Shopper: in arrivo la Direttiva europea

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La polemica sui sacchetti di plastica si sposta da Roma a Bruxelles, chiamata a decidere sulla legge italiana che ha messo al bando – fino ad oggi ancora senza sanzioni – la vendita di shopper monouso prodotti con plastiche non biodegradabili. La Commissione europea non si è ancora espressa formalmente sulla liceità del provvedimento e, in qualche cassetto, giace un dossier (CHAP2013/01330) con la procedura di infrazione contro l’Italia per la mancata notifica del provvedimento e la violazione del principio, sancito dall’articolo 18 della direttiva 94/62/CE che vieta agli Stati membri di ostacolare l’immissione sul mercato nel loro territorio di imballaggi conformi alle disposizioni contenute nella Direttiva sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio.

La Commissione è al lavoro

La situazione di stallo, che ha di fatto congelato la piena entrata in vigore del divieto, è destinata però a cambiare nei prossimi mesi. La Commissione europea sta infatti elaborando una proposta di emendamento alla Direttiva Imballaggi che riguarderà proprio i sacchetti in plastica, con l’obiettivo di ridurne il consumo di almeno il 20 per cento, attraverso una serie di misure che ogni Paese potrà scegliere liberamente, ma che dovrà in ogni caso adottare entro due anni dall’entrata in vigore della nuova direttiva. Si va dalla determinazione di target di riduzione dei sacchetti più inquinanti all’imposizione di tasse e tariffe, per arrivare a vere e proprie restrizioni alla vendita degli shopper più leggeri.

La tutela ambientale deroga al libero scambio

La bozza di proposta che circola in Rete – già ribattezza Direttiva taglia-shopper – smonta uno dei principi cardine della direttiva 94/62/CE, affermando che la tutela ambientale può derogare alla libera circolazione delle merci. Questo è il punto più delicato del nuovo impianto normativo, che non mancherà di aprire un dibattito all’interno del Parlamento europeo tra l’ala ambientalista e quella più liberista, entrambe trasversali nell’emiciclo.

La bozza della Commissione che – sottolineiamo – non è ancora la proposta definitiva, individua come ambito di applicazione i sacchetti in plastica con spessore inferiore ai 50 micron, i più diffusi e i meno vocati a un possibile reimpiego, quindi considerati a torto o a ragione i più inquinanti. Non fa invece menzione della biodegradabilità, ma ciò non significa che i diversi Paesi non potranno introdurre deroghe specifiche, purché motivate.

Non concordano gli spessori

Sempre riguardo al caso italiano, emerge una discrepanza per quanto riguarda gli spessori degli shopper. I 50 micron individuati come soglia dalla Commissione sono più bassi di quelli previsti dalla normativa entrata in vigore l’anno scorso nel nostro paese, che esonera dal divieto di commercializzazione, oltre ai sacchi biodegradabili, anche quelli prodotti in plastica convenzionale con spessore superiore ai 60 micron se con maniglia interna, o di 100 micron se la maniglia è all’esterno (rispettivamente 100 e 200 micron se destinati a uso alimentare). Resta quindi una “terra di nessuno”, rispettivamente di 10 e 50 micron, cui ci si potrebbe aggrappare per aggirare la normativa.

I primi commenti

La Direttiva “taglia shopper” viene salutata con favore da Assobioplastiche, che la giudica un “importante riconoscimento per la legge italiana sugli shopper”. L’Associazione, che rappresenta la filiera italiana delle plastiche biodegradabili e compostabili, chiede alle istituzioni di sostenere il provvedimento in sede europea per mantenere una leadership nell’innovazione e introdurre anche nel resto dell’Europa la soluzione adottata nel nostro paese.

Di parere opposto sono le piccole imprese della gomma e plastica riunite in CNA Produzione, da sempre molto critica sull’imposizione del bando ai sacchetti in plastica: la deroga all’art. 18 della Direttiva Imballaggi e ai principi comunitari sulla libera circolazione delle merci, viene giudicata «Molto grave, del tutto incomprensibile e ingiustificata, soprattutto tenendo conto degli interessi economici intrinseci, e non certo di credibili argomentazioni connesse alla tutela ambientale, che hanno a suo tempo condizionato il legislatore italiano nel delimitare rigidamente il perimetro merceologico dei sacchetti per asporto di merci per i quali si vorrebbe consentire la libera commercializzazione. In ogni caso – aggiunge l’Associazione – l’iter della proposta legislativa sarà ancora molto lungo in sede europea e il confronto, per quanto ci riguarda, continuerà in sede di Parlamento europeo».

A metà strada si colloca Federazione Gomma Plastica, che pur giudicando la deroga all’articolo 18 «Un “liberi tutti” che potrebbe avere gravi ripercussioni sul mercato», accoglie con favore un chiarimento in sede comunitaria. «Gli interventi in successione che il Legislatore italiano ha assunto in questi anni sono un groviglio di contraddizioni dal punto di vista giuridico, economico e ambientale – afferma il direttore della Federazione, Angelo Bonsignori –. Un momento di chiarezza è quindi necessario per tutti, soprattutto per coloro che hanno sostenuto e preteso, al di là di ogni ragionevole confronto, la messa al bando voluta dall’Italia. L’auspicio è che l’Unione europea assuma decisioni sensate e meditate nell’interesse generale, che comprende anche quello delle imprese, e non a favore di chi pretende comode posizioni di mercato».


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