Idea Plast: sostenibilità per vocazione

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È la sostenibilità il concetto che lega le cassette per ortofrutta presenti in tutti i punti vendita Esselunga, le traverse ferroviarie GreenRail e una nuova linea di compound a base di resine termoplastiche e polverino di gomma da pneumatici fuori uso (PFU). «Perché l’unica seconda vita possibile per le plastiche da post-consumo è il riciclo, una soluzione con una forte valenza economica e un ottimo potenziale tecnico, ma soprattutto un dovere sociale» sostiene il titolare, Alessandro Trentini, che abbiamo incontrato a Lainate (Milano), dove ha sede l’azienda.
Ma se il riciclo è un punto di riferimento per questa giovane realtà, è pur vero che non è facile inquadrarla utilizzando i canoni tradizionali del settore plasturgico.

Chi è Idea Plast
Fondata nel 1998 da Alessandro Trentini, Idea Plast ha sede a Lainate, alle porte di Milano, dove si trovano uffici amministrativi, progettazione e ricerca. Un atelier con laboratori e magazzini è presente a Pontedera (Pisa), accanto a Revet Recycling, per la lavorazione e stoccaggio dei profili in plastica riciclata da plasmix destinati a giochi e arredi per esterno, commercializzati con il marchio Green Projects. Di recente la società ha acquisito, sempre in provincia di Milano, uno stampatore di materie plastiche per poter fornire servizi di produzione conto terzi e sviluppare in libertà nuovi progetti di ricerca.

Siete più designer, ricercatori, riciclatori o stampatori?
Siamo nati come ufficio tecnico per le aziende di stampaggio presenti in zona, poi abbiamo intravisto la possibilità di mettere a frutto la nostra esperienza per fornire una consulenza più completa, proponendoci come interlocutore unico per lo sviluppo di un articolo in plastica, dal design allo stampo, fino alla messa a punto del processo di produzione o, se il cliente preferisce l’outsourcing, allo stampaggio conto terzi dei pezzi, nei volumi richiesti. Oggi uno dei nostri obiettivi – che perseguiamo a 360 gradi – è l’utilizzo sostenibile dei rifiuti plastici, e non solo quelli più nobili come il PET, ma anche le frazioni più difficili da recuperare. Il resto è ricerca e sperimentazione.

Un’evoluzione lineare, dunque. Come è arrivato l’interesse per la sostenibilità?
È nato quasi per caso, affrontando uno dei primi progetti. Esselunga desiderava semplicemente introdurre nuove cassette per ortofrutta, noi abbiamo sconfitto i competitor proponendo più che un nuovo design un progetto closed loop (vedi riquadro). È stato il nostro primo passo nel settore della GDO, per il quale abbiamo presto iniziato a progettare, e in parte produrre, una vasta gamma di erogatori per prodotti alimentari sfusi, vassoi ed espositori, che qualche anno dopo abbiamo presentato al mercato direttamente, con il marchio Idea Style. Lo sviluppo aziendale più recente risale a cinque anni fa, con l’ingresso nel settore giochi e arredi per esterni in materiale plastico riciclato, proposti con il marchio Green Project e certificati con il marchio PSV (Plastica Seconda Vita) di IPPR. Parallelamente, abbiamo fornito servizi di consulenza per la messa a punto di nuovi prodotti e materiali, sempre in ottica di sostenibilità, come le traversine GreenRail o il progetto TyrePlast commissionatoci dal consorzio Ecopneus.

Un’attività che richiede competenze diverse e variegate, difficili da concentrare in una sola azienda…
Tutte le competenze principali sono all’interno della nostra azienda, il cui ufficio tecnico segue in ogni sua fase tutto il progetto, ma ci avvaliamo, in particolare per la parte di analisi, di centri di ricerca e laboratori universitari, per esempio il Politecnico di Milano, la Liuc di Castellanza o il CNR. Collaboriamo anche con una rete di partner tecnici che abbiamo qualificato nel corso degli anni, per esempio nella costruzione degli stampi o nello stampaggio a iniezione. In quest’ultimo ambito, abbiamo recentemente acquisito Microplast, un’azienda specializzata nello stampaggio delle materie plastiche che dispone di una quindicina di presse di diverso tonnellaggio, al fine di garantirci la necessaria libertà progettuale, maggiore flessibilità produttiva e il controllo sulla trasformazione di materiali non sempre facili da stampare, come le plastiche eterogenee o il polverino di gomma.

