Mini 650: Livrea Yacht e OCore lo fanno con la stampa 3D

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Mini 650, la prima imbarcazione da competizione con scafo stampato in 3D con compositi polimerici avanzati e multi-materiali è firmata da Livrea Yacht e realizzata dalla start up palermitana OCore (Organic Core) specializzata nella costruzione di barche.

Additive manufacturing robotizzato

«Il progetto è uno dei primi esempi in ambito industriale dell’applicazione di sistemi di additive manufacturing robotizzati, multi-funzione e di grande formato» spiega Daniele Cevola, fondatore insieme a Francesco Belvisi della start-up. «Il controllo avanzato del movimento e le tecnologie di visione permettono infatti di sincronizzare i processi robotizzati con l’estrusione dei materiali». La progettazione di Mini 650 è stata condotta tramite modellazione tridimensionale in cloud utilizzando il software Fusion 360 di Autodesk, che ha permesso di ottimizzare il peso dei componenti, sperimentare materiali innovativi e realizzare curvature complesse impossibili da ottenere con tecnologie e materiali tradizionali.

L’avventura di Livrea 26

«La nostra avventura nella produzione additiva applicata alla nautica ha preso il via con Livrea 26, presentata a Miami nel 2014» continua Daniele Cevola. «È una barca costruita in modo tradizionale, che integra elementi realizzati tramite SLS (sinterizzazione laser selettiva) con i materiali Windform di CRP Technology. Per esempio, abbiamo stampato in 3D un passadrizze, ovvero l’alloggiamento con passaggi e canali interni che permettono di far scorrere le corde (drizze appunto) che governano l’imbarcazione sottocoperta, in modo da non farle vedere, e di drenare l’acqua piovana: la complessità della geometria di questo componente ci ha suggerito di ricorrere al metodo additivo».

Nasce Mini 650

Sperimentate le potenzialità delle tecnologie additive nella soluzione di problemi complessi, è sorta l’idea di utilizzarle per realizzare pezzi di grandi dimensioni. «Quindi, abbiamo abbandonato la tecnologia SLS per l’FDM (Fused Deposition Modelling), mettendo a punto una variante di estrusore che utilizza materiale in granuli anziché filamenti» continua Cevola. È nata così Mini 650, una tipologia dedicata a regate a lunga distanza, come la traversata oceanica Mini Transat, che parte dal Nord della Francia e arriva fino in Sud America. Queste imbarcazioni sono dei veri e propri laboratori per sperimentare tecnologie da utilizzare nelle competizioni maggiori, come la Coppa America o la Volvo Ocean Race».

Pochi giorni per stampare lo scafo in 3D

Deciso il cambio di passo, OCore ha quindi coinvolto nel progetto altri partner. «Kuka ci ha fornito in comodato d’uso un robot di grandi dimensioni ad alta precisione per eseguire la lavorazione» precisa Cevola. «Autodesk ci ha supportato in alcune fasi della progettazione di parti molto articolate in ottica della realizzazione con additive manufacturing. Lehvoss, invece, ha messo a punto una poliammide 6 caricata con fibre di carbonio, che permette di stampare parti decisamente grandi (per esempio, i due timoni, che pesano 1,4 chili ciascuno) con pareti molto sottili e molto resistenti». Lo scafo realizzato misura 6,50 in lunghezza, come prescritto dalla classe dell’imbarcazione, e ha una larghezza massima di 3 metri. «Dal momento che la barca può essere stampata in pochi giorni, abbiamo potuto dedicare tempo prezioso alla validazione di diverse carene per individuare la geometria ottimale. Grazie al supporto strategico della Eurisco Consulting, una giovane realtà italiana specializzata nella Engineering Solution, siamo riusciti ad analizzare in breve tempo le previsioni di velocità e trovare la carena più appropriata».

