La carrozzeria? Uno speciale polistirene la rende più resistente

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Far salire un elefante sulla carrozzeria dell’automobile senza correre il rischio di romperla, calpestare un computer senza spezzarlo o appendere un TIR a un filo: è quanto promette un nuovo materiale di proprietà simile al kevlar, all’acciaio o alle fibre di carbonio, ma molto più resistente, leggero ed economico, realizzato con una metodologia nanotecnologica molecolare innovativa.

Si tratta di un procedimento applicato al polistirene, un polimero dello stirene, comunemente conosciuto come polistirolo e utilizzato ad esempio per i cucchiaini da caffè, per l’imballaggio e l’isolamento termico. Lo studio è stato appena pubblicato su Nature Chemistry.

La realizzazione di questo nuovo processo, e la sua applicazione a un materiale polimerico, è stata fatta da un team interdisciplinare dell’Università di Milano–Bicocca, coordinato dal professor Piero Sozzani, ordinario di Chimica Industriale presso il Dipartimento di Scienza dei Materiali, e dell’Università di Kyoto, coordinato dal professor Susumu Kitagawa, del Dipartimento di Synthetic Chemistry and Biological Chemistry, Graduate School of Engineering.

A oggi, il metodo comunemente utilizzato prevede di stirare le fibre del materiale polimerico per allinearle e allungarle, un po’ come se si filasse la lana: un procedimento reversibile e non sempre perfetto. Il nuovo metodo molecolare e nanotecnologico scoperto dalle due università prevede, invece, l’allineamento dei polimeri contestualmente al momento della loro creazione, in modo da rendere “strutturale” l’allineamento stesso. Le catena polimeriche sono tenute in registro da pinze molecolari, ovvero delle minuscole mollette che consentono alla struttura ordinata di rimanere stabile nel tempo.


Il materiale realizzato, ovvero polistirene atattico ottenuto sorprendentemente in forma cristallina mediante reticolazione, presenta un’elevata resistenza meccanica proprio grazie alla sua struttura: l’allineamento stabile delle catene polimeriche permette di sopportare il carico di 6-8 tonnellate per cm2, contro 1,5 tonnellate per cm2 dei compositi in fibre di carbonio. Inoltre, rispetto alle fibre di carbonio o al più comune kevlar, ha un costo inferiore di almeno dieci volte per chilogrammo.

«Al momento abbiamo certificato la possibilità di realizzare un materiale innovativo agendo direttamente sulla catena di polimeri nel momento della sua formazione, modificando e allineandone la struttura in maniera permanente, e stiamo pensando a depositare il brevetto» afferma il professor Piero Sozzani. «Con questa scoperta diventa finalmente possibile applicare un materiale più leggero, più resistente e più economico a differenti ambiti industriali: dall’automotive all’industria navale, passando per l’high tech e l’aerospaziale». Il nuovo materiale può infatti trovare impiego in tutto ciò che è “veicolo”, come la realizzazione di scafi per le navi, di carrozzerie per le automobili, di pale per gli elicotteri, oltre che nelle strutture portanti dei computer.

 

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L’opinione di due scienziati internazionali

“It is a beautiful example of precision polymer chemistry. In nature, chemistry in confined environments is very often used to regulate biomaterial synthesis, but this strategy is under-explored in manmade materials. Here, a porous coordination polymer was used to template the synthesis of a polystyrene network”

Jean-François Lutz, chimico macromolecolare alla University of Strasbourg in Francia

“The authors have gone beyond the place where many scientists, including me, wanted to go. This paper clearly demonstrates that conventional polymers still have a potential to be real structural materials which only contain organic polymers, when they are highly aligned and dense” 

Masayuki Takeuchi, chimico dei materiali presso il National Institute for Materials Science di Tsukuba, Giappone

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