Può raccontarci i dettagli del progetto sviluppato per Esselunga?
In questo progetto abbiamo messo in campo tutte le nostre competenze: design, prototipazione e fornitura delle pre-serie, progettazione e costruzione dello stampo, e stampaggio delle cassette. Ma l’idea che ci ha permesso di sbaragliare la concorrenza è aver previsto lo smaltimento delle cassette a fine vita e il loro recupero per la realizzazione delle nuove. La procedura ci ha permesso di ottenere da Conai un’esenzione dal Contributo ambientale (CAC) nell’ambito degli incentivi sulle filiere virtuose nel caso di riciclo in closed loop documentato e monitorato. Il redesign, partito da un’analisi della catena logistica – dai campi al punto vendita –, ha portato allo sviluppo di una cassetta monoscocca in polietilene alta densità idoneo al contatto alimentare, con base di 40×60 centimetri e tre diverse altezze. In un sol colpo sono state così ottimizzate raccolta, trasporto ed esposizione sui banchi dell’ortofrutta.

Una nuova visione del parco giochi
Idea Plast produce arredi per esterno e giochi per parchi pubblici utilizzando quando possibile plastica riciclata da plasmix, fornita da Revet Recycling in forma di profili semilavorati. Per ampliare la linea Green Projects, la società milanese sta studiando con POLI.design soluzioni innovative per l’evoluzione delle installazioni all’interno di parchi pubblici, con una particolare attenzione alle caratteristiche inclusive e aggregative, quali la fruizione da parte di bambini diversamente abili e over 14. A questo progetto è stato dedicato un Design Workshop che impegna due studenti dell’ateneo milanese guidati da un Mentor e da Tutor del Politecnico di Milano. «Stiamo cercando concept innovativi per il parco giochi del futuro, fuori dagli schemi consolidati» spiega Alessandro Trentini. «Presto presenteremo i risultati della ricerca, ma dalle anticipazioni sembra che i giovani designer puntino sul digitale».

Il progetto GreenRail vi ha proiettato nel campo della gomma riciclata da pneumatici fuori uso. Come è nata la collaborazione con il suo fondatore, Giovanni De Lisi?
Stavamo lavorando a un progetto analogo, una traversina ferroviaria in materiale riciclato. Ci siamo incrociati, poi incontrati e quindi abbiamo deciso di proseguire insieme allo sviluppo del prodotto. Abbiamo supportato tecnicamente Greenrail nella formulazione del materiale, un blend di plastica eterogenea da raccolta differenziata (plasmix) e polverino di gomma da PFU, e nello sviluppo della parte plastica con la definizione delle attrezzature e della tecnologia di trasformazione.

Recentemente è arrivato il progetto TyrePlast con Ecopneus, che sta attirando molta attenzione…
La visibilità ottenuta con il progetto GreenRail ci ha consentito di entrare in contatto con Ecopneus per il lancio di TyrePlast, che rappresenta una vera e propria sfida nello sviluppo di materiali riciclati. L’obiettivo, per nulla banale, è di aggiungere a matrici termoplastiche vergini o riciclate il polverino di gomma proveniente da pneumatici fuori uso, in percentuali comprese tra il 25 e il 50 per cento. Ma non vogliamo che sia solo un riempitivo inerte, l’intento è di migliorare alcune proprietà del compound – come resistenza agli urti, insonorizzazione, smorzamento di vibrazioni – e accrescerne così il valore aggiunto.
Non è stato semplice far convivere materiali termoplastici con una gomma termoindurente e ottenere una formulazione omogenea, con le diverse fasi ben disperse, trasformabile con le tradizionali presse a iniezione, ma alla fine ci siamo riusciti. Sono già stati formulati compound a base di polipropilene, poliammide e gomma termoplastica, e ora stiamo studiando soluzioni a base di PVC.

