscola, quello a lungo vaticinato dalla letteratura fantascientifica. Un Futuro dominato da legami sempre più intimi fra l’Uomo e le Macchine da lui create. Questo sarà reso possibile da tutte quelle innovazioni della tecnologia digitale che giungono proprio ora alla loro maturità, generando un vero e proprio ecosistema fatto di robotica avanzata, intelligenza artificiale, acquisizione e analisi dati, sensori evoluti e fabbricazione digitale, in un contesto dove ogni singola interazione verrà condivisa in tempo reale, diventando parte di un immenso patrimonio di informazioni condivise in Cloud da imprese sparse in tutto il mondo.

Vedremo veicoli intelligenti circolare per le strade in assenza di conducenti, riceveremo consegne puntuali dei beni acquistati per mezzo di droni sempre più efficienti, ogni nostro singolo “mi piace” sui social, o l’equivalente su sistemi di indagine sempre più sofisticati (e potenzialmente invasivi), diventerà parte integrante di statistiche che condurranno alla produzione di beni e servizi sempre più mirati al miglioramento dell’esperienza del consumatore.

Purtroppo però è proprio quest’ultimo che rischia di diventare l’anello debole della catena di questa nuova matrix: l’Homo consumens fonda le basi della sua stessa esistenza nel proprio potere d’acquisto, che è diretta funzione del proprio reddito ed è qui che il proverbiale asino rischia di cascare. È infatti storicamente provato quanto ogni forma di automazione rechi con sé l’annichilazione di figure professionali obsolete e l’emergere di nuove più moderne, e l’effetto socio-economico di questa trasmutazione dipende dal bilancio fra quanti perderanno il lavoro e quanti invece lo troveranno.

Parlando di Industria 4.0, le previsioni sui livelli di occupazione a breve, medio e lungo periodo non sono affatto confortanti. Da uno studio presentato al World Economic Forum 2016 su 15 nazioni fra le più industrializzate (rappresentative del 65% della forza lavoro mondiale) risulta infatti che già nei prossimi cinque anni si può prevedere la creazione di 5 milioni netti di nuovi disoccupati per i quali l’esperienza di consumo, anche dei soli beni primari, non potrà che risultare frustrante. Estendendo l’analisi al prossimo ventennio la situazione non può certo definirsi più rosea, se consideriamo che per gli USA viene previsto un calo occupazionale del 47%.

Dobbiamo inoltre considerare che queste analisi tengono conto di un ipotetico benefico effetto del reshoring, il ritorno sul suolo patrio di attività produttive ora emigrate in Paesi a basso costo di manodopera, e partono dal presupposto che i nuovi posti di lavoro vengano generati in patria. Questo è però ben lungi dal costituire una garanzia, visto che, in base alle logiche dell’interconnessione globale, le moderne smart factory potranno essere gestite da qualunque punto del globo a patto di essere armati di idoneo smart device dotato delle App del caso. Cosa dire poi se a sottrarre il posto a un padre o ad una madre di famiglia, con i suoi costi e le sue preoccupazioni, sarà uno spensierato ragazzino nativo digitale che gestirà il suo lavoro con uno smart phone, interagendo con il sistema attraverso un’interfaccia friendly dal ludico sapore di videogioco?

A conti fatti, gli scenari più cupi prevedibili sembrano indicare una sorta di implosione del sistema (effetto gatto-che-si-morde-la-coda) che, seppur più efficiente e apparentemente profittevole, rischia di non trovare poi a chi vendere i beni/servizi prodotti per il crollo del potere d’acquisto della gente comune. La sfida più importante che dovremo affrontare nei prossimi anni sarà proprio quella di trovare il giusto equilibrio nel rinnovare il modo di concepire e produrre nuovi beni e servizi, contribuendo nel contempo al miglioramento delle possibilità dei consumatori di usufruirne.


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