OCore riesce a produrre in 3D parti dello scafo servendosi di un robot ad alta precisione di grandi dimensioni

Tecnologia personalizzata

«La tipologia di deposizione del materiale che abbiamo sviluppato e brevettato ci distingue dai principali nomi del 3D printing specializzati in aree di lavoro di grandi dimensioni, come Cincinnati, Thermwood e Arevo Labs» continua. «Grazie all’analisi FEM identifichiamo nel modello 3D dell’imbarcazione le aree soggette a maggiori o minori sollecitazioni e, utilizzando le geometrie frattali che il design generativo dell’additive manufacturing sa replicare sul modello di strutture naturali – per esempio le ossa –, progettiamo strutture reticolari più o meno fitte in funzione della resistenza meccanica richiesta» continua Cevola. «Il software che abbiamo messo a punto traduce i risultati delle analisi a elementi finiti in un algoritmo che guida il robot nella deposizione del materiale. Sul braccio antropomorfo è installato uno speciale estrusore che riscalda i granuli fino a fonderli in un filamento, che il robot, muovendosi nello spazio, deposita secondo il percorso tracciato dal software».

Particolare di Livrea Yacht stampato in 3D

Luvocom, materiale ad alte prestazioni

Questo tipo di lavorazione è reso possibile anche dallo speciale grado di Luvocom 3F sviluppato da Lehvoss Group, che può essere depositato anche in ambiente a temperatura non controllata al contrario dei materiali omologhi tradizionali, che richiedono camere riscaldate a temperatura costante, per evitare le dispersioni di calore e gli shock termici che possono deformare lo stampato. Questo porta a pezzi molto più resistenti, più durevoli e precisi e allo stesso tempo più leggeri. «In questo modo non abbiamo vincoli dimensionali» precisa Cevola. «Attualmente il robot è posizionato a terra e copre un’area di lavoro di 3×2 metri con un’altezza di 2 metri, ma se viene montato su un binario o su un portale rovesciato può operare in un’area molto più estesa».

Il metodo O’Shape

«Il nome O’Shape sottolinea la peculiarità del nostro metodo, ideato per stampare core autoportanti con le geometrie frattali del design generativo da rivestire esternamente e internamente con pelli in fibra di carbonio o di vetro per realizzare strutture sandwich composite» spiega Cevola. «Mini 650 è diventata un importante caso studio, che dimostra potenzialità preziose per tutti i settori dove l’additive manufacturing è già diffuso, come l’aerospace, l’automotive e il green energy. Per esempio, stiamo lavorando a turbine eoliche verticali, che ruotano sul proprio asse: con l’approccio additivo possono essere prodotte piuttosto semplicemente rispetto alla costruzione tradizionale, che richiede la costruzione di più stampi».

Il metodo O’Mold

La nautica è un settore molto conservativo che fatica ad accettare le nuove tecnologie. Partecipare a una regata transoceanica con un’imbarcazione stampata in 3D è sicuramente l’approccio giusto per portare l’attenzione sul nuovo metodo sviluppato dalla start up siciliana. «Una delle sue declinazioni è stata ribattezzata O’Mold, perché è dedicata alla produzione di stampi in materiale termoplastico per la lavorazione di compositi. L’idea nasce dal fatto che gli stampi per costruire sia imbarcazioni di serie, sia pezzi unici vengono dismessi a fine vita con costi molto alti, tanto che i cantieri navali decidono molto spesso di abbandonarli come rifiuti» precisa. «Oltre il 90% del materiale che costituisce uno stampo in termoplastico può invece essere riutilizzato, ad esempio, per elementi di supporto dello stampo, trasformandosi così da rifiuto in risorsa. Inoltre, la tecnologia permette di integrare negli stampi funzionalità importanti, come i canali per il riscaldamento e il raffreddamento, necessari per la lavorazione a temperatura controllata dei compositi, o la sensoristica per verificare le deformazioni e lo stato di usura dello stampo stesso» conclude Cevola.


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