L’obiettivo è trovare una soluzione specifica per ogni rifiuto plastico, evitando inceneritori e discariche, arrivando così alla reale chiusura del cerchioAlessandro Trentini

Ora a che punto siete?
Nell’ambito dell’accordo quadro con Ecopneus, dopo aver completato con successo lo sviluppo dei compound in laboratorio, siamo passati alla fase di industrializzazione, fornendo consulenza alle aziende che intendono produrre compound o utilizzarli per realizzare componenti e prodotti finiti, per esempio sottoscocca, cover del motore o pannelli per l’isolamento acustico, specialmente se bisogna garantire, oltre all’abbattimento acustico, anche una buona resistenza all’urto. Il progetto è aperto a tutta la filiera: compounder, trasformatori e utilizzatori finali. Chiunque fosse interessato a nuovi sviluppi industriali è benvenuto.

Oltre all’aspetto ambientale un’impresa deve tenere d’occhio anche quello economico. Come li conciliate?
Oggi il riciclo si concentra quasi esclusivamente sulla frazione più nobile e facilmente valorizzabile dei rifiuti plastici, come il PET delle bottiglie. Ma se si vuole affrontare veramente la sfida ambientale posta dalle plastiche da post-consumo occorre trovare un’applicazione per ogni frazione del materiale raccolto, anche per quelli più difficili da riutilizzare come il plasmix o i residui degli impianti di selezione, che insieme possono arrivare al 40-50 per cento dei rifiuti raccolti con la differenziata, e che oggi sono destinati prevalentemente a termovalorizzazione o alla discarica. Riciclo che deve però avere una giustificazione economica e non solo ambientale: per questo occorre sperimentare nuovi materiali, con creatività, ma anche con la necessaria competenza tecnica. Forse per questo oggi siamo in grado di fornire materiali alternativi alle poliolefine vergini a un costo inferiore del 30-40 per cento.

Un esempio?
Quando cerchiamo nuovi sviluppi per i materiali difficili da riciclare come il plasmix o i PFU consideriamo entrambi gli aspetti, ma seguiamo lo stesso approccio anche nel redesign in chiave ambientale di prodotti esistenti. Per esempio, due anni fa abbiamo aiutato un produttore di tegole in plastica a migliorare la sostenibilità dei suoi prodotti, realizzati con materie plastiche vergini. Sviluppando un nuovo blend ottenuto aggiungendo il 30 per cento di plastica riciclata da post-consumo siamo riusciti a ridurre di un quarto i costi delle materie prime, e quindi i prezzi a listino, senza perdere le certificazioni sulla durata e resistenza meccanica, garantita per 15 anni. E con una riduzione significativa dell’impatto ambientale.

Ultimo sviluppo nella linea Idea Style, presentato quest’anno prima a Host e poi a Sigep, è un dispenser di marmellata destinato a ristorazione e alberghi. Il prodotto può essere dosato direttamente sul pane, senza doverlo travasare dal barattolo alle coppette, evitando così sprechi e contaminazioni

Il presente di Idea Plast punta sul riciclo. E il futuro?
Oggi stiamo collaborando con un termovalorizzatore svizzero per capire se alcune frazioni dei rifiuti plastici (PET escluso, differenziato all’origine) che giungono all’impianto possano essere separate e valorizzate per via meccanica. L’obiettivo è trasformarle in granuli plastici pronti per il reimpiego. Da questo progetto è nata una nuova idea: trovare una soluzione specifica per ogni rifiuto plastico, evitando inceneritori e discariche. E così, abbiamo cominciato a studiare un processo di pirolisi per trasformare anche le plastiche miste più refrattarie al riciclo meccanico in olio minerale e biogas. L’obiettivo, quindi, è chiaro quanto ambizioso: la reale chiusura del cerchio